Israele pronto alla guerra al Libano
Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero
Data: 06/06/2024
Pagina: 15
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: Israele pronto a fare la guerra al Libano

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/06/2024, a pag. 15, con il titolo "Israele pronto a fare la guerra al Libano", la cronaca di Amedeo Ardenza 

Razzi di Hezbollah. Difficile che l'escalation di lanci del gruppo terrorista sciita libanese non porti a un conflitto nel Libano. Disobbedendo apertamente alla risoluzione ONU 1701, che imporrebbe una fascia di sicurezza fra Hezbollah e Israele, i terroristi filo-iraniani, in questi otto mesi di guerra, hanno lanciato più di 5mila fra razzi e droni, uccidendo 22 cittadini israeliani

Ci sono conferenze, commemorazioni per i soldati caduti, visite guidate a carattere storico o archeologico, a piedi o su auto elettriche, ma anche eventi di spinning di gruppo corredati da spettacoli di luce laser.
E le scuole chiudono prima. L’evento clou è però la sfilata delle bandiere, aperta a chiunque voglia celebrare il ritorno dei quartieri orientali Gerusalemme sotto la sovranità ebraica dopo circa duemila anni.
È la festa di Yom Yerushalayim, il giorno di Gerusalemme, istituita da una legge della Knesset per ricordare la vittoria sulle truppe arabe nella Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967).
Una festa di cui la destra nazionalista, tanto quella laica come quella religiosa, cerca di appropriarsi ammantandola di toni antiarabi.
Niente di nuovo sotto il sole con una differenza: il Paese è in guerra contro Hamas al sud ed Hezbollah a nord e non ha nulla di guadagnare da nuove tensioni. Non la pensa così il ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, rappresentante del più acceso nazionalismo religioso. Alla vigilia della sfilata delle bandiere dal Parco dell’Indipendenza a Gerusalemme ovest fino al Muro del Pianto nella città vecchia – Ben-Gvir aveva annunciato una passeggiata al Monte del Tempio ovvero alla Spianata delle Moschee, un gesto che gli arabi considerano di sfida. Coperti politicamente da Ben-Gvir, giovani attivisti della destra radicale ne hanno approfittato per attaccare, fra gli altri, un reporter di Haaretz, storico giornale della sinistra israeliana. L’uomo è stato tratto in salvo dalla polizia che ha condotto 18 arresti.

MEZZA CRISI

Non contento, Ben-Gvir ha anche messo in moto la crisi politica avvertendo il primo ministro Benjamin (Bibi) Netanyahu che il partito Otzma Yehudit non voterà con la maggioranza alla Knesset fino a quando Bibi non rivelerà i dettagli della proposta di accordo di cessate il fuoco fra Israele e Hamas elaborata dal gabinetto di guerra – gabinetto che, per volontà dello stesso capo del governo, non include il ministro della Sicurezza nazionale. «Finché il primo ministro continuerà a nascondere i dettagli dell'accordo, Otzma Yehudit sconvolgerà la sua coalizione», ha twittato Ben-Gvir.
Del piano per una tregua in cambio della liberazione degli ostaggi si sa solo che esiste. Lo ha confermato il capo della Cia William Burns arrivato a Doha mentre l’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente Brett McGurk atterrava al Cairo. Secondo il Jerusalem Post gli Usa starebbero sollecitando gli stati della regione affinché chiedano all’Iran di allentare la morsa del terrorismo contro Israele. Rintuzzando la turbolenza delle destre, ieri il ministro della Difesa di Gerusalemme, Yoav Gallant, ha comunque confermato che il negoziato con Hamas si farà «sotto il fuoco delle armi».
Ma se l’ala destra del governo scalpita, per Bibi sul lato sinistro le cose non vanno meglio: ieri Matan Kahana, dei centristi di Unità Nazionale che con Benny Gantz sono andati in soccorso dell’esecutivo dopo le stragi del 7 ottobre, ha spiegato che «non riuscendo a influenzare questo governo, non ci resterà che lasciarlo».
Netanyahu sembra tuttavia preso da altri pensieri. Ieri Hezbollah ha sferrato uno dei suoi attacchi più violenti: sette persone sono rimaste ferite, alcune in maniera grave, a seguito dell’attacco di almeno due drone carichi di esplosivo contro Hurfeish, un villaggio druso dell’Alta Galilea a meno di cinque chilometri dal confine con il Libano. Il secondo drone ha colpito mentre i soccorritori aiutavano le vittime del primo drone.
Circostanza aggravante, scrivono i media israeliani, nessun allarme aereo è suonato al momento dell’attacco. Hezbollah ha anche rivendicato il lancio di alcuni missili contro un’installazione di Iron Dome (“Scudo di Ferro”) il sistema antimissile che protegge Israele dalle minacce a corto raggio quanto dai missili balistici, come quelli esplosi per esempio pochi giorni fa dagli Huthi yemeniti contro la città israeliana di Eilat sul Mar Rosso.

NUOVO FRONTE

Così mentre interi distretti israeliani restano disabitati – gli sfollati del nord d’Israele sono circa 90 mila – ieri il governo ha annunciato la coscrizione di altri 50 mila riservisti.
Difficile non leggerci il segnale dell’imminenza di una escalation al nord per fermare Hezbollah. Dallo scorso 7 ottobre il gruppo libanese, che secondo la risoluzione Onu 1701 del 2006 dovrebbe tenersi a distanza dal confine con Israele, ha esploso 5 mila fra razzi, droni e colpi di mortaio uccidendo 22 israeliani.
E mentre il governo Netanyahu tratta con Hamas grazie alla mediazione egiziana e qatariota, la guerra contro il gruppo terrorista islamico non si ferma: ieri le Israel Defense Forces (Idf) hanno annunciato di aver distrutto un reticolo di tunnel usati per collegare Gaza all’Egitto passando sotto la Philadelphi Route, una strada-cuscinetto voluta da Israele per impedire l’accesso di materiale bellico nella Striscia. La sintesi della giornata l’ha scritta però il capo dello stato: celebrando la giornata di Gerusalemme, il laburista Isaac Herzog ha ricordato che Israele è sotto attacco tutti i giorni “e il mondo deve capire che non abbiamo altra scelta che difendere i nostri cittadini”. Traduzione: se poi attacchiamo il Libano non venire a farci la predica.

 

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