Il macellaio di Teheran, morto uno se ne farà un altro, contro Israele e Occidente
Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale
Data: 21/05/2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Il macellaio di Teheran, morto uno se ne farà un altro, contro Israele e Occidente

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 20/05/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Il macellaio di Teheran, morto uno se ne farà un altro, contro Israele e Occidente".


Fiamma Nirenstein

Ebrahim Raisi. Morto il presidente iraniano se ne eleggerà un altro uguale. Il regime di Teheran non cambia, resta nelle mani degli ayatollah che vogliono imporre comunque la legge coranica a suon di condanne a morte e all'estero vogliono la guerra contro Israele e l'Occidente.

Morto Raisi, se ne fara un altro. Quasi uguale. Con politiche internazionali e interne identiche a quelle che hanno travolto il Medio Oriente e hanno tenuto il popolo iraniano soggetto alle norme religiose più strette. Si può vedere così il domani geopolitico che si configura già in queste ore dopo la morte di Ebrahim Raisi e dell’attivo ministro degli esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian, insieme agli altri sull’elicottero di ritorno dall’Azerbajan. Già nelle quindici ore di ricerca dei resti degli uomini di stato iraniani, ore drammatiche in cui si sapeva solo nebbia e freddo, l’Ayatollah Khamenei ha mobilitato le Guardie della Rivoluzione a protezione delle zone e degli edifici sensibili mentre tuttavia la soddisfazione della gente cercava di emergere, subito soffocata, con canti e fuochi d’artificio. Ma, al solito, la gente dell’Iran non ha ricevuto dal mondo nessun deciso segnale di sostegno. Al contrario si è levato un coro delle espressioni di sostegno all’Iran fra cui forse la più bizzarra quella dell’IAEA, l’agenzia atomica che ha avuto innumerevoli corpo a corpo con quel Paese il cui maggiore obiettivo è da decenni la bomba e che ormai l’ha quasi confezionata alla faccia specialmente dell’Agenzia stessa, che ha tenuto persino un minuto di silenzio alla sua assemblea.

Le fanno eco le sentite condoglianze dell’ONU, dell’Unione Europea, di Putin, della Cina addoloratissimi, di numerosi Paesi che dimostrano così solo quanta paura faccia l’Iran oggi. La grande strategia di attacco all’Occidente e in primis della distruzione di Israele è stata con sapienza incatenata alla strategia della conquista islamista del Medio Oriente, in cui Suleimani seppe aprire lo Stato sciita a alleanze sunnite indispensabili alla conquista del terreno circostante Israele. Hamas è stato il prescelto nell’educazione all’eccidio, col 7 di ottobre cui l’Iran ha dato grande spinta militare e ideologica. L’Iran si è reso un alleato prezioso anche con l’abilità nella costruzione di droni e altre armi per la Russia.

E se Raisi, morendo lascia in piedi soprattutto la costruzione oppressiva interna col suo soprannome “ il macellaio di Teheran” con la biografia legata dagli anni ‘80 alla decine di migliaia di esecuzioni prima di prigionieri di guerra iracheni, poi di dissidenti, e con la sua persecuzione omicida contro le donne “mal velate”… nei due anni in cui è stato Ministro degli esteri Amir Abdollahian, un allievo diretto di Qassem Suleimani ha costruito un’autostrada di rapporti internazionali imperniati sull’odio antioccidentale bel gestito. Capace di dotto eloquio anche in arabo, ha forgiato un rapporto innovativo con l’Arabia Saudita per strapparla al disegno americano di farne un pilastro di rinnovati Patti di Abramo. La politica Raisi-Abdollahian è la storia di due fautori della linea dura con oasi colloquiali e diplomatiche per, evitando l’escalation improvvisa (per esempio con gli Hezbollah), consentire un comodo sentiero di conquista. Da una parte  gli incontri con gli americani in Oman di cui l’ultimo la settimana scorsa fra Brett Gurk, responsabile  per la Casa Bianca del Medio Oriente, e inviati di Teheran; dall’altra l’eccidio programmato del 7 di ottobre. Il progetto iraniano di decostruzione di Israele è una lunga strada di lungo dominio dei movimenti politici militarizzati del mondo arabo. L’IRGC ha una metodologia che combina potere militare e paramilitare, fornisce denaro e addestramento, e che ha portato l’influenza e il potere di Teheran in Libano (gli Hezbollah  hanno 250mila missili), Yemen, Gaza, Siria, Iraq, West Bank. L’idea del regime è che coi continui attacchi la vita in Israele diventi insostenibile, e che intanto la grande bandiera islamista che è l’odio per Israele divenga irresistibile.

L’investimento molto importante del paese sciita nella causa palestinese, cuore della Fratellanza Musulmana, crea uno spazio internazionale islamista, cui fa da scenario la pioggia di missili balistici su Gerusalemme, che provoca un applauso sonoro come quello che si è potuto notare ieri nelle parole appassionate dedicate da Erdogan all’incidente di Raisi. Non ci sono ragioni di immaginare un cambiamento di rotta: si può strologare sull’interesse che aveva il figlio di Khamenei a diventare il successore di suo padre: ora che Raisi è morto se non succede qualcosa il popolo iraniano avrà questo regalo. Niente di nuovo all’orizzonte. Solo la possibilità che in tempi molto brevi, dato che nessuno ha il coraggio di opporsi sul serio, l’Ayatollah potrà dare ordini di presentare al mondo la sua nuova bomba atomica, nuova di zecca.

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