Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/08/2024, a pag. 13, con il titolo «Basta attacchi ai civili. Israele dica sì al cessate il fuoco, pronti a fare la nostra parte» l'intervista di Paola Di Caro al ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Due sono i fronti aperti sui quali l’Italia si muove «con un solo obiettivo». Arrivare ad un «cessate il fuoco» a Gaza anche usando i nostri soldati, a partire dai carabinieri, per una soluzione «due popoli due Stati, Israele e Palestina». E ristabilire il diritto internazionale, evitare vittime civili, impedire «una escalation che avrebbe esiti drammatici nelle aree coinvolte e, dal punto di vista dello sviluppo economico e della crescita, in tutto il mondo». Per questo Antonio Tajani, ministro degli Esteri, modera le parole ma non cessa di tenere aperto ogni canale diplomatico per risolvere la crisi mediorientale e il conflitto tra Russia e Ucraina. Con un occhio «molto attento» alla situazione in Venezuela, che vede coinvolti «nostri connazionali, con e senza doppio passaporto, oggetto di arresti e violenze da parte del governo di Maduro, che deve ancora dimostrare di aver vinto le elezioni». E con una richiesta forte su un tema in qualche modo collegato: «Tanto più in una situazione così difficile sul piano mondiale, è tempo che la Bce si trasformi, anche da un punto di vista istituzionale. Non può solo controllare l’inflazione, ma stimolare l’economia. E può farlo subito, abbassando in modo deciso i tassi di interesse».
Lei è in Svizzera per incontrare il suo omologo: con quale obiettivo?
«Voglio confrontarmi sul tema della conferenza di pace per risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina: concorderemo di rimanere in stretto contatto al fine di cooperare per creare le migliori condizioni possibili per un secondo vertice sulla pace che veda la partecipazione delle parti, inclusa la Russia, e di tutti gli attori globali interessati. E inviteremo tutti gli attori internazionali a non lesinare gli sforzi per giungere ad una piattaforma negoziale condivisa, basata sul rispetto del diritto internazionale e sui principi di integrità territoriale ed indipendenza degli Stati, sanciti nella Carta Onu, considerando anche le proposte sinora da più parti avanzate per porre termine al conflitto».
A questo proposito, come valuta l’avanzata degli ucraini e gli attacchi in territorio russo? C’è chi auspica una reazione di questo tipo e chi la teme.
«Noi siamo sempre stati chiari sul punto. Sosteniamo l’Ucraina senza se e senza ma, possiamo comprendere la loro volontà di difendersi anche contrattaccando, ma non siamo in guerra con la Russia. Le armi che abbiamo fornito non possono essere usate per attaccare la Russia sul suo territorio».
Lo state dicendo a Zelensky?
«Ne parleremo ufficialmente con il ministro ucraino Kuleba a fine mese al Consiglio per gli Affari esteri Ue, chiederemo chiarimenti e valuteremo come agire. Sicuramente non manderemo i nostri soldati a combattere e invitiamo tutti alla massima prudenza».
State facendo lo stesso con Israele, ma per ora senza troppi risultati. Dall’opposizione vi chiedono di essere più decisi, Conte ha chiesto di richiamare l’ambasciatore da Tel Aviv.
«Ancora non si è capito quale posizione abbiano le opposizioni. Ognuno dice cose diverse, ognuno si muove per conto proprio. La nostra linea è molto chiara. Chiediamo con forza ad Israele — che ha il diritto di difendersi, come abbiamo sempre detto — di interrompere attacchi che portano ad un numero altissimo di vittime civili, il che è in contrasto con il diritto internazionale. C’è un percorso in atto, ci sono mediazioni, siamo contrari ad ogni atto che alzi ulteriormente la tensione e coinvolga innocenti. È l’ora del cessate il fuoco, come ha appena detto anche Biden, non è troppo tardi».
Cosa è disponibile ancora a mettere in campo l’Italia?
«Oltre alla diplomazia, al piano Food for Gaza, con l’obiettivo dei due popoli due Stati, siamo pronti ad offrire le nostre forze, a partire dai carabinieri per cui già abbiamo avuto richieste di disponibilità, per una missione di controllo della costruzione dello Stato palestinese, guidata dai Paesi arabi. Naturalmente, in collaborazione con Israele che ha pieno diritto di esistere e con l’Anp, che è il nostro interlocutore ed è internazionalmente riconosciuto, non certo con Hamas».
Che rischi vede, anche economici, se la situazione deflagrasse?
«Enormi, e infatti siamo già impegnati anche nella missione Aspides per proteggere il commercio in Mar Rosso. L’economia è stata fortemente toccata da queste crisi, si sono alzati i prezzi delle materie prime, c’è stata forte inflazione, ma anche una crescita molto più contenuta di quanto sarebbe potuta essere. Anche per questo chiediamo alla Bce di non fare più solo da guardiano del rigore — visto che anche il Paese che su questo più aveva battuto, la Germania, ha problemi di crescita — ma di spingere l’economia, alimentarla, abbassando in maniera decisa i tassi di interesse e venendo incontro ai bisogni delle imprese».
Vi accusano di essere i guardiani degli interessi delle banche.
«Ma non è affatto così. Noi vogliamo un sistema sano. Come ha detto anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, è giusto che le banche paghino le tasse come qualsiasi impresa, ma sarebbe sbagliato ricorrere a misure vessatorie sugli extraprofitti perché a perderci sarebbero le banche di prossimità, gli istituti minori che forniscono prestiti a piccole e medie imprese. Colpendo loro si colpisce chi fa impresa, soprattutto le realtà più piccole e fragili. Fortunatamente il nostro sistema bancario è solido, quindi non creiamo allarmi ingiustificati».
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
lettere@corriere.it