Sangue, orrore, morte: eroine in divisa. Quel fotogramma che cambia la guerra
Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale
Data: 24/05/2024
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Sangue, orrore, morte: eroine in divisa. Quel fotogramma che cambia la guerra

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 24/05/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Sangue, orrore, morte: eroine in divisa. Quel fotogramma che cambia la guerra".


Fiamma Nirenstein

Le soldatesse rapite a Nahal Oz da Hamas. Le hanno prese, dopo averle violentate brutalmente, umiliate e filmate. Il video che è stato riscoperto questa settimana mostra tutto l'orrore commesso dai terroristi il 7 ottobre. E anche la dignità e il coraggio delle vittime israeliane.

Ogni giorno quando, ormai, da sette mesi la radio alle 6 di mattina, annuncia “È permesso comunicare che…” e si dice il nome di un giovane ucciso in battaglia, è una contrazione dell’anima, il suono di un metallo accartocciato. In un Paese così piccolo, molti sono amici o parenti. Ma da mercoledì si è aperta una ferita ignota con i brani di filmato con le ragazze della base militare di Nahal Oz, insanguinate e brutalizzate, eppure civili, coraggiose, composte davanti alla minaccia definitiva, nelle mani di quei giovani nazisti, a metà fra l’estasi religiosa (si buttano per terra a pregare violentando e uccidendo) e una patetica eccitazione famelica nell’avere nelle mani le ragazze di cui fare scempio. A lato, è uscito anche il film del giovane di Hamas che racconta senza scomporsi come, insieme con suo padre e suo zio ha violentato e poi ucciso. Gaza questo produce, questo esce dalla cultura palestinese.

Il film sulle ragazze è stato mostrato seguendo le indicazioni delle famiglie, non si vedono i corpi senza vita, né ciò che le prigioniere vedono, ovvero la strage delle compagne. Le cinque ancora nelle mani di Hamas sono Liri, Karina, Agam, Daniela, Naama (quella che dice “ho amici in Palestina”, cercando di comunicare agli assassini il suo impegno nel dialogo, una storia vera quanto paradossale adesso), ma a decine sono state macellate e violentate sul posto. Dalle 7 di mattina fino alle una, solo due soldati volontari mentre l’esercito versava nella maggiore confusione arrivarono a cercare di salvare le ragazze.  Adesso, dall’orrore e dalla pena del film nascono due domande ed esse riguardano tutto il mondo. Che cosa si deve fare quando il nemico mostra una crudeltà e una determinazione che rompe ogni regola, ogni speranza di dialogo? Le famiglie dei rapiti in gran parte chiedono la trattativa fino in fondo, a tutti i costi, in molti sono per la fine della guerra (una posizione che nel Paese però coinvolge poco più del 30 per cento).

Dall’altra parte, la convinzione è che solo con la pressione delle armi Hamas possa essere costretta a cedere gli ostaggi, che altrimenti sono lo scudo inaccessibile di Sinwar.  È ciò che ha detto ieri il ministro Gallant dalla spiaggia di Gaza: siamo a Rafah, combattiamo, il confine con l’Egitto (lo Tzir Philadelphi) è quasi tutto nelle nostre mani. Piegheremo i mostri e recupereremo gli ostaggi. Anche Netanyahu ripete che la guerra deve andare fino in fondo, e intanto però spiega con intento diplomatico agli USA e all’UE che non ha nessuna intenzione di occupare Gaza: questo, dice non piace a certi suoi alleati di governo ma non mi importa. Biden raccoglie. Probabilmente, al fondo, c’è la percezione strategica che da Hamas non ti viene nulla e tantomeno dall’Iran suo alleato: oltre ad avere dichiarato il suo scandalo per l’ICC, che equipara Bibi a Sinwar, ha cambiato tono su Rafah: Israele ha spostato più di un milione di persone e dopo aver detto che Netanyahu non aveva un piano credibile, adesso dichiara che “Israele ha cambiato i suoi piani, e ha incorporato molte delle nostre osservazioni”.

Dunque, nonostante le accuse insensate delle organizzazioni onusiane di usare la fame come arma, continua il grande lavoro per fornire aiuti umanitari. Però, sotto la superficie, c’è anche l’idea che Hamas deve essere levato di mezzo, perché ostacola ogni piano. Qui, la dissonanza europea sullo Stato palestinese, un regalo che indebolisce la battaglia e la trattativa e fa gioire Sinwar. I tre ambasciatori di Spagna Irlanda e Norvegia sono stati invitati dal ministro degli esteri Israel Katz a vedere da lui il film sulle ragazze rapite. Ma ora sono convinti, di fronte al sangue, all’indottrinamento violento, che uno stato palestinese è prematuro, un pericoloso premio a Hamas? Probabilmente no. E oggi i giudici dell’ICJ, devono decidere se dichiarare Israele genocida e chiederle di cessare la guerra. Dopo avere, si spera, visto, il film su Nahal OZ.  È mai possibile una simile perversione?

 

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