Antisemitismo di sinistra e Madame Chikirou
Commento di Daniele Scalise
Ma l'antisemitismo è patrimonio della destra o della sinistra? E' di matrice cattolica o protestante? E' nutrito dall'islam o può anche essere ateo? Questa bestia nera che perseguita il popolo ebraico da almeno un paio di millenni e che trova sempre nuove forme, nuovo vigore, nuovi interpreti di chi è figlio? La domanda ce la siamo posta molte volte ma le risposte definitive non mi hanno mai convinto. La ragione è che l'antisemitismo non ha un solo padre e una sola madre mentre possiede una capacità di rinascita sorprendente quanto, soprattutto negli ultimi tempi, incalzante. Se cominciamo a contare dalla nascita del Cristo, scopriamo presto che la nuova setta - pur nata all'interno dell'ebraismo stesso - sviluppa e stabilizza un antigiudaismo che ancora sonnecchia in molte coscienze di bravi cristiani. Studiosi eccellenti ne hanno ripercorso il cammino e quindi vi risparmio riassuntini inutili di cose risapute. Sono partito da una domanda generica - a chi appartiene l'antisemitismo - dopo aver letto in questo agosto infuocato - un breve trafiletto sul Corriere della Sera che riguardava tale Sophia Chikirou che svolge un ruolo di rilievo nel contesto politico d'Oltralpe essendo non solo deputata di France insoumise - la formazione dell'estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon - ma anche braccio destro del medesimo. Quarantacinquenne, algerina di famiglia ma nata in Francia, ottimi studi con ottimi risultati (almeno in termini di attestati), Chikirou è ben conosciuta nel suo paese perché molto corteggiata dai media grazie al suo bel faccino e la vis polemica non comune. Quando una mano provvidenziale ha fatto saltare in aria Ismail Haniyeh, la signora si è sentita in obbligo di rendere omaggio su Instagram al "martire" della "resistenza". A questo punto è scoppiato quel che comunemente si definisce un vero casino. Gli alleati degli 'indomiti' di Mélenchon squittiscono indispettiti per tanta impudenza (ma dai, davvero non se l'aspettavano?) mentre l'Unione degli studenti ebrei di Francia ha denunciato la parlamentare per "apologia di terrorismo". I media che l'invitavano un giorno sì e l'altro pure, improvvisamente hanno smesso di cercarla. Consapevole di aver pestato la merda, madame Sophia ha cancellato il post su Instagram e sugli altri social e si è rifugiata in una goffa autodifesa: " “Sono accusata di aver condiviso tre immagini sul mio account Instagram privato. […] Uno riporta in cinque punti la biografia del leader di Hamas e gli altri due sono un comunicato stampa del figlio in cui denuncia l'assassinio e ricorda che per questo la resistenza del popolo palestinese non si indebolirà".
La deputata si scusa per l'equivoco, accusa i commentatori maligni e, sia pure obtorto collo, giura di non sostenere Hamas, né il suo ramo politico né il suo ramo armato "perché denuncio e condanno i suoi atti terroristici contro le popolazioni civili e in particolare quelli del 7 ottobre" (sorvolando sul fatto che i dirigenti di France Insoumise si sono sempre rifiutati di farlo). La squallida vicenda non merita ulteriori approfondimenti. In questi ultimi decenni troppe volte abbiamo sentito personaggi della politica (ma anche della cultura e della cosiddetta società civile e religiosa) avventurarsi senza pudore nelle lande dell'antisemitismo per poi, di fronte alle reazioni arrabbiate, fare una rapida retromarcia.
Racconto questo triste fattarello solo per due motivi: il primo è per ricordare soprattutto a me stesso che l'antisemitismo conosce innumerevoli varianti e in politica è spesso condiviso tanto a destra che a sinistra e a volte, ebbene sì, anche al centro. Le mani pronte a coglierne e distribuirne i frutti appartengono a soggetti spesso lontani tra di loro: un papa, un fascistone nostalgico, un comunista spietato, un 'laico' spregiudicato (nel senso peggiore del termine e cioè non senza pregiudizi ma, al contrario, senza scrupoli), un intellettuale gaglioffo, uno studentello drogato di ideologismi ecc. ecc. E gli uni, accusati di essere dei veri e propri antisemiti, si giustificano puntando il dito in direzione degli avversari politici o religiosi: io antisemita? Ma che dite? Sono i miei nemici ad esserlo, e molto più di me. E' questo il ritornello che si sente ripetere spesso quasi che le proprie colpe dell'uno giustifichino quelle dell'altro invece che renderle ancora più sordide e gravi. Riciclando la battuta sui cretini la cui madre è sempre gravida, si potrebbe dire lo stesso degli antisemiti.
C'è però un'altra osservazione incoraggiante in tempi in cui il racconto antisemita ha rotto ogni argine verbale e fattuale: una reazione veloce, decisa, compatta e non genericamente querula e sconsolata riesce a produrre effetti incoraggianti: ritrattazioni, condanne giudiziarie, sputtanamento pubblico. Non dovremmo mai dimenticarlo.
Daniele Scalise