Riprendiamo da LA REPUBBLICA di oggi, 30/05/2024, a pag. 4, con il titolo "Obiettivo Krasnodar. L’Ucraina vuole colpire basi e logistica oltre il confine russo" l'analisi di Gianluca Di Feo.
I missili di giugno prenderanno il posto dei “Cannoni di agosto”? Il celebre libro di Barbara Tuchman descrive l’incoscienza con cui l’Europa diede inizio alla Prima Guerra Mondiale: è la lettura che durante la crisi di Cuba ha fatto capire a John Fitzgerald Kennedy quanto fosse facile scivolare in una tragedia immane. Oggi le linee rosse tracciate per impedire che il conflitto ucraino si allarghi a uno scontro tra Russia e Occidente stanno vacillando. La pressione sulla Casa Bianca continua ad aumentare e c’è la sensazione che presto Washington si schiererà sulla posizione di Londra e Parigi, permettendo l’impiego di armi devastanti contro il territorio russo. Il problema è capire quanto in profondità questi attacchi verranno lanciati. L’unico riferimento sui nuovi limiti può essere tentato analizzando le parole pronunciate dal presidente Macron: bisogna consegnare a Kiev «missili a medio e lungo raggio per neutralizzare le riserve sul territorio ucraino e le zone da cui partono gli attacchi». Il primo punto — bersagliare le aree dove il Cremlino concentra le sue forze — rappresenta un aumento quantitativo ma non qualitativo: vengono assaltate già ora da un vasto arsenale ucraino, a cui contribuiscono sul Donbass e nei dintorni di Mariupol anche ordigni americani ed europei. Molto più difficile definire il secondo caveat: «Colpire le zone da cui partono le azioni di Mosca». La mappa esibita da Macron e Scholz nella conferenza stampa congiunta mostra la regione di Belgorod, quella da cui viene condotta l’offensiva contro Kharkiv. Gli ucraini tirano contro quella zona ondate di razzi e droni, con una capacità distruttiva limitata che non ha ostacolato le manovre del Cremlino. I generali di Putin hanno elaborato tattiche innovative, mandando avanti soprattutto fanteria con pochi mezzi corazzati, e questo fa temere che ci siano ancora reparti massicci pronti a mettersi in marcia. La situazione sul campo sembra essere stata tamponata dai rinforzi ucraini e da oltre una settimana i successi russi paiono essersi arenati davanti al fuoco incrociato dei reparti scelti. Per ottenere questo risultato il comando di Kiev hadovuto sguarnire il resto del fronte: nel Donbass come a Zaporizhzhia ci sono preoccupanti segnali di logoramento. L’unica soluzione per dare sollievo all’esercito ucraino è stroncare l’avanzata contro Kharkiv martellando la rete logistica che alimenta l’armata russa. Questo significa distruggere depositi di munizioni e carburante, caserme e concentrazioni di tank ben oltre Belgorod, spingendo la pioggia di ordigni verso Voronez, grande centrale militare sovietica. I missili Atacms, consegnati in numeri crescenti dagli Stati Uniti, sono stati progettati per questo compito: alcuni hanno una testata che penetra nel cemento dei bunker; altri un’ogiva cluster che semina 900 granate sull’obiettivo. Il video di un recente raid contro una batteria missilistica testimonia un effetto infernale: chilometri di terreno inceneriti, senza dare scampo a macchine e uomini. Non è tutto. Il presidente Zelensky ha indicato quale è lo strumento più incisivo che oggi apre la strada agli invasori: le bombe planantisganciate dagli aerei. Ha parlato di tremila ordigni piovuti in un mese. Le più diffuse sono da mezza tonnellata, alcune sono grandi il triplo e sbriciolano interi palazzi. I Sukhoi le gettano da oltre dieci chilometri di distanza, senza temere i piccoli missili terra-aria tipo Stinger: solo i Patriot potrebbero fermarli, ma l’Ucraina ne ha pochi, relegati a proteggere metropoli, fabbriche e infrastrutture strategiche. E non si può sperare neppure nell’esordio dei caccia F-16 — i primi sono attesi il prossimo mese — che all’inizio rischiano di avere vita dura contro la rediviva aviazione russa. Ecco che la priorità per Kiev è fermare questo incubo ma l’unico modo è assalire i jet negli aeroporti. Gli Storm Shadow regalati da Gran Bretagna, Francia e — su scala ridotta — dall’Italia lo stanno già facendo sulla Crimea. Questi missili scagliati dagli aerei hanno una portata di quasi 500 chilometri e vennero progettati alla fine della Guerra Fredda proprio per crivellare piste e hangar. Inoltre hanno un sistema di guida che riconosce i profili del suolo e quindi non viene accecato dalle contromisure elettroniche russe. Le basi dei bombardieri però sono sparse intorno a Krasnodar, a Rostov, a Millerovo. Zone da cui partono gli attacchi contro l’Ucraina e perciò secondo le parole di Macron possono diventare obiettivi leciti. Aggredirle significa portare il conflitto nel cuore del consenso putiniano, in città dove il nuovo Zar ha distribuito lavoro e benessere. Cosa accadrebbe se — per un errore o perché deviato dalla contraerea — un missile occidentale sventrasse un condominio nel pieno della notte? Come reagirebbe Putin davanti alle immagini di una strage di civili causata da uno Storm Shadow o da un Atacms? Agli ucraini non interessa: vivono questo orrore da due anni e mezzo, hanno messo in conto persino l’eventualità di una bomba nucleare tattica. Un rischio che gli analisti della Nato continuano a escludere. C’è un elemento però da tenere presente: il tempo a disposizione del Cremlino per raggiungere una vittoria si consuma velocemente ed entro due mesi gli aiuti americani ed europei ribalteranno i rapporti di forza. Un fattore che potrebbe spingere Putin a osare l’impensabile.
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