Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 09/06/2024, a pag. 23, con il titolo "L’Asse delle autocrazie" l'analisi di Gianni Vernetti.
Pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, Vladimir Putin e Xi Jinping hanno annunciato al mondo quella «alleanza senza limiti» fra Russia e Cina che in quel momento aveva ancora contorni, ampiezza e dimensione indefiniti. Da allora, però, sono iniziati alcuni eventi geopolitici che stanno mutando in profondità le relazioni fra le grandi potenze e provocando movimenti tellurici nel sistema delle relazioni internazionali su scala globale. C’è un fil rouge che lega eventi che a prima vista paiono essere distanti fra loro: la sfida da parte delle autocrazie di Russia, Cina, Iran e Corea del Nord alla comunità delle democrazie e a un ordine internazionale fondato sulle regole e sui diritti. Si tratta di un vero e proprio Asse delle autocrazie, un’alleanza politica e militare in diretta competizione con Europa, Usa, Occidente e comunità delle democrazie, con obiettivi comuni e di lungo periodo: cambiare in modo radicale il sistema delle relazioni internazionali anche con l’uso arbitrario della forza militare, sfidare le democrazie liberali, cancellare l’universalità dei diritti umani. La Cina mente sulla guerra in Ucraina e non solo sta attivamente cercando di sabotare la Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina che si terrà il 15 e 16 giugno 2024 nel resort del Bürgenstock, sul Lago dei Quattro Cantoni, in Svizzera, ma sostiene lo sforzo bellico di Mosca con la fornitura di tecnologie dual use, migliaia di droni commerciali facilmente modificabili; forniture di semiconduttori e macchinari utensili per la produzione bellica; nonché enormi quantità dismokeless powder forniti a Mosca dall’azienda di Stato cinese Poly Technologies, grazie alla quale la Russia potrà produrre fino a 80 milioni di munizioni. Gli investimenti cinesi in Russia sono quadruplicati dall’inizio della guerra, nel sistema bancario ed energetico, soprattutto grazie ai contratti di acquisto di petrolio in yuan e Mosca ha aperto alle navi cinesi la rotta del Nord nel Mare Artico. Infine le manovre militari congiunte russo-cinesi nel Mar Cinese Orientale, poco a Nord dello Stretto di Taiwan e di fronte alle isole giapponesi Senkaku, insieme alle esercitazioni russo-cinesi-iraniane nello stretto di Hormuz, hanno completato il quadro. I rapporti fra la Russia, l’Iran e i suoi proxy sono noti da tempo: gli acquisti russi dei droni Shahed che ogni notte fanno strage di civili in Ucraina hanno superato i 900 milioni di dollari, sono stati realizzati accordi fra Teheran, Russia e Bielorussia per costruire almeno due impianti per la produzioni di droni militari. L’Iran ha poi fornito a Mosca i missili R-122 mm di fabbricazione nordcoreana, ha inviato istruttori militari in Crimea e 300 mila proiettili d’artiglieria. I rapporti fra Cina e Iran non sono meno rilevanti: Pechino ha fornito a Teheran grandi quantità di ammonio perclorato, ingrediente fondamentale per produrre il combustibile solido per i missili balistici, acquista in valuta cinese il petrolio iraniano sotto embargo e promuove dal 7 ottobre un’ampia campagna di disinformazione sui social media cinesi e occidentali in supporto alla narrativa anti-israeliana, insieme ad una violenta retorica contro Israele su tutti i media di Stato, a cominciare dall’ultra-nazionalista Global Times. La Corea del Nord non lancia soltanto palloni pieni di feci e rifiuti nelle città sudcoreane, ma è lo storico fornitore di mitragliatori e lanciagranate ad Hamas ed Hezbollah, molte delle quali trovate a Gaza, ed è il principale fornitore straniero di munizioni nella guerra in Ucraina (10 milioni di munizioni, missili portatili anticarro). L’Iran ha un programma di collaborazione militare con la Corea del Nord per lo sviluppo dei missili balistici intercontinentali (Icbm) con un raggio di azione superiore ai 5.500 km. La Russia, infine, ha promosso dal mese di aprile del 2022 sei incontri di alto livello a Mosca con Hamas e non ha mai designato Hamas come un’organizzazione terroristica. La comunità delle democrazie è chiamata a costruire una strategia coerente per rispondere alla sfida sistemica lanciata dal nuovo Asse delle autocrazie e di questa nuova realtà ne dovranno tenere conto anche i prossimi eletti al Parlamento europeo.
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