Cosa unisce la liberazione di Noa e le elezioni di oggi
Editoriale di Mario Sechi
Testata: Libero
Data: 09/06/2024
Pagina: 1/3
Autore: Mario Sechi
Titolo: Non possiamo lasciare le chiavi dell'Europa a questa sinistra dannosa

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 09/06/2024, a pag.1/3 con il titolo "Non possiamo lasciare le chiavi dell'Europa a questa sinistra dannosa" l'editoriale di Mario Sechi.


Mario Sechi

Noa, appena liberata, con il padre. C'è un filo rosso che collega la notizia della liberazione degli ostaggi israeliani e le elezioni europee. Le democrazie esistono per proteggere la vita e la libertà. E sono questi i criteri con cui si dovrebbe andare a votare. Se vincessero i partiti di sinistra, la libertà sarebbe a rischio.

L’abbraccio con il padre, la gioia di Noa Argamani, la ragazza israeliana liberata dagli artigli dei terroristi di Hamas, ci ricorda che le democrazie sono nate per affermare la libertà e difenderla. Il nemico ha un volto, non è fiction. Gli israeliani, gli ucraini, i dissidenti iraniani e russi, sanno per cosa combattono: per la parola e il movimento, il conoscere e l’incontrarsi, il benessere e la sicurezza nello spazio vitale della propria comunità.
E noi di cosa siamo consapevoli? La generazione che ha vissuto la nascita della Repubblica Italiana è una testimonianza remota, le famiglie che hanno dato vita al boom economico sono il passato, la guerra è il mondo dei libri di storia, gli Annidi piombo e l’attacco al cuore dello Stato da parte delle Brigate Rosse sono stati rimossi dalla memoria. Ottanta anni dopo lo sbarco in Normandia, si combatte in Europa, in Medio Oriente, nel Mar Rosso.
Molti commentatori affermano che non si è parlato di politica europea, ma in realtà dicono quello che fa loro comodo per sostenere i loro lamenti da geni incompresi, eterne maschere che recitano sulla Terrazza di Ettore Scola.
Andiamo a votare mentre l’ordine liberale è sotto attacco, rispetto a cinque anni fa tutto è cambiato e le ragioni delle nostre scelte in Europa sono diventate più profonde e urgenti. L’interesse nazionale è il nutrimento della politica estera che si fa prima di tutto a Bruxelles, nelle decisioni di ogni giorno. Non si può consegnare il governo dell’Unione europea alle sinistre e va detto chiaramente che in questo scenario non basta la presenza dei Popolari per temperarne l’utopia e la pericolosa ideologia che riduce le persone a numero e procedura. Nell’establishment c’è chi ha capito che il format della legislatura precedente, la maggioranza Ursula, incontrerà grandi ostacoli e fratture interne. Non bastano i numeri, servono nuove idee in uno scenario dove l’Europa rischia di essere vaso di coccio tra i vasi di ferro. Gli hedge fund nel fine settimana hanno cominciato a scommettere contro il debito sovrano europeo, pensano che la Banca centrale abbia uno spazio di manovra limitato per il taglio dei tassi, non a caso Christine Lagarde balbetta, d’altronde era tra coloro che dicevano che la corsa dell’inflazione sarebbe terminata presto e siamo ancora qui a discuterne. Idee nuove per governare l’Europa? Non arriveranno da un déjà-vu dell’alleanza tra Pse e Ppe, ma da un impulso di stampo conservatore e riformatore. Per questo i radar dei think tank politici, del mondo finanziario, il Partito comunista cinese e l’establishment che guida la “macchina” degli Stati Uniti, guardano agli esiti del voto europeo con un focus su Italia e Francia, i numeri del consenso di Giorgia Meloni e Marine Le Pen saranno il sismografo del voto nel Vecchio Continente, daranno una prima indicazione sulla rotta della nave di Bruxelles.
La sinistra è un laboratorio di piccoli chimici che giocano con l’esplosivo: Elly Schlein che ha in testa un mondo “woke” e con la bandiera arcobaleno, con i confini aperti allo straniero e la carta bollata per uscire dalla Nato; Giuseppe Conte che cerca la pace nella telecamera, mentre spalanca la porta al nemico e studia nuovi bonus per riaprire il bancomat di Stato; la rivoluzionaria rossa che non paga l’affitto e punta al seggio, Ilaria Salis, ultima geniale pensata della coppia Bonelli-Fratoianni che già aveva messo a segno l’impresa di portare in Parlamento il Soumahoro con gli stivali. È lo sfascio in allegria, l’orchestrina che suona mentre il Titanic affonda. In un mondo di ferro e fuoco, non possiamo farci travolgere dal ridicolo e questa compagnia di giro è imbarazzante in tempo di pace, figuriamoci in tempo di guerra.

CINQUE ANNI FA

Pensate al 2019, in Italia c’era il governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle, il presidente del Consiglio era Giuseppe Conte, l’Italia aveva enormi problemi di stabilità economica e credibilità internazionale, i pentastellati stavano spostando l’asse della nostra politica estera verso la Russia e la Cina. Un incubo. Cinque anni fa il presidente della Commissione Ue era Jean-Claude Juncker, alla Banca centrale europea c’era Mario Draghi, la Germania governata da Angela Merkel si considerava un gigante imbattibile, la Francia di Emmanuel Macron sognava (come oggi) una grandeur svanita con il generale Charles de Gaulle.
Tutto questo è archiviato. Erano gli anni in cui Donald Trump ammoniva la Cina, faceva la guerra dei pulsanti con Kim Jong-un e sparava un missile letale contro il generale iraniano Qasem Soleimani affinché gli ayatollah capissero che nessuno a Teheran era al sicuro. Cinque anni fa il mondo era più sicuro perché Trump e il suo segretario di Stato, Mike Pompeo, avevano colto il problema del Medio Oriente costruendo la tela diplomatica degli Accordi di Abramo, coltivando l’autonomia energetica e invitando l’Europa a spezzare la “politica del tubo” con la Russia.
Nel 2020 la pandemia sfascia quel mondo, innescando un rapido processo di de-globalizzazione, emerge il problema della produzione nei settori strategici, la debolezza dell’Europa, una iper-potenza della Cina produttore e esportatore (anche del virus, vedere le ultime rivelazioni sul laboratorio di Wuhan pubblicate dal New York Times pochi giorni fa), mentre la guerra mostra all’Occidente chi sono i suoi nemici, la rete di alleanze che si dispiega nei voti dell’Assemblea dell’Onu, nell’asse di ferro tra Pechino e Mosca nel Consiglio di Sicurezza.
Cinque anni dopo, l’Unione europea ha visto l’ascesa della leadership conservatrice di Giorgia Meloni e la sua presenza sempre più incisiva nelle decisioni dell’Unione (l’Economist della scorsa settimana auspica il suo ingresso nella maggioranza di Bruxelles, ma questa è una partita che comincia da domani), il centrodestra italiano ha assicurato una linea atlantista, europeista, occidentale, senza letali nuotate sul Volga e pericolose cineserie. Le differenze tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia esistono, fanno parte della storia dei partiti e da stasera, quando comincerà lo spoglio dei voti, vedremo chi tra Meloni, Salvini e Tajani ha giocato meglio le carte.

IL FUTURO

Decidono gli elettori, cosa accadrà?
Lo scopriremo presto, va ricordato che l’Italia è uscita dall’accordo sulla Nuova Via della Seta con la Cina (un delicato passaggio diplomatico, ben condotto), ha rafforzato la cooperazione con gli Stati Uniti sottraendola alla retorica e basandola su iniziative concrete non solo sul piano della sicurezza (basta dare un’occhiata alle alleanze economiche), ha convinto l’Unione europea a riconsiderare la politica sull’immigrazione, ha messo un freno alle follie della transizione energetica parlando chiaro nei Consigli europei, ai vertici del G7 e G20, negli incontri bilaterali con i leader internazionali.
Chiuso il voto europeo, l’Italia sarà protagonista del G7 in Puglia (dal 13 al 15 giugno) e qualche settimana dopo ci sarà un importante vertice della Nato (dal 9 all’11 luglio), mentre i cannoni tuonano, Mosca cerca la spallata su Kiev, l’Iran continua a orchestrare le mosse di Hamas e dei gruppi terroristici nella Striscia di Gaza e in Medio Oriente. Ecco perché il voto di oggi è decisivo, non c’è un’altra occasione: il nostro futuro non può essere lasciato a Elly, Giuseppe, Ilaria e ai loro compagni in Europa, perché non sanno quello che fanno e, quando fanno, sono un danno.

 

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