Israele uccide il capo dei tagliagole di Hamas
Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero
Data: 01/08/2024
Pagina: 1/14
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: Cinque ragioni perché Israele ha fatto bene a chiudere i conti con l'Hitler di Hamas

Riprendiamo da LIBERO di oggi 01/08/2024, a pag. 1/14, con il titolo "Cinque ragioni perché Israele ha fatto bene a chiudere i conti con l'Hitler di Hamas", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Integralisti islamici in lutto per la morte di Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas. E la sinistra occidentale è preoccupata. Ci sono almeno cinque buone ragioni per dire che Israele ha fatto bene a ucciderlo: ha ottenuto una vittoria strategica, ha lanciato un messaggio potente all'Iran, ha ripristinato il deterrente, ha contenuto l'escalation e ha freddato un criminale conclamato.

È certamente comprensibile un umanissimo sentimento di preoccupazione per quanto accade in Medio Oriente. Solo gli stolti, solo gli irresponsabili possono affrontare a cuor leggero il contesto delicatissimo in cui si è andata a collocare, all’alba italiana di ieri, la notizia dell’operazione mirata con cui Israele ha eliminato a Teheran uno dei supercapi di Hamas, Ismail Haniyeh, uno dei leader tra i più vili e tra i più violenti allo stesso tempo, dedito al lusso per sé e al sangue per gli altri, amici o avversari che fossero.
Tuttavia, in queste occasioni, occorre saper dire qualche verità difficile e impopolare: e allora la nostra tesi è che Gerusalemme abbia fatto benissimo a colpire e a colpire così, per almeno cinque fondamentali ragioni.
La prima. Vincere vuol dire vincere, non solo pareggiare o limitare i danni.
Gerusalemme intende sottrarre ad Hamas il controllo di Gaza, e contemporaneamente punta ad eliminare i capi dell’organizzazione terroristica, gli uomini che hanno voluto il pogrom del 7 ottobre e che sarebbero pronti a ordinare altre imprese del genere. È la stessa logica per la quale, negli anni Quaranta del secolo scorso, gli Alleati puntarono alla sconfitta totale di Hitler, non al suo “contenimento”.

MESSAGGIO A TEHERAN

La seconda. È stato un messaggio potentissimo che l’esecuzione sia avvenuta a Teheran, cioè a casa di quel regime iraniano che usa Hamas, Hezbollah e Jihad islamica come suoi tentacoli, come diramazioni territoriali di un unico disegno del terrore. Un disegno che prevede per gli infedeli (ebrei e cristiani) solo sangue e sottomissione: là, puntando a cancellare lo stato di Israele; qua, portando il terrorismo anche nelle nostre città.
La terza. È fondamentale lo strumento della deterrenza forte. Occorre che il nemico sappia che le forze della libertà sono nettamente più potenti, più attrezzate, meglio organizzate, in grado di colpire in modo chirurgico, come Israele fa da decenni, senza mai “dimenticare” chiunque abbia fatto scorrere il sangue delle donne e degli uomini ebrei. Pensate – in questo momento – al terrore che staranno provando il capo superstite di Hamas, il feroce Sinwar, e lo stesso Khamenei, la spietata guida suprema della teocrazia islamista di Teheran. Verranno da quelle parti minacce (sono già giunte ieri) o forse tentativi di vendetta, che ovviamente non vanno sottovalutati. Ma non illudiamoci: quelle belve comprendono solo il linguaggio della forza, e in particolare di una forza superiore rispetto alla loro.
La quarta. È francamente poco sensato temere – parola magica che ormai è impossibile non trovare in articoli e comunicati – una “escalation”. L’escalation c’è già stata: il 7 ottobre, con i bimbi israeliani fatti a pezzi nelle loro culle, con le donne stuprate e poi uccise, con centinaia di rapiti trattati per mesi in modo disumano. E l’escalation si è ripetuta pochi giorni fa con l’azione criminale di Hezbollah che ha freddato dodici bimbi su un campo di calcio. Di grazia, di quale escalation ulteriore parliamo se fingiamo di non comprendere il livello di orrore che già è stato messo in campo? Come si fa a non vedere che la guerra c’è già, non proclamata da noi, ma pienamente in corso contro di noi?

COSA DICE LA SINISTRA?

La quinta. È molto importante disvelare l’ipocrisia di quanti, nelle sinistre occidentali, hanno balbettato per mesi di essere al fianco dei cittadini palestinesi, ma – dicevano – non certo di Hamas. Ecco, ieri mattina le forze israeliane non hanno colpito i civili palestinesi, ma hanno freddato un criminale conclamato, un uomo con la mani sporche di sangue. Perché – non solo in Italia – la sinistra ha avuto tanta difficoltà nel riconoscere che, con una belva di meno in circolazione, da ventiquattr’ore il mondo è un posto minimamente più sicuro? Perché tanta timidezza nel descrivere Haniye per quello che era, cioè un terrorista spregevole e sanguinario? Siamo arrivati al punto, amici lettori. Non è forse semplice né popolare dirlo, ma Israele combatte per tutti noi. Si fa carico delle ragioni stesse della difesa dell’Occidente, della democrazia, della libertà, della necessaria sconfitta di chi crede nel terrore e nell’oppressione altrui. Non c’è alternativa: a meno di aver già accettato l’idea di una – più o meno silenziosa ma certamente ignominiosa – resa agli islamisti.

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