Quando 52 'esperti' delle Nazioni Unite infilano ben sette menzogne in una dichiarazione dai toni calunniosi
Articolo di David M. Litman
Testata: israele.net
Data: 05/06/2024
Pagina: 1
Autore: David M. Litman
Titolo: Quando 52 'esperti' delle Nazioni Unite infilano ben sette menzogne in una dichiarazione dai toni calunniosi

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo di  Articolo di David M. Litman da  jns.org, dal titolo "Quando 52 “esperti” delle Nazioni Unite infilano ben sette menzogne in una dichiarazione dai toni calunniosi".

David M. Litman
IDF says hidden store of terror munitions may have caused deadly Rafah  blaze | The Times of Israel
Mass-media e Corti internazionali dovrebbero smetterla di basarsi acriticamente sulle balle di certi agenti dell’Onu. ​​​​​In rosso, l’edificio dei terroristi Hamas colpito dall’attacco israeliano, a 180 metri dalle più vicine tende di sfollati. In basso, il luogo che Hamas ha falsamente sostenuto essere stato colpito da Israele

Quando alcune decine di palestinesi sono rimasti tragicamente uccisi a Tel as-Sultan, nel sud di Gaza, la disinformazione è dilagata sui social network ed anche tra i giornalisti. Sfortunatamente, non erano i soli. Più di 50 “esperti” delle Nazioni Unite – persone teoricamente incaricate di informare e consigliare le nazioni del mondo – hanno fatto la stessa cosa diramando una loro dichiarazione piena di errori. Anche se la cosa non sorprende, considerati trascorsi e precedenti delle Nazioni Unite, resta tuttavia profondamente preoccupante. Dopotutto, non sono solo le reti di informazione che si affidano spesso e volentieri a questi agenti delle Nazioni Unite quando vogliono citare commenti di presunti “esperti”. Anche istituzioni come la Corte Internazionale di Giustizia – attualmente invischiata in un cinico esercizio giuridico avviato dal Sud Africa contro Israele – e la Corte Penale Internazionale fanno spesso affidamento in modo acritico sulle dichiarazioni di questi “esperti” nel decidere le cause. Questa dichiarazione rilasciata dagli “esperti” delle Nazioni Unite è infarcita di gravi errori di fatto. Di seguito ne riportiamo sette, più una riflessione sul linguaggio iper-fazioso e inquietante che viene usato per attaccare Israele sulla base di queste sette menzogne.

Errore n. 1: “Attacchi aerei israeliani su un campo che ospita civili sfollati…”

Già nelle prime parole della dichiarazione, gli “esperti” prendono un abbaglio su due importanti fatti. Innanzitutto, c’è stato un solo attacco. Anche se l’esercito israeliano ha parlato del lancio in rapida sequenza di due razzi, c’è stato un solo attacco e non più attacchi come la dichiarazione lascia intendere. In secondo luogo, l’attacco non era “contro un campo che ospitava civili sfollati”. I razzi hanno colpito un obiettivo di Hamas a 180 metri dai più vicini ricoveri per sfollati. Le armi utilizzate erano piccole, razzi con testata da 17 kg di esplosivo: un dato che rende estremamente improbabile, praticamente impossibile, che di per sé potessero causare danni ai ricoveri per sfollati. Inoltre, l’attacco non è stato effettuato all’interno della zona designata come umanitaria, contrariamente a quanto falsamente affermato dei soliti disinformatori. In realtà, il luogo dell’attacco era a 1,7 km dalla zona umanitaria. E’ evidente che le tragiche vittime a Tel as-Sultan, a 180 metri dal punto dell’attacco, sono avvenute a causa di circostanze impreviste. Mentre le indagini proseguono, la spiegazione più probabile che emerge è che l’attacco abbia innescato l’incendio di un deposito di armi e/o munizioni che si trovava dove non doveva essere, cioè nelle vicinanze dei ricoveri per sfollati alcuni dei quali sono stati investititi dalle fiamme. Le Forze di Difesa israeliane hanno diffuso immagini aeree che mostrano un lanciarazzi posizionato tra l’edificio colpito e i ricoveri. Anche dei video verosimilmente girati sul posto avvalorano questa spiegazione, dal momento che mostrano quelle che appaiono esplosioni secondarie dopo l’attacco. Come è stato osservato, se quel deposito di armi non si fosse trovato dove in effetti non avrebbe dovuto trovarsi secondo le leggi di guerra, non vi sarebbe stata nemmeno una vittima civile.

Errore n. 2: “I resoconti che emergono dal campo indicano che gli attacchi sono stati indiscriminati e sproporzionati…”

Lungi dall’essere indiscriminato, l’attacco ha preso di mira con successo due importanti terroristi di Hamas, Yassin Rabia e Khaled Nagar. Lungi dall’essere indiscriminato, l’attacco era basato su informazioni precise che indicavano che quei terroristi, responsabili di organizzare ed eseguire attacchi terroristici contro israeliani, si sarebbero incontrati all’interno della struttura specifica presa di mira. Inoltre, le munizioni di precisione usate erano, secondo le Forze di Difesa, “le più piccole che i jet militari possono utilizzare”. Anche l’affermazione secondo cui l’attacco sarebbe stato “sproporzionato” è contraddetta dalle prove. Prima dell’attacco, le Forze di Difesa israeliane hanno supervisionato l’edificio e i suoi dintorni e hanno stabilito che non vi era alcuna presenza civile significativa nella prevista area interessata dall’attacco. Gli “esperti” dell’Onu evidentemente interpretano in modo errato il concetto giuridico di cui si dichiarano esperti. La proporzionalità in guerra è una regola che non ha a che fare con gli effetti di un attacco, ma col processo decisionale prima dell’attacco. La regola afferma che il danno collaterale prevedibile deve essere proporzionato alla concreta esigenza militare dell’attacco. In questo caso, la necessità di colpire due pericolosi terroristi era commisurata al fatto che non era prevedibile alcun danno collaterale. Dunque l’attacco era tutt’altro che indiscriminato ed era perfettamente proporzionato.

Errore n. 3: “Questi barbari attacchi costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale”

Come si è visto a proposito degli errori 1 e 2, gli autori della dichiarazione denunciano una “violazione del diritto internazionale” basandosi su affermazioni fattualmente false e su interpretazioni errate del diritto di guerra. Va inoltre sottolineato che questi agenti delle Nazioni Unite denunciano una “violazione” basandosi esclusivamente su “resoconti”, senza aver svolto nessuna indagine effettiva né alcuna analisi giuridica. Ancora peggio, gli autori omettono del tutto la responsabilità legale di Hamas che, come suo solito, aveva piazzato obiettivi militari in un’area civile pericolosamente vicina ai ricoveri per sfollati.

Errore n. 4: “Martedì, un altro attacco ad al-Mawasi, nella parte occidentale di Rafah…”

Gli “esperti” diffondono voci del tutto infondate al solo scopo di attaccare Israele. Non esiste semplicemente nessuna prova concreta che un simile attacco sia avvenuto ad al-Mawasi. Come ha scritto anche il quotidiano di estrema sinistra Ha’aretz, “quell’accusa è scomparsa dai media nel giro di poche ore senza che fosse fornita nessuna prova che si fosse verificato un ulteriore evento o che Israele fosse responsabile di tale evento”. Anche le Forze di Difesa israeliane hanno categoricamente negato d’aver effettuato questo secondo attacco.

Errore n. 5: “Prendere di mira in modo sconsiderato (recklessly) siti noti per ospitare palestinesi sfollati…”

Di nuovo, come si è visto a proposito degli errori 1 e 2, l’attacco non era per nulla “sconsiderato” e non prendeva di mira siti che ospitano sfollati. Non sfugga, inoltre, il linguaggio contraddittorio. Da un lato, gli autori sostengono che l’attacco era “indiscriminato”, vale a dire condotto “a caso”. Poi affermano che era targeted “mirato” (sebbene indichino un target non vero).

Errore n. 6: “Anche se i leader israeliani ora sostengono che gli attacchi sono stati un ‘mistake’ (errore)…”

Nessuna autorità israeliana ha definito l’attacco un “errore”, vale a dire qualcosa che non andava fatto. Anche qui, gli “esperti” diffondono una falsità basata su una traduzione scorretta di un discorso tenuto dal primo ministro israeliano Netanyahu alla Knesset il 27 maggio (qui il video): la parola ebraica takala non significa “errore”, bensì “incidente” o “anomalìa”, cioè qualcosa che è andato storto. Non era un’ammissione di colpa né di responsabilità.

Errore n. 7: “Una sentenza storica della Corte Internazionale di Giustizia, che ha ordinato a Israele di fermare immediatamente l’offensiva militare…”

La Corte Internazionale di Giustizia non ha ordinato a Israele di fermare l’offensiva militare anti-Hamas nella città di Rafah. Ciò che la Corte ha detto è che Israele deve fermare ogni azione militare a Rafah “che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero provocarne la distruzione fisica, totale o parziale”. Questa è la parte vincolante dell’ordinanza. Per capirlo, basta vedere come si è espressa la stessa Corte a proposito del caso Ucraina/Russia, quando ha scritto: “La Federazione Russa sospenderà immediatamente le operazioni militari che ha iniziato il 24 febbraio 2022 nel territorio dell’Ucraina”. Punto. Senza nessun’altra specificazione. La sfilza di basilari errori di fatto mette in luce, come minimo, una mancanza molto preoccupante di reale competenza e professionalità in questi agenti delle Nazioni Unite. Il linguaggio demonizzante che si aggiunge a questi errori fattuali getta sulla loro dichiarazione l’ombra della malafede. Non contenti di dire semplicemente delle falsità sull’operato di Israele, gli agenti delle Nazioni Unite si adoperano per dipingere lo stato ebraico come un nemico dell’umanità. Israele, ci viene detto, è impegnato in “barbari attacchi… alla decenza umana e alla nostra collettiva umanità”. Vale a dire che lo stato ebraico si pone al di fuori della “decenza umana” e dell’”umanità” stessa. Dopodiché invocano la punizione dello stato ebraico per i peccati da loro denunciati che, ricordiamolo, mancano di qualsiasi fondamento reale sia di fatto che di diritto. Israele, affermano, “deve essere chiamato a rispondere” di “queste atrocità” e il mondo deve “sanzionare” e “fare pressione” su Israele affinché rinunci al suo diritto a difendersi contro l’organizzazione terroristica Hamas. Presa nel suo insieme, la dichiarazione è la migliore dimostrazione del perché i media e la Corte Internazionale di Giustizia, se vogliono essere considerati enti credibili, non possono fare affidamento acriticamente sulle dichiarazioni dei presunti “esperti” delle Nazioni Unite. Dopotutto, qui non si tratta di una dichiarazione rilasciata da uno o due di loro: è stata firmata da oltre 50 “esperti” delle Nazioni Unite. In altre parole, 52 esperti delle Nazioni Unite non si sono presi la briga di verificare le loro dichiarazioni e non si sono fatti scrupolo di diffondere menzogne sullo stato ebraico. I giornalisti farebbero bene a stare in guardia: quando sono alla ricerca di fonti competenti attendibili, le Nazioni Unite non sono il posto dove cercare. (Da: jns.org, 2.6.24)

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