Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/07/2024, a pag. 14, con il titolo "Summit fra Cia, Mossad, Qatar, Egitto. Roma la preferita fra le capitali europee", l'analisi di Amedeo Ardenza.
Dopo un lungo ping pong fra i grattacieli di Doha e le piramidi appena fuori dal Cairo il treno della pace in Medio Oriente passa dal Colosseo. A Roma è in programma oggi un incontro fra i leader delle intelligence israeliana (David Barnea per il Mossad) statunitense (William Burnes per la Cia) ed egiziana (il generale Abbas Kamal per l’Egid). Assieme a loro siederà anche un politico, il primo ministro qatariota Mohammed al-Thani. L’obiettivo di questo formato non è nuovo: far avanzare il dialogo fra Israele e Hamas in una fase in cui il gruppo terroristico palestinese rifiuta di liberare i civili rapiti nel sud dello stato ebraico lo scorso 7 ottobre se Israele non proclamerà la fine delle ostilità. Quello che è nuovo è invece il luogo della riunione: i negoziatori avevano bisogno di cambiare aria, allontanandosi, senza esagerare, dal Medio Oriente. Se l’Europa è il candidato naturale per una riunione strategica “fuori porta” perchè scegliere Roma? Perché fra i grandi paesi europei l’Italia appare come quello più “potabile” soprattutto per Israele. Molto più della Spagna di Pedro Sanchez che ha di recente riconosciuto la Palestina in un gesto che sa più di ideologia che di solidarietà visto che né nella West Bank né, tantomeno, a Gaza oggi si intravede alcun leader interessato alla pace. L’Italia attrae però anche più della Francia, forse più gradita al mondo arabo: i rapporti fra Parigi e Gerusalemme risentono dell’inconstanza del presidente Emmanuel Macron, un giorno sostenitore d’Israele ferito da Hamas e l’indomani (e anche il giorno dopo) alfiere della causa palestinese. Perché non Londra, allora, vicinissima agli Usa e dove si stampano anche giornali internazionali in arabo? Il governo israeliano non deve aver gradito la decisione del neopremier britannico, il laburista Keir Starmer, di lasciar cadere il ricorso preparato dal suo predecessore, il tory Keir Starmer, contro la richiesta d’arresto per Benjamin Netanyahu in una decisione con cui la Corte penale internazionale ha equiparato il capo del governo d’Israele a Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza. Poi c’è la Germania la cui diplomazia è apprezzata quando si tratta di mediare in situazioni in cui siano presenti ostaggi. Con la sua politica di principale donatrice a favore della causa palestinese ma anche di ferma sostenitrice delle ragioni di Israele, Berlino ha la carte in regola per ospitare una riunione del genere. Senza dimenticare poi che nella capitale tedesca c’è un ambasciatore dello stato ebraico nella pienezza del suo mandato: Ron Prosor, già rappresentante d’Israele all’Onu; a Roma, invece, il massimo diplomatico israeliano, Alon Bar, è in procinto di lasciare, sostituto dal 1 agosto, salvo sorprese, dal collega Jonathan Peled. Eppure oggi l’incontro si fa a Roma: una conferma per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, al lavoro da mesi per aiutare il Libano e Israele a concordare il proprio confime terrestre così come due anni fa gli Usa avevano aiutato le due parti a concordare il confine marittimo. Un obiettivo tecnicamente raggiungibile se non fosse per il macigno -Hezbollah che impedisce ogni intesa: ma è un lavoro che fa crescere la fiducia delle parti nei confronti dell’Italia.
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