Riprendiamo da LIBERO di oggi 30/07/2024, a pag. 1/15, con il titolo "Gli italiani e la politica: estate del nostro scontento", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Fossimo nei panni anche solo dell’ultimo dei consiglieri di uno qualsiasi tra i leader politici di maggioranza e di opposizione, suggeriremmo ai rispettivi capi di stamparsi e leggersi bene – prima, durante e dopo le vacanze – la pagina 19 di ieri della Stampa di Torino, dove è stata relegata, pur richiamata in prima pagina, un’importantissima analisi di Alessandra Ghisleri: ben più di una rilevazione demoscopica, in questo caso, ma una vera e propria sonda calata nelle viscere del paese.
Il consenso per i partiti? I dati risultano sostanzialmente stabili rispetto alle Europee: giusto qualche decimale al rialzo o al ribasso, quindi variazioni impercettibili, con una maggioranza di centrodestra che resta decisamente salda.
E però, astraendo dalle intenzioni di voto, quel che emerge è un’estate di spaesamento e scontentezza. Domanda chiave della ricerca: «Rispetto ai prossimi mesi, pensando alla situazione economica della sua famiglia, lei si sente ottimista o pessimista?». Risposte: gli ottimisti sono solo il 35.4%, i pessimisti ben il 46.1%, chi non sa o non risponde il 18.5%. Fisiologicamente, un maggiore ottimismo c’è tra gli elettori dei partiti di maggioranza, che ovviamente tendono a confidare di più nell’azione del governo: si dichiarano ottimisti il 63.7% degli elettori di Fdi, il 47.1% di quelli di Fi, il 44.6% di quelli della Lega. Il dato crolla se si interpellano i sostenitori del Pd (26.6%), del M5S (17%), di Avs (22%).
DELUSI E SPAVENTATI
Ma attenzione: al di là delle lenti di simpatia o di antipatia con cui ognuno guarda il governo, Ghisleri percepisce un disincanto generale che riguarda tutta la politica.
La sondaggista descrive un’Italia «spaventata, delusa, sempre più lontana dalla politica», un’Italia preoccupata dall’inflazione e dal calo del proprio potere d’acquisto. Ghisleri mette nero su bianco espressioni severe: una «sensazione di forte disagio e di sconforto che opprime la popolazione» e uno «scollamento tra i cittadini e le istituzioni politiche».
Nulla di nuovo, si dirà: vero. Come è vero che in tutto l’Occidente cresce inevitabilmente il divario tra le attese (sempre elevatissime) che accompagnano ogni campagna elettorale e le effettive possibilità d’azione (per forza di cose più limitate) dei governi, tra margini economici angusti, vincoli internazionali, emergenze costanti.
Quei geni di Bruxelles, poi, in vista del prossimo autunno, hanno pensato bene di peggiorare le cose con il ritorno del Patto di stabilità, confermandosi architetti del declino.
Ma non perdiamo il filo e torniamo alla Ghisleri che, in questo contesto depresso (fotografato da un’astensione vicina al 50%), intravvede due reazioni di segno opposto: «Un cittadino su quattro si dichiara rassegnato rispetto alla politica, mentre uno su cinque ha un forte desiderio di cambiamento e rinnovamento». E ancora: «In questa breve panoramica delle emozioni, la fiducia, l’ottimismo e la soddisfazione occupano gli ultimi posti della scala di valore».
SCARSO ENTUSIASMO
A occhio e croce, non occorre un genio per trarre qualche conseguenza politica da questa preziosa analisi. Gli elettori italiani sono più saggi (e decisamente meno nevrastenici) di come qualcuno vorrebbe descriverli. Ne è prova proprio lo scarso entusiasmo generale delle persone comuni per le risse fiammeggianti (ma spesso abbastanza povere di contenuti) della quotidianità politica. Anzi, mettiamola così: è sempre più frequente che, quando gli attori della bolla politico-mediatica sono “caldi”, gli elettori siano “freddi” e viceversa.
Infatti, molti politici e “analisti” sono tuttora misteriosamente convinti che la loro eccitazione (tutta interna alla bolla, alla “bubble”) per una scadenza elettorale o per un dibattito interno al palazzo o per una rissa identitaria sia necessariamente condivisa dal grosso degli elettori. Spiace procurare a qualcuno un lutto psicologico: ma non è affatto così.
A scaldarsi, al massimo, sono le curve elettorali più politicizzate e già schierate, che effettivamente sentono subito il clima da derby.
Ma, per restare alla metafora dello stadio, le tribune sono piene solo in parte, e soprattutto l’arena non è un catino ribollente, ma uno spazio sempre più ristretto e in qualche caso perfino laterale, rispetto a preoccupazioni dei cittadini che stanno altrove, talora non solo non affrontate ma nemmeno intercettate dai radar della grande informazione.
SERVONO I FATTI
Occorrerebbe dunque uno sguardo più ampio e più lungo, per non essere presi di sorpresa da ciò che invece si potrebbe già agevolmente scorgere. Basterebbe un poco di attenzione, in fondo, alle realizzazioni concrete. Il governo è chiamato (su tasse, potere d’acquisto, sicurezza, immigrazione, giustizia) a mostrare che, sia pure un poco alla volta, le cose stanno cambiando, e che il centrodestra non intende limitarsi a una ordinata ma tutto sommato rinunciataria gestione dell’esistente. E la sinistra – i cui elettori sono ancora più sconfortati e depressi degli altri – sarebbe chiamata a dare una dimensione costruttiva alla sua proposta di alternativa, che per ora si limita a una confusa ammucchiata senza progetto (se non quello di dare dei “fascisti” agli avversari).
C’è materia per una riflessione profonda e non scontata da parte dei nostri leader. Speriamo ne trovino il tempo: anche quello interiore.
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