Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo di Rachel Lester tradotto da Times of Israel del 09.06.24, dal titolo "Non vuoi vittime civili? Allora non usare i civili per tenere prigionieri gli ostaggi".
L’intero stato di Israele e l’intero popolo ebraico hanno trascorso il fine settimana piangendo lacrime di gioia dopo che le forze israeliane avevano liberato Noa Argamani, Andrey Kozlov, Almog Meir e Shlomi Ziv dalla prigionia a Gaza e li avevano riportati a casa sani e salvi in Israele. Com’era perfettamente prevedibile, tuttavia, immediatamente dopo la liberazione degli ostaggi “sono emerse notizie” secondo cui almeno “210 palestinesi sono stati uccisi e oltre 400 feriti” durante l’operazione. “Sono emerse notizie” è la tipica frase volutamente ambigua che può significare qualsiasi cosa da “la gente per la strada ritiene che…”, a “Hamas ha confezionato l’accusa che…”. A un giorno di distanza, le “notizie emerse” non risultavano più verificate o accertate di quanto non lo fossero al momento in cui sono state fatte circolare. Ma ciò non ha impedito alla folla anti-israeliana di scatenarsi furibonda, né ai principali mezzi di informazione di rilanciare rozzamente le “notizie emerse”, abdicando al compito di fare controlli e verifiche. A quanto pare, il salvataggio di quattro israeliani innocenti tenuti prigionieri da otto mesi contro ogni più elementare norma etica e di civiltà “non avrebbe dovuto avvenire a spese di almeno 200 palestinesi, compresi bambini”. Chi sto citando? La funzionaria Onu Francesca Albanese, una dei tanti utenti social che si sono precipitati a twittare la loro indignata condanna così in fretta da dimenticare che non potevano ancora sapere cosa fosse successo esattamente. Gli ostaggi poco dopo la liberazione Chi convincerà queste persone che al momento abbiamo zero prove o verifiche del reale numero di morti durante l’operazione di sabato? E che non abbiamo ancora la minima idea di quale fosse la percentuale di terroristi di Hamas e/o di persone che sparavano attivamente contro la squadra di salvataggio delle forze israeliane e/o di civili attivamente implicati e complici del sequestro degli ostaggi, rispetto alla percentuale di autentici non combattenti? Finora, c’è solo un video che si presume girato sul posto e che è diventato virale: mostra una dozzina di cadaveri per strada a Nuseirat. Ognuno di loro è un uomo in età militare, non si vede nessuna donna o bambino. Ma ovviamente ciò non ha impedito a Francesca Albanese di definire l’operazione di salvataggio un “intento genocida trasformato in azione”. Ogni giorno che passa, una nuova calunnia da parte delle Nazioni Unite. La CNN ha mostrato un raro barlume di autoconsapevolezza quando, nell’ultima riga dell’articolo in prima pagina ha scritto: “La CNN non è in grado di verificare in modo indipendente i numeri dell’ufficio stampa”. “L’ufficio stampa” a Gaza è ovviamente Hamas. Carino da parte loro far sapere ai lettori arrivati fino all’ultima riga dell’articolo che i numeri non erano verificabili. Ma perché hanno comunque inviato a milioni di persone una notifica push con quelle cifre sparate nel titolo? Questo è pessimo giornalismo. Noa Argamani (in jeans e casco) appena salita sull’elicottero che la porterà in salvo. In modo ancora più grottesco, come probabilmente avete già saputo, una giornalista della BCC ha chiesto all’ex portavoce militare Jonathan Conricus se le forze israeliane avessero “avvertito i palestinesi” nell’area prima di lanciare l’operazione. Come, scusi? Sta davvero chiedendo se non abbiamo garantito ai terroristi che tengono in ostaggio la nostra gente da otto mesi l’opportunità di uccidere gli ostaggi prima del nostro arrivo? Ma come diavolo crede che funzionino le operazioni per salvare ostaggi? C’è così tanto che ancora non sappiamo di quello che è successo durante l’operazione di sabato. Molte cose diventeranno chiare nei prossimi giorni, altre potrebbero non essere conosciute per anni. Ma ci sono un paio di cose che sappiamo con certezza finora. Sappiamo che Noa Argamani, Andrey Kozlov, Almog Meir e Shlomi Ziv erano tenuti prigionieri in normali condomini. Non erano in un tunnel insieme a Sinwar. Erano nelle case di quei civili (un giornalista, un medico…) che sin dal 7 ottobre tutto il mondo considera, per definizione, vittime innocenti. E sappiamo che molte persone nella zona hanno sparato ai veicoli di soccorso delle forze israeliane che cercavano di abbandonare l’area. Era tutta gente con in tasca la tessera di Hamas? Non ha la minima importanza. Ciò che conta è che, se i militari non avessero risposto al fuoco e non li avessero uccisi, non sarebbero sopravvissuti né loro né gli ostaggi. Quindi voglio mettere in chiaro un paio di concetti. Se una persona tiene in ostaggio un altro essere umano nel proprio appartamento, deve mettere in conto che verrà uccisa dalle forze speciali. Se una persona spara a un soldato che sta cercando di portare in salvo degli ostaggi, deve mettere in conto che verrà uccisa dalle forze speciali. Se una persona non ha mai espresso il minimo interesse e nessuna reale preoccupazione per il fatto che degli innocenti siano tenuti in ostaggi da mesi, non venga poi a menare scandalo quando noi facciamo tutto ciò che è necessario per salvarli. Clicca l’immagine per il video su Times of Israel dell’irruzione delle forze speciali nella casa del “giornalista” palestinese Abdallah Aljamal, terrorista di Hamas, che teneva gli ostaggi Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv. E’ durante questa azione che è rimasto ucciso l’ufficiale Arnon Zmora Non vuoi vittime “civili”? Allora non usare i civili per tenere prigionieri i nostri ostaggi. Ancora meglio, non prendere nemmeno in ostaggio i nostri civili e non tenerli nascosti in mezzo ai civili. È abbastanza semplice da capire. Avevano avuto 245 giorni per restituirci quegli ostaggi senza colpo ferire. Avrebbero potuto anche accettare una qualsiasi delle offerte di cessate il fuoco per la liberazione di altri ostaggi, ottenendo in cambio la scarcerazione di centinaia di terroristi. Se non l’hanno fatto, non è un mio problema. E poi – sapete una cosa? – la guerra è tutt’altro che finita. Ci sono ancora 116 ostaggi prigionieri a Gaza. E allora, usate tutta la vostra rabbia furibonda per esigere da Hamas che li rilasci ora. Altrimenti, poi, non imbestialitevi quando – appena possibile – faremo ciò che dobbiamo fare per liberarli. Ho trascorso gli ultimi otto mesi cercando di convincere persone al di fuori della mia echo chamber che perlomeno ascoltassero il punto di vista degli israeliani in questo conflitto. Ma ora, a chiunque sui social fa l’infuriato per come è andata la missione di salvataggio nonostante il poco che si sa e tutto ciò che ancora non si sa, ho solo una risposta: non mi interessa. Sono troppo impegnata a festeggiare il fatto che Noa, Andrey, Almog e Shlomi sono a casa.(Da: Times of Israel, 9.6.24)
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