Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/07/2024, a pag. 12, con il titolo "Harris e Vance disertano l’aula Scontri alle proteste pro Palestina", l'analisi di Anna Lombardi.
NEW YORK — Decine di banchi vuoti, almeno un cartello con scritto “criminale di guerra” — stretto fra le mani della deputata del Michigan di origini palestinesi Rashida Tlaib, che per questo ha litigato con la collega della Florida Anna Paulina Luna — applausi bipartisan con tanto di standing ovation (con legislatori rimasti però ostinatamente seduti), e consensi meno caldi dal lato dell’aula dove sedevano i dem. È un Congresso diviso quello che ieri ha accolto il primo discorso davanti alle camere riunite dal 2015 che il premier Benjamin Netanyahu ha pronunciato in una Washington blindata dove già da martedì si susseguono manifestazioni, scontri ed arresti. Fragorose proteste di migliaia di manifestanti filo palestinesi che hanno assediato il premier israeliano anche davanti al suo hotel, l’iconico Watergate, contro i quali la polizia ha usato anche spray al peperoncino. Ci sono state defezioni importanti soprattutto fra le file dei dem, ma anche qualche repubblicano si è defilato: come il deputato Thomas Massie del Kentucky, un trumpiano che però ha spesso posizioni di politica estera diverse da quelle del partito. Circa cinquanta erano già state annunciate, altre sono avvenute mentre l’oratore, che ha parlato percirca un’ora, era sul podio. Grande e criticata assente la vicepresidente Kamala Harris che, per ruolo, avrebbe potuto moderare la seduta. «Impegni elettorali presi in precedenza » si è giustificata, ma qualcuno insinua che in un momento politicamente delicato la neocandidata alla Casa Bianca abbia preferito non farsi ritrarre col primo ministro israeliano che incontrerà comunque oggi in privato. «Una decisione irragionevole e inconcepibile» l’ha attaccata lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, dimenticando di bacchettare l’altro grande assente in ordine d’importanza, il candidato repubblicano alla vicepresidenza J.D. Vance. Anche lui ufficialmente altrove per motivi elettorali ma c’è chi sussurra che la vera ragione dell’assenza sia quella di non lasciare a Harris le intere simpatie dell’elettorato arabo. «Sono solidamente schierato con il popolo di Israele », si è limitato a far sapere. Tra i numerosi big dell’asinello a non partecipare in tanti avevano definito la loro scelta una «forma di protesta contro i sanguinosi bombardamenti di Gaza». Tra gli assenti anche l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi, che invece ha preferito incontrare le famiglie israeliane vittime delle azioni di Hamas, lapasionaria Alexandria Ocasio-Cortez, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren. Insieme a figure più moderate come il deputato californiano di origini indiane Ami Bera e il potente leader afroamericano della Carolina del Sud James Clyburn. Parole molto dure erano state pronunciate dal senatore “socialista” Bernie Sanders: «Sono d’accordo con la Corte penale internazionale e con la commissione indipendente dell’Onu sul fatto che Netanyahu e Yahya Sinwar siano criminali di guerra». I leader dem di Camera e Senato erano lì al suo ingresso, lo hanno salutato solo con un cenno del capo e se ne sono andati poco dopo; mancavano anche tutti i membri democratici della commissione Esteri del Senato: «Vuol solo rafforzare il suo sostegno in patria e noi non vogliamo essere parte di propaganda politica», hanno detto. Non uno schieramento compatto, comunque: il senatore moderato della Virginia Joe Manchin e quello della Pennsylvania John Fetterman sono stati gli unici non repubblicani a stringere la mano a Netanyahu dopo il discorso.
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