Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/07/2024, a pag. 13, con il titolo "Harris andrà a schiantarsi", l'intervista di Tommaso Montesano ad Alessandro Iovino
Tommaso Montesano
«La stampa italiana non è consapevole di ciò che succede negli Stati Uniti: Kamala Harris toglierà voti ai Democratici. Ne prenderà meno di Biden e Trump si rafforzerà». Quello di Alessandro Iovino è un invito a non cadere nella trappola «di leggere gli eventi americani con gli occhi italiani». Lui, del resto, come si suol dire, ha un punto d’osservazione privilegiato: per due anni è stato rappresentante europeo del museo della Bibbia di Washington. Otto piani, per 40mila metri quadrati, nel cuore della capitale federale, a pochi metri dal Campidoglio. Inaugurato nel 2017 durante la presidenza di Donald Trump, simboleggia la forza dei valori religiosi in mezzo al potere politico. Giornalista, scrittore – nel suo libro “Il racconto di un’amicizia” dialoga, primo caso nella storia, sia con Papa Francesco sia con il pastore evangelico Traettino -, Iovino intrattiene ancora oggi rapporti con alcuni big della politica a stelle e strisce: da John Ashcroft, ex attorney general di George W. Bush, a Mike Pompeo, già segretario di Stato di Trump, passando per Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e l’ex vicepresidente Mike Pence.
A leggere i giornali italiani la corsa per la Casa Bianca si è improvvisamente riaperta dopo il passo indietro di Joe Biden: è d’accordo?
«Gli analisti italiani sono, eufemismo, troppo generosi con i democratici. Diciamo che non sono consapevoli di ciò che accade oltreoceano».
Cosa l’ha colpita di più nelle analisi sull’ascesa di Kamala Harris?
«La vicepresidente come primo atto ha parlato dell’aborto. Il primo atto ufficiale di Trump come presidente degli Stati Uniti, invece, è stato un provvedimento a tutela della vita: ha bloccato i finanziamenti del governo federale alle organizzazioni non governative internazionali che praticano l’interruzione della gravidanza».
Perché fa questo paragone?
«Per l’elettorato cristiano questi sono temi fondamentali: Harris ha mobilitato il fronte Lgbt e questo sta avendo effetti sugli elettori religiosi a favore di Trump, che ora sono ancor più galvanizzati».
Harris gode di una stampa occidentale molto favorevole: ma negli Stati qual è il giudizio sul suo operato?
«La stragrande maggioranza degli elettori, incluse ampie porzioni di quelli democratici, non ha alcuna considerazione di Harris. Io quando vado negli Stati Uniti, ad esempio a New York, parlo con tutti: dai ristoratori agli imprenditori, l’opinione è che Kamala sia stata la peggiore vicepresidente della storia. E non sto parlando di elettori dell’Alabama, ma della liberal New York».
Cosa rimproverano ad Harris?
«Non ha lasciato alcun segno: perfino Biden, da vicepresidente di Obama, è stato più visibile di lei. Harris dove è stata all’opera, penso al dossier immigrazione, ha combinato disastri. Sa come si dice qui?».
Prego.
«Che i discorsi di Kamala sono come un’insalata mista: dentro c’è di tutto».
Prima ha accennato alla mobilitazione dei religiosi a favore di Trump: può essere un fattore decisivo in vista di novembre?
«Il presidente Biden è cattolico, ma Harris non c’entra nulla con tutto questo. Perla prima volta nella storia americana, c’è un candidato alla presidenza che non mostra alcun interesse né collegamento con le radici giudaico-cristiane della repubblica.
In Kamala non c’è alcun messaggio spirituale. La vicepresidente ha un doppio problema: sul tema dell’aborto non intercetta i voti religiosi e inoltre non rappresenta la classe operaia, che sarà decisiva». Non crede che farà presa quel monito di Harris su Trump «pregiudicato» e «predatore sessuale»? «No, bisogna distinguere l’elettorato Usa da quello italiano: a novembre gli americani voteranno per il loro presidente, non per un pastore protestante. E conta solo ciò che il presidente fa, i suoi atti ufficiali. E Trump come presidente degli Stati Uniti ha difeso i valori cristiani, della vita». I media occidentali sono andati in estasi per Harris all’attacco dello sfidante repubblicano. «Kamala è stata la prima a portare il dibattito presidenziale a livello dello scontro personale, usando toni violenti». L’elezione si deciderà in una manciata di Stati: in quali può risultare decisivo l’elettorato cristiano? «In Pennsylvania c’è una forte comunità cattolica di origine italiana e irlandese e questo può fare la differenza. Per il resto del Midwest, Michigan e Wisconsin, molto dipenderà anche dalla classe operaia, ma l’esperienza aiuta Trump: con lui presidente molte fabbriche si sono ripopolate e gli americani vogliono qualcuno che mantenga le promesse e faccia quello che dice. Si ricorda il caso di Gerusalemme?». Dell’ambasciata americana in Israele? «Tutti i presidenti, democratici e repubblicani, l’avevano promesso. Chi l’ha trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme? Donald Trump».
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