Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/08/2024, pag. 15, con il titolo "Le trattative ferme, perché Netanyahu non cede ad Hamas", l'analisi di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
No, Netanyahu non ha fatto alcun passo indietro. Le voci dal sapore propagandistico - negli Usa è in corso la convention Democratica in un delirio di ottimismo mai visto – secondo cui il premier israeliano avesse accettato le proposte di Biden di cui il suo segretario di Stato si è fatto latore qualche giorno fa, sono state smentite. Secondo altre voci filtrate ieri Blinken avrebbe infatti proposto che l’Egitto faccia parte di una forza di pace internazionale con il compito di controllare il cosiddetto Corridoio Philadelphi e che Israele si ritiri del tutto o in parte dallo stesso.
Il Washington Post parlava di una telefonata dai toni perentori del presidente americano durante il quale Netanyahu avrebbe fatto alcune concessioni, ma secondo quanto confermato ieri dall’ufficio del premier si tratta di interpretazioni false: «Israele insisterà sul raggiungimento di tutti i suoi obiettivi di guerra, così come sono stati definiti dal gabinetto di sicurezza, compreso il fatto che Gaza non costituisca mai più una minaccia per la sicurezza di Israele. Ciò richiede la messa in sicurezza del confine meridionale».
E come potrebbe essere altrimenti, infatti? Istituito in base al trattato di pace tra Egitto e Israele del 1979, il Corridoio è stato progettato come un cuscinetto per prevenire il contrabbando di armi e materiali a Gaza. Dopo il disimpegno di Israele dalla Striscia nel 2005, il controllo del lato egiziano del Corridoio è stato consegnato al Cairo che ha promesso di prevenire traffici e incursioni. Nonostante queste rassicurazioni il Corridoio è diventato invece un canale vitale per Hamas, in particolare attraverso la rete di tunnel sotto il corridoio, la famosa “metropolitana di Gaza”, sono passate armi e tutto il materiale che ha permesso ad Hamas di rinforzarsi e attaccare Israele. Per non parlare degli stessi terroristi e dei loro vertici. La messa in sicurezza del Corridoio è quindi essenziale per neutralizzare le capacità di Hamas e chiedere a Israele di passare il controllo a qualcun altro sarebbe come se gli Stati Uniti nella guerra contro l’Isis e Al Qaeda si disinteressassero dei canali che forniscono loro armamenti e materiale umano. Un assurdo inaccettabile per Washington come per Gerusalemme.
Non è un caso infatti che Hamas si opponga fermamente al controllo da parte di Israele del Corridoio e chieda il suo disimpegno come condizione sine qua non per le trattative. I terroristi avrebbero dato l’ok al progetto di forza internazionale; sanno che, se si tratterà di una cosa come Unifil, avranno vita facile a rimettere le loro mani sulla Striscia. D’accordo anche l’Egitto, che ha sempre sostenuto che i tunnel erano stati distrutti prima dell’attacco del 7 ottobre.
GLI OSTAGGI NEL TUNNEL
Ma come ha sottolineato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant in vista mercoledì scorso alla zona, durante le attuali operazioni militari sono stati distrutti almeno 150 tunnel, ma ne restano ancora decine. Gallant ha parlato di un centinaio di tunnel più superficiali in cui sono stati ritrovate armi, proiettili e strumentazioni di vario genere, ma tre mesi fa l’Idf ha ritrovato una galleria più in profondità (almeno tre metri), abbastanza grande perché passassero mezzi di trasporto motorizzati. È possibile che nei tunnel rimasti siano stati nascosti anche gli ostaggi tuttora in mano ai criminali. Solo qualche chilometro più a nord, in un tunnel nella zona di Khan Younis, mercoledì scorso sono stati ritrovati i corpi di 6 ostaggi che risultavano vivi dopo l’attacco del 7 ottobre. Nei loro resti sono stati ritrovati proiettili, dal che si deduce che gli ostaggi sono stati assassinati a sangue freddo da Hamas.
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