Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - commento di Adam Gross tradotto dal Times of Israel dal titolo "Cartolina dall’apartheid israeliano".
Sabato scorso, Shabbat, ore 17.30. Un parco pubblico locale, lungo la costa settentrionale d’Israele. Clima soleggiato, 34 gradi, una fresca brezza di mare mentre si avvicina la sera. L’erba, il parco giochi, le panchine, una fila di piccoli scogli piatti, gli alberi ombrosi, il cortile in cemento della scuola adiacente, la fontanella per bere, il rifugio antiaereo e i sentieri che passano in mezzo a tutto questo. Una partita di calcio nel cortile in cemento. Adolescenti religiosi in pantaloni scuri, camicie bianche e kippah nere. Per lo più mizrachi (ebrei di origine mediorientale), altri di origine africana, altri ancora di origine europea. Quattro donne arabe che indossano l’hijab camminano nel parco, fermandosi per bere alla fontanella prima di riposare sull’erba all’ombra degli alberi. Bambini piccoli giocano sulle strutture per arrampicarsi sotto lo sguardo dei giovani uomini della vicina yeshiva hesder (studi religiosi combinati con servizio militare ndr). Due spingono delle carrozzine, due hanno armi a tracolla, uno entrambe le cose. Le loro mogli, il capo avvolto in grandi foulard, chiacchierano su alcune panchine lì vicino. Accanto a loro, due nonne dall’aspetto russo bevono il tè con una terza di origine africana che fuma una sigaretta. Una coppia di mezza età di origine europea in t-shirt, pantaloncini, sandali e occhiali da sole coordinati, porta a spasso il barboncino. Donne di origine est-asiatica, forse anche qualche europea, siedono in cerchio sull’erba, una specie di attività di meditazione e yoga. O forse pilates. Chissà. Tre donne etiopi di varie età, in tradizionali abiti bianchi e fluenti, stanno sulla panchina accanto al rifugio mentre il marito di una di loro gioca con il figlio tirando una palla da tennis sul muro del rifugio. Lungo la linea di scogli accanto al parco giochi, il locale rabbino Chabad-Lubavitch (uno dei più grandi movimenti chassidici ndr), con un lungo cappotto nero e un cappello Fedora nero, recita pesukim (versetti della Torah) a bambini per lo più europei e mizrachi, laici e tradizionalisti, poi offre loro dei dolci. Cinque adolescenti in costume da bagno passano sulla strada che sale dalla costa. Un gruppo di ragazzini, religiosi, tradizionalisti e laici, di origine mizrachi, europea e africana, sciamano intorno alle altalene in attesa del loro turno. Una donna araba in hijab ne spinge due con sopra le sue figlie. Nei pressi, due bambini poco più che neonati, un maschio e una femmina, di etnia mista, nei loro bei vestitini di Shabbat, con la madre di origine africana e il padre di origine europea che li tengono d’occhio. E accanto a loro, sulla grande altalena rotonda a forma di cesto, tre ragazzi di origine mizrachi giocano a fare la lotta, ognuno cercando di spingere giù l’altro mentre l’altalena ondeggia sempre di più. Un jet da combattimento passa rombando a bassa quota. Nessuno ci fa caso. (Da: Times of Israel, 11.8.24)
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