Riprendiamo da LIBERO di oggi, 31/07/2024, a pag. 13, con il titolo "Raid di Israele su Beirut: caccia al numero 2 di Hezbollah", l'analisi di Amedeo Ardenza.
Un forte boato al quale è seguito un pennacchio di fumo. Attimi di terrore a Beirut colpita martedì poneriggo nei suoi sobborghi meridionali.
Nell’attacco, attribuito alla Iaf, la Israeli Air Force, e che ha provocato il crollo di un edificio in località Haret Hreik, sarebbero rimaste uccise due persone, ha scritto il giornale saudita Al-Hadath. Si tratterebbe di un’azione israeliana su una delle roccaforti di Hezbollah in Libano decisa come reazione a nove mesi di attacchi quotidiani da parte di Hezbollah dal sud del Libano sul nord d’Israele. Attacchi portati a segno con droni, missili ma anche con colpi di mortaio dove la distanza lo permette e culminati sabato scorso nella strage di Majdal Shams: qua, nella cittadina drusa del Golan israeliano, un missile esploso dalla milizia sciita ha colpito gli spalti del locale campo di calcio uccidendo dodici bambini che assistevano a una partita.
LA TAGLIA
L’azione israeliana sulla capitale del Libano aveva per obiettivo il capo del comando operativo di Hezbollah Muhsin Shukr, anche conosciuto come Fuad Shukr. Su di lui, scrive Ynet, pendeva una taglia statunitense da 5 milioni di dollari per il suo ruolo di stretto consigliere del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Secondo la stampa araba internazionale, a Beirut, dove la popolazione temeva un attacco israeliano, si sono formate grandi incolonnamenti di auto subito dopo l’azione della Iaf.
Martedì sera la sorte del comandante della milizia sciita era ancora incerta. Il bombardamento su Haret Hreik è l’ultimo di una serie di scontri violenti fra le parti: sempre ieri Hezbollah ha esploso una serie di missili sul nord d’Israele; le ogive, riferisce la stampa israeliana, sono state quasi tutte intercettate dal sistema antimissile Iron Dome. Un missile tuttavia è andato a segno ferendo a morte un israeliano di 30 anni nel kibbutz HaGoshrim, in Alta Galilea, pochi chilometri a ovest in linea d’aria di Majdal Shams.
Nelle ore prima di attaccare Beirut, la Iaf ha colpito almeno dieci diversi obiettivi nel sud del Libano, a inclusione della località da dove è partito il missile che ha ucciso il 30enne.
Sulla piattaforma X il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, ha commentato le immagini di Beirut scrivendo che «Hezbollah ha superato una linea rossa». Il governo non ha tuttavia svelato i propri piani per i giorni a venire anche se i media israeliani hanno riportato le parole di un alto ufficiale dell’apparato di sicurezza secondo cui non ci saranno altri attacchi se nel frattempo Hezbollah manterrà la calma. L’esecutivo di Benjamin Netanyahu, in altre parole, non appare intenzionato a entrare in un conflitto aperto contro la milizia sciita libanese sostenuta dall’Iran.
La posizione attendista di Gerusalemme delude così le decine di migliaia di sfollati del nord che non hanno intenzione di tornare alle proprie case e kibbutz in assenza di garanzie sulla propria sicurezza.
La relativa moderatezza di Netanyahu è invece apprezzata dalle cancellerie europee, Italia in primis. Per il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, Israele ha diritto a difendersi ma deve impedire un’escalation. Parlando al Tg1 il capo della diplomazia italiana ha ricordato che l’Italia è pronta «a proteggere e tutelare i nostri connazionali in tutti i modi possibili». Con 1.256 uomini dispiegati nel sud del Libano, l’Italia è il primo paese per contributo in effettivi alla missione Unifil 2, chiamata dall’Onu a far rispettare la pace nella regione dopo la guerra Israele-Hezbollah del 2006.
LO SGOMBERO
La missione è stata istituita con la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: secondo lo stesso testo, Hezbollah dovrebbe evacuare le zone a ridosso del confine con Israele ritirandosi a nord del fiume Litani che sfocia nel Mediterraneo nei pressi di Tiro. Da anni la milizia sciita rifiuta di rispettare il dettato della risoluzione.
Martedì Unifil ha reso noto di essere in contatto con Israele e con il Libano allo scopo di evitare lo scoppio della guerra.
Una «guerra totale» tra Israele e Hezbollah «non è inevitabile», anzi «è ancora evitabile», ha dichiarato dall’altra parte dell’oceano la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Diversa la posizione di Mosca: per il ministero degli Esteri russo l’attacco israeliano su Beirut rappresenta «una grave violazione del diritto internazionale».
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