Cosa vuol dire una vittoria di Kamala per Israele
Ripubblichiamo un commento preveggente di David Elber
Testata: Informazione Corretta
Data: 24/08/2024
Pagina: 1
Autore: David Elber
Titolo: Cosa vuol dire una vittoria di Kamala per Israele

Cosa vuol dire una vittoria di Kamala per Israele
Commento di David Elber, pubblicato con il titolo "Il futuro di Israele o la sua scomparsa", il 26/07/2024. Lo ripubblichiamo perché adesso Kamala Harris è anche ufficialmente la candidata democratica alla Casa Bianca

Donald Trump o Kamala Harris? Dal prossimo presidente dipenderà la sopravvivenza di Israele. 

Il parere consultivo espresso dalla Corte Internazionale di Giustizia, venerdì 19 luglio scorso, è solo -per ora- l’ultimo  capitolo dell’incessante attacco portato avanti dall’ONU ai danni di Israele. Ma ancora una volta, quello che sorprende, non è tanto l’imbarazzante parere della Corte, ma la reazione di sdegno e sorpresa espressa dal governo di Israele che, ad ogni chiodo messo, da un organo dell’ONU, sulla auspicata bara di Israele, esprime stupore e rabbia ma nel concreto non fa nulla per proteggersi. Si ha la netta sensazione che i politici israeliani sottostimino la portata del lawfare intrapreso dai paesi islamici e loro alleati all’ONU. Quando un giorno dovranno affrontare le conseguenze di embarghi, sanzioni economiche e boicottaggi decisi dall’ONU, la situazione sarà così grave che rimediare sarà impossibile. In pratica quello che stupisce più di ogni altra cosa è che la classe politica israeliana sembra del tutto ignara che i paesi islamici, non potendo distruggere Israele militarmente, lo stanno facendo un poco alla volta per mezzo dell’ONU e in maniera apparentemente “democratica e legittima”. Sconcertante.

Ora qui ci occuperemo di uno “strano” legame che intercorre tra le amministrazioni democratiche USA e i passi compiuti dall’ONU contro Israele. In parole povere si dimostrerà che l’ONU sta portando avanti l’agenda politica del partito democratico americano relativo al conflitto tra Israele e gli arabi, impersonificati dai “palestinesi”. La regia di questa agenda politica ha avuto una potente accelerazione con le due amministrazioni Obama (2009-2017) e con il suo anziano clone Biden (2021-2025).

I capitoli principali di questo “strano” legame sono iniziati con Obama e proseguono oggi con Biden, con “l’inceppo” dell’amministrazione Trump. Questa agenda politica è volta a far scomparire Israele non po' alla volta e ha il nome accattivante e seducente di “due popoli per due Stati”, ma nella realtà prevede alla conclusione del suo percorso la creazione di un solo Stato per un popolo e questo non è quello ebraico. 

Obama, fin dal suo insediamento,aveva le idee molto chiare: fare pressioni politiche unicamente su Israele affinché accondiscendesse a tutte le richieste palestinesi. Però sulla sua agenda politica ha trovato un grosso ostacolo: Benjamin Netanyahu. Siccome il premier israeliano si è dimostrato fin da subito poco incline a “suicidare” il proprio paese, Obama ha attuato una duplice strategia: utilizzare l’ONU come mezzo per portare avanti la propria agenda politica e demonizzare Netanyahu fino a renderlo pari al “male assoluto” e quindi l’unico “ostacolo alla pace” a livello politico e mediatico.

Con Obama presidente abbiamo assistito a:

  • Riconoscimento dell’inesistente “Stato” di Palestina all’ONU, come Stato osservatore nel 2012.
  • Ammissione dell’inesistente “Stato” di Palestina presso il Tribunale Penale Internazionale, aprile 2015.
  • Apertura delle indagini presso il Tribunale Penale per crimini di guerra per l’operazione Margine Protettivo del 2014 e la “questione degli insediamenti”.
  • Approvazione di una Blacklist di aziende che operano in Giudea e Samaria da parte del Consiglio per i diritti umani dell’ONU (unico caso al mondo).
  • Approvazione della risoluzione 2334 nel dicembre 2016 (quando Trump aveva già vinto le elezioni presidenziali) nella quale si dichiaravano gli “insediamenti ostacolo alla pace”.

Con l’amministrazione Trump (2017-2021) questa agenda politica si è “congelata” così come si sono congelati i fondi USA all’UNRWA e ai terroristi dell’Autorità Palestinese e di conseguenza si sono “congelati” gli atti di terrorismo nei confronti degli abitanti ebrei di Israele. Infine, si è pure “congelato” il procedimento penale a carico di Israele presso il Tribunale Penale Internazionale. Tale procedimento è ripreso “magicamente” nel febbraio 2021 dopo un mese dall’insediamento dell’amministrazione Biden. Alcune settimane fa il procuratore Khan – insediato con il benestare di Biden – ha avanzato una richiesta di arresto nei confronti di Netanyahu e di Gallant.

Con Biden presidente abbiamo assistito a:

  • Rifinanziamento americano dell’Autorità Palestinese e dell’UNRWA e un conseguente drastico aumento del terrorismo antiebraico sfociato nell’eccidio del 7 ottobre 2023.
  • Creazione da parte del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, nel maggio del 2021, di una “commissione perpetua” (unico caso al mondo) per investigare i “crimini” di Israele.
  • Risoluzione dell’Assemblea Generale, il 30 dicembre 2022, con la quale si chiedeva alla Corte Internazionale di Giustizia un parere consultivo (quello fatto venerdì 19 luglio) in merito alla legalità dell’occupazione dei “territori palestinesi” da parte di Israele.
  • Accusa di genocidio a carico di Israele presso la Corte di Giustizia Internazionale, gennaio 2024, presentata dal Sud Africa e non cassata dalla Corte.
  • Riconoscimento, nel maggio 2024, dell’inesistente “Stato” di Palestina, come Stato membro dell’Assemblea Generale e non più come Stato osservatore. Questo ha portato, come conseguenza politica, al riconoscimento dell’inesistente “Stato” di Palestina da parte di Irlanda, Norvegia, Spagna e Slovenia.

Questi sono, solo, i capitoli principali del libro sulla delegittimazione di Israele che si sta scrivendo all’ONU con la compiacenza americana, ma molto altro è avvenuto e sta avvenendo.

Questa agenda politica portata avanti dai democratici americani non ha, probabilmente, nelle loro intenzioni, lo scopo di distruggere Israele ma essi, probabilmente, non si rendono conto che la cosa sta loro sfuggendo di mano ed è ampiamente utilizzata dai paesi islamici per la loro agenda politica: cancellare l’unico Stato ebraico esistente. In pratica sono diventati un strumento politico in mano alle teocrazie islamiche che vogliono perseguire la distruzione di Israele e non la “pace” nella regione, a meno che la “pace” non coincida con la distruzione dello Stato ebraico (cosa sempre più evidente).

Soluzione.

Israele è troppo piccolo e debole per vincere la guerra all’ONU. Solo gli USA possono farlo. Come?

Per prima cosa sperando che non vinca una amministrazione democratica alle prossime elezioni di novembre. Perché l’accelerazione che ha avuto, all’ONU, la guerra di delegittimazione contro Israele non ha precedenti e altri 4 anni potrebbero essere fatali ad Israele. Solo un personaggio come Trump, completamente fuori dagli schemi e imprevedibile, potrebbe portare gli Stati Uniti a sospendere tutti i finanziamenti che gli USA danno ai terroristi arabi, e alle organizzazioni internazionali, ad iniziare dall’ONU, che stanno facendo una guerra legale (lawfare) sempre più serrata ad Israele. Se questo non bastasse, gli USA dovrebbero lasciare l’ONU e chiudere il Palazzo di Vetro di New York. Lasciare che l’ONU si trasferisca altrove, magari a Ginevra, come negli anni ’20 e ’30 durante l’esistenza della Società delle Nazioni, e aspettare che imploda e si autodistrugga perché ormai capitanata da Stati canaglia sempre meno contrastati dalla UE. Infine, rifondarne una nuova attuando le riforme necessarie che impediscano agli Stati che non rispettano i basilari diritti umani di farne parte. Questa è l’unica concreta alternativa alla lenta ma inesorabile distruzione di Israele, grazie all’ONU ostaggio dei nemici di Israele.

Se a novembre dovessero vincere i democratici diventa molto più plausibile la scomparsa di Israele che la riforma dell’ONU.


David Elber

 

 

takinut3@gmail.com