Chi era Haniyeh,il terrorista che viveva da sultano
Analisi di David Zebuloni
Testata: Libero
Data: 01/08/2024
Pagina: 1/7
Autore: David Zebuloni
Titolo: Da Gaza all'esilio dorato, la vita da nababbo dell'ex capo di Hamas

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/08/2024, a pag.1/7 con il titolo "Da Gaza all'esilio dorato, la vita da nababbo dell'ex capo di Hamas" il commento di David Zebuloni.

Inseguire il sogno di Israele, tra realtà e illusioni | Kolòt-Voci
David Zebuloni

Ismail Haniyeh nel suo esilio dorato in Qatar. Il capo dei terroristi di Hamas, lontano da Gaza, ha sempre fatto una vita da nababbo, ordinando il lavoro sporco ai suoi uomini a Gaza e usando la popolazione palestinese come carne da macello.

La notizia dell’uccisione di Ismail Haniyeh ha sorpreso il mondo intero e sconvolto il mondo arabo più di quanto abbia fatto qualunque altra operazione militare israeliana dall’inizio della guerra ad oggi. Un’operazione mirata, chirurgica, inaspettata, audace, che ricorda le migliori imprese del Mossad ai suoi tempi d’oro.
I sostenitori dell’organizzazione terrorista ancora non se ne capacitano. Si domandano come sia stato possibile. Ismail? Il nostro Ismail? Il leader dalla barba maniacalmente curata e l’abito elegante? Il George Clooney del mondo palestinese? Il terrorista dalle mani troppo curate per sporcarsele di sangue? Colui che la guerra l’ha sempre fatta fare agli altri per conto suo?
Ismail sorriso Durban’s? Proprio lui, in persona. L’eliminazione è avvenuta a Teheran, motivo in più di tanto clamore.
(Israele colpisce in Iran? Sissignori).
Haniyeh si trovava lì per il giuramento del neo presidente eletto iraniano Massoud Pezeshkian. Quello che i media internazionali definivano «moderato» con tono estasiato, ricordate? Peccato che durante la sua cerimonia d’insediamento, l’intero parlamento iraniano (con Isma’il ospite d’onore seduto in prima fila) si sia alzato e abbia sbraitato all’unisono «Morte all’America! morte a Israele!» Ecco, come dire? Sì, ma anche no.
L’unico ad essere morto quella notte è stato lo stesso Haniyeh. Boom, kaputt.
Ma facciamo ordine: chi era il leader politico di Hamas? Come si è aggiudicato il titolo più ambito dai terroristi palestinesi? Perché ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a fare il nababbo negli hotel di lusso in Qatar?

LEADER SANGUINARIO

Dunque, il piccolo e allora innocente Ismail nasce nel 1963, nel campo profughi Al-Shati di Gaza durante l’occupazione egiziana della Striscia. In un periodo decisamente meno innocente della sua vita, quindi negli anni Ottanta, Haniyeh diventa braccio destro del fondatore di Hamas, Ahmed Yassin, fino a presiedere il suo ufficio alla fine degli anni Novanta.
Il suo status di leader sanguinario, tuttavia, si rafforza durante la seconda Intifada, ovvero negli anni della rivolta palestinese e dei ripetuti attacchi terroristici nel territorio israeliano. Nel 2006, ormai numero uno nella lista di Hamas, Isma’il Haniyeh vince le elezioni palestinesi contendendosi inizialmente e cedendo infine il titolo al presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmud Abbas, favorendo così la nascita di un governo di unità nazionale. Il resto è storia: le tensioni tra le due fazioni del governo palestinese hanno portato Gaza a una situazione di guerra civile, culminata con la presa della striscia da parte di Hamas.
Un piccolo salto temporale e siamo nel 2017. Yahya Sinwar, un terrorista con le mani letteralmente e non allegoricamente sporche di sangue, prende il posto di Haniyeh dopo un lungo periodo di conflitto tra i due (c’è chi dice, durato fino ad oggi) e come premio di consolazione Haniyeh viene eletto presidente dell’ufficio politico di Hamas. In pratica: Yahya si afferma come vero leader di Hamas all’interno della striscia, mentre Isma’il diventa una sorta di presidente onorario di Hamas che gira per il mondo e stringe le mani a Hassan Nasrallah, Ali Khamenei, Recep Tayyip Erdogan e compagnia bella. Mantiene dunque il titolo di capo politico, guai a toccarglielo, ma di fatto nel 2019 lascia Gaza e fugge in Qatar, dove ottiene asilo politico. Lì ha inizio il periodo più bello e più glorioso della sua vita.
Sicuramente, il più lussuoso. Il finto martire si trasferisce a Doha e si lascia alle spalle la causa palestinese. Ne parla sempre, ovunque, si dice ambasciatore del suo popolo nel mondo, simula di battersi per lui giorno e notte, ma di fatto non fa altro che godersi il nuovo status di vip nei più ricchi Paesi arabi del mondo. Nonostante il suo popolo viva nella miseria, il capitale di Haniyeh è stimato due miliardi e mezzo di dollari. Non male per un umile martire il nome di Allah. I suoi tredici figli, quelli ancora in vita perlomeno, vivono da veri principi. Più e più volte, infatti, sono stati immortalati mentre alloggiavano negli hotel più cari di Istanbul e di Doha. In particolare suo figlio Maaz Haniyeh è noto per la sua passione per il lusso e per i gioielli. Non a caso il giornale saudita Elaph gli ha dedicato una lunga inchiesta dal titolo: «Maaz - una vita di sfarzo, alcol e donne».

L’ODIO PER GLI EBREI

Così, nel tempo, Isma’il ha perso consenso a Gaza. Da essere amato e osannato, diventa una figura ostile. Mentre il folle sadico sanguinolento Sinwar continua ad affermarsi come leader del popolo, Haniyeh continua ad affermarsi come leader mondiale. Stringe quante più mani in quanti più paesi. Partecipa agli eventi importanti, con le persone importanti, nelle sale importanti. Non si perde uno scatto fotografico, sempre avvinghiato al presidente del regime iraniano di turno.
Dov’era lui il 7 ottobre? A casa sua, a Doha. Un filmato diventato virale lo mostra infatti nella sua sontuosa abitazione, mentre indica lo schermo di un televisore che trasmette la strage nei Kibbutzim e ride euforico. Poi si mette in ginocchio e ringrazia Allah per il miracolo. La gioia di vedere gli ebrei trucidati, ha del tutto oscurato il suo dispiacere per la guerra che ne è conseguita. «Siamo pronti ad affrontare i costi della causa palestinese. Il martirio è per il bene della Palestina e per il bene di Dio», ha dichiarato Ismail-mani-curate comodo comodo da casa non molto tempo prima di saltare in aria e diventare lui stesso un martire.
Chi prenderà il suo posto alla guida esterna dell’organizzazione terroristica?
La questione sembra non interessare troppo la leadership di Hamas. Il ruolo di Haniyeh non è mai stato molto ambito dai suoi amici terroristi, forse più ideologici di lui è meno attratti dal mondo diplomatico, se tale può essere definito il suo mondo. È possibile che Sinwar, che non ha mai negato il suo disprezzo per il neo martire e per il suo ruolo fazioso, decida di non nominare nessuno al suo posto.
Se invece dovesse cambiare idea, si vocifera che Khaled Mashal e Abu Marzuq siano i favoriti alla carica. Morto un terrorista, se ne fa un altro.

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