I russi e la nostra distrazione
Analisi di Paola Peduzzi
Testata: Il Foglio
Data: 30/07/2024
Pagina: 1/4
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: I figli della guerra

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 30/07/2024, a pag. 1/4, l'analisi di Paola Peduzzi dal titolo "I figli della guerra".

Risultati immagini per paola peduzzi
Paola Peduzzi

Il presidente ucraino Zelensy in visita all'ospedale pediatrico Okhmatdyt, bombardato dai russi. Immagini che ci riportano all'attenzione il destino dei bambini ucraini che rischiano la vita tutti i giorni sotto i bombardamenti, o rischiano di essere rapiti dagli invasori, per essere "rieducati" in Russia, come è successo decine di migliaia di volte.

Volodymyr e Olena Zelensky, il presidente e la first lady dell’Ucraina, sono andati nel fine settimana a trovare i bambini ricoverati nell’ospedale oncologico Okhmatdyt di Kyiv, colpito venti giorni fa, l’8 luglio, dai missili russi. Parlano con i bambini, li abbracciano, uno di loro, senza capelli per la chemioterapia, appoggia la fronte su quella del presidente, che si volta per dire una cosa agli altri, e il bambino gli prende la faccia con le mani, di nuovo fronte contro fronte, si guardano negli occhi, sanciscono un patto di lotta e resistenza. Queste immagini riportano l’attenzione – così sfuggente – sul costo umano dell’aggressione russa, sugli attacchi indiscriminati in tutto il paese, sulla quotidianità di una guerra che dura da 888 giorni e che, nel dibattito occidentale, è diventata soltanto un affare di chilometri conquistati o perduti, di compromessi da accettare, di attese infinite di armi utili per la difesa e di cambi di leadership (o anche di enfasi dei leader in carica). Al centro del racconto del conflitto ci siamo soltanto noi: i nostri soldi (l’Amministrazione Biden ha annunciato l’invio di 1,7 miliardi di dollari in aiuti militari), i nostri tentennamenti, i nostri armamenti, la nostra oscena “fatica” che è diventata ormai un misto di distrazione, indifferenza e assuefazione – noi che non rischiamo la vita, possiamo soltanto salvare quelle degli ucraini.

Centinaia di bambini ucraini deportati dai territori sotto l’occupazione russa stanno passando l’estate nei campi “militari patriottici” organizzati dal Cremlino, dove imparano come si usano i fucili e i droni. Il canale russo Otr – ha raccontato Marc Bennetts sul Times di Londra – ha fatto un reportage da uno di questi centri di addestramento, nella regione di Volgograd, nel sud della Russia, per ragazzi dai 14 ai 17 anni (sono 330) provenienti dall’est e dal sud dell’Ucraina: l’obiettivo del gruppo che organizza questo campo, Voin, è quello di produrre “una nuova generazione di patrioti che amano la loro madrepatria”, una rieducazione militare per fornire altri soldati. 

Su un canale telegram legato al leader ceceno Ramzan Kadyrov, è stato pubblicato un video su un campo militare per bambini nella regione occupata di Luhansk, gestito dai ceceni, che insegnano ai bambini ucraini a usare le armi, a curare i feriti, a gridare slogan di battaglia ceceni (anche “Allah akbar”): servono per governare l’occupazione, ucraini contro altri ucraini. Dmytro Lubinets, parlamentare ucraino che guida la commissione per i Diritti umani, ha detto: “Il Cremlino sta formando con la forza una generazione di ragazzi ucraini ai quali vengono insegnati odio e violenza contro tutto ciò che è ucraino”.

Sempre la solita storia? Sì, ci sono almeno 19 mila bambini ucraini deportati dai russi, ne sono tornati meno di 400, è una storia già vista, come i missili sugli obiettivi civili, come le fosse comuni, come le camere di tortura e come tutti gli orrori che Vladimir Putin ha deciso di imporre all’Ucraina. I putiniani, anche da noi, dicono agli ucraini: se volete che questo smetta, arrendetevi, sanno che il presidente russo non si fermerà, così come sanno che la resa non farà finire il terrore. Ma il tempo che passa non si misura soltanto in termini di disunità occidentale, di ritardi, di distrazione: come ricordano i diplomatici indefessi a favore dell’Ucraina (soprattutto del nord e di parte dell’est Europa), è di nuovo l’impunità il problema più grande.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it