Chef Rubio deve cancellare tutti i post antisemiti
Commento di Francesco Storace
Testata: Libero
Data: 31/07/2024
Pagina: 6
Autore: Francesco Storace
Titolo: Chef Rubio deve cancellare tutti i post antisemiti

Riprendiamo da LIBERO di oggi 31/07/2024, a pag. 6, con il titolo "Chef Rubio deve cancellare tutti i post antisemiti", il commento di Francesco Storace.


Francesco Storace

Odiare costa: Chef Rubio, sempre in prima fila quando si tratta di insultare Israele e gli ebrei, ora deve pagare 5000 euro, la rimozione dei suoi post antisemiti, più 500 euro al giorno per ogni post che si rifiutasse di rimuovere. E' stato condannato finalmente per diffamazione e istigazione all'odio contro la comunità ebraica.

Odiare costa. E odiare diffamando ancora di più. Chef Rubio, cuoco dedito all’istigazione continua contro gli ebrei, stavolta deve pagare.
Cinquemila euro, nemmeno troppo, più altri 500 al giorno per ogni post che dovesse non rimuovere nonostante l’ordine del giudice e con tanto di diffida a continuare a scriverne con lo stesso livore. Il tribunale civile di Roma ha accolto la richiesta dell’Unione delle comunità ebraiche contro Rubio e il suo minaccioso atteggiamento antisemita.
L’ordinanza è di ieri ed è perentoria: rimuovere e non pubblicare più messaggi diffamatori sui social. Si tratta di «dichiarazioni idonee a diffondere il pregiudizio antisemita, che ledono nel loro complesso la dignità e la reputazione della comunità ebraica e come tali sono diffamatorie», risolvendosi in «incitamento all’odio (hate speech), in quanto «diretti intenzionalmente a spingere all’intolleranza verso singoli, persone e gruppi offendendone la dignità, tanto da costituire un pericolo per la loro sicurezza».
A maggio scorso, Gabriele Rubini – il vero nome di Chef Rubio – denunciò sui social una violenta aggressione subita sotto casa, imputandola proprio alle comunità ebraiche, scrivendo di «gruppi terroristici legati alla colonia sionista». Peggio che su X il suo “racconto” su Telegram: «Sei ebrei sionisti», che però nessuno ha mai identificato, «hanno tagliato i cavi del cancello di casa di mia madre, hanno aspettato che tornassi da Cassino e poi mi hanno preso a sassate, pugni e martellate».
Detto ciò – continuava più avanti – «questo agguato di mafiosi squadristi sionisti lo imputo alle comunità ebraiche». Respingendo persino ogni solidarietà dai «compagni che fino a ieri hanno preso le distanze da me». Chi oserà – il messaggio finale – «riceverà uno sputo intriso di sangue in faccia».
Bel tipo, indubbiamente.
Ovvia e sacrosanta la reazione legale delle comunità ebraiche, chiamate in causa senza alcun motivo. Gli avvocati Iuri Maria Prado, Daniel Hazan e Barbara Zamboni hanno messo nero su bianco le pesantissime offese di Chef Rubio, che le ha buscate dal tribunale.
Che, nella sostanza, ha detto con chiarezza che Rubini non può mischiare l’aggressione su cui ancora si indaga, con una comunità intera.
Mala cosa incredibile è l’insistenza del soggetto condannato in sede civile (mentre le cause per diffamazione devono ancora essere celebrate in sede penale). Perché ancora ieri ha ripetuto la sua “legge” proprio su X in risposta a chi gli sventolava via social la sentenza appena resa nota.
Chef Rubio si è beccato giudizi durissimi: «Finalmente! Il profilo di quel soggetto è una discarica dell’odio, raccapricciante e preoccupante!».
Perdendo anche in modo clamoroso il tentativo di attaccare un altro legale, l’avvocato Francesco Catania, che aveva dato la notizia dell’ordinanza del giudice. Il commento di Rubio, molto significativo: «Sempre ai soldi pensate voi eh?». E la risposta dell’avvocato Catania non gliel’ha mandata a dire: «...disse Chef Rubio dopo aver rimosso i contenuti diffamatori per non incorrere nella sanzione di € 500,00 al giorno a post! ;-)». Chiagne e fotte, direbbe chi se ne intende.
In realtà, si tratta di un personaggio che ormai vive solo per provocare caos, seminare odio, gettare fango su chi individua come nemici. Alla lunga, tutto questo trova sanzione nella legge, che persegue chi si comporta come lui.
L’odio non può essere consentito e alla fine si va a sbattere in tribunale.
Del resto, l’ordinanza della giudice Di Tullio parla chiaro proprio sui post pubblicati, che «rivelano oggettivamente l’incitamento all’odio, in quanto diretti intenzionalmente a spingere all’intolleranza verso singoli, persone e gruppi offendendone la dignità, tanto da costituire un pericolo per la loro sicurezza: la libertà di manifestazione del pensiero non può includere discorsi ostili e discriminatori, dai toni ingiustificatamente denigratori e aggressivi, dolosamente preordinati a innescare un’onda d’odio».
Se poi ti scateni proprio su social con tutto il loro seguito, è ovvio che provochi un pericolo per chi è indicato come il nemico. Di qui la punizione.
Sacrosanta.

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