Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/06/2024, a pag. 1/4, con il titolo "Una guerra da vincere" la cronaca di Micol Flammini.
Il segretario per la Sicurezza nazionale americana Jake Sullivan ha detto che la proposta israeliana per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza è “ancora sul tavolo” e Israele sta aspettando la risposta di Hamas. Il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman al Thani, e il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, hanno incontrato a Doha dei funzionari di Hamas. Il direttore della Cia, Bill Burns, e il consigliere della Casa Bianca per il medio oriente, Brett McGurk, sono andati, rispettivamente, in Qatar e in Egitto e quando si spostano vuol dire che gli Stati Uniti stanno mettendo tutto il loro peso per fare in modo che i negoziati vadano avanti e per assicurarsi che la pressione su Hamas sia intensa. Il gruppo della Striscia ha sempre mostrato molte divisioni riguardo a un possibile accordo: una parte avrebbe voluto trattare prima e assicurarsi con ogni mezzo la sopravvivenza politica, l’altra, che fa capo ai leader rimasti a Gaza, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, non accetta il compromesso, pensa a una vittoria totale o a una sconfitta totale.
La proposta israeliana sostenuta dagli Stati Uniti non delinea come dovrebbe accadere che Hamas venga estromesso dalla Striscia e il gruppo, qualora dovesse accettare e andare avanti nelle trattative, è già pronto a prendere tutti i benefici, inclusa la sua sopravvivenza a Gaza e il rafforzamento in Cisgiordania. Da mesi Hamas è in contatto con Fatah, il partito del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen. Il gruppo della Striscia vuole una normalizzazione e vuole anche il potere in Cisgiordania, nei territori controllati dall’Anp. Hamas e Fatah si incontreranno in Cina a metà giugno e non sarà la prima volta che attraverso l’incoraggiamento cinese o russo cercheranno di trovare un accordo per il dopoguerra. Sanno che entrambi non possono sopravvivere, uno deve mangiare l’altro e Hamas non soltanto si sente più forte, ma sa anche che il risultato di aver tirato Israele dentro un pantano di accuse internazionali lo rende un’ispirazione per i tanti gruppi che vogliono distruggere lo stato ebraico. In Israele non c’è unità politica attorno all’accordo, i partiti estremisti di Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich non vogliono dare il loro voto all’approvazione di un piano che allontana la promessa che avevano fatto ai loro elettori: occuperemo Gaza. Ma non è questo che Israele vuole fare, gli israeliani si sono ritirati da Gaza nel 2005 e non ci sono piani per ritornarci. La frattura politica esiste ma non è l’ostacolo principale, il premier israeliano Benjamin Netanyahu è più a favore dell’accordo di quanto non dia a vedere, fermare la guerra con Hamas vorrebbe dire bloccare anche gli attacchi di Hezbollah dal nord, e ieri Netanyahu è andato proprio a visitare la Galilea dove, qualche ora dopo la sua visita, un attacco di droni ha ferito più di dieci persone nella città drusa di Hurfeish. Nel nord di Israele sono rimaste poche persone, più di sessantamila cittadini sono stati evacuati, ci sono incendi, ci sono attacchi continui ai quali Israele risponde in modo Pagina 4 mirato. Non è ancora guerra, perché uno scontro tra Israele e Hezbollah avrebbe una portata devastante. L’esercito ha detto di essere pronto al conflitto, gli israeliani del nord che sono stati evacuati chiedono che la situazione venga risolta una volta per tutte, anche con la guerra aperta. Alcuni politici di vario schieramento politico, anche i moderati, accusano il governo di non essere in grado di risolvere la situazione e sono dell’idea che se non c’è altra scelta, bisogna andare in guerra e far capire a Hezbollah che Israele non si tira indietro. L’opinione di diversi analisti è che il potere di deterrenza di Israele si sia ormai consumato, la guerra a Gaza e la scarsa pressione su Hezbollah hanno sfinito l’immagine di un paese capace di difendersi da ogni lato. Israele si sta difendendo e valuta come sarebbe una guerra con Hezbollah. Tal Beeri, dell’Alma Center, ha raccontato al quotidiano Maariv come sarebbe uno scontro con l’armatissimo gruppo libanese: “Israele dovrebbe assorbire una potenza di fuoco mai vista”. La potenza principale di Hezbollah sono i missili e i razzi e possono arrivare in tutto il territorio dello stato ebraico, bersagliando Haifa, Netanya, Tel Aviv, tutta la fascia centrale di Israele. L’arsenale è ampio e variegato, ogni giorno Israele dovrebbe parare i colpi che arriverebbero dal Libano, forti e continui e non sono escluse incursioni di terra, con i miliziani pronti a entrare nel territorio del nord. Il quotidiano libanese al Akhbar, voce di Hezbollah, ha pubblicato un articolo in cui si raccontano retroscena diplomatici e avvertimenti di un attacco su larga scala imminente e proveniente da Israele. Potrebbe essere più cauto leggere l’articolo al contrario: la preparazione di un alibi da parte di Hezbollah.
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