Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'articolo tradotto dal Times of Israel dal titolo "L’inviata Onu sulla violenza sessuale non partecipa al briefing del Consiglio di Sicurezza dedicato agli ostaggi di Hamas".
Pramila Patten, rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, si è ritirata da una sessione in programma giovedì al Consiglio di Sicurezza in cui avrebbe dovuto parlare degli ostaggi deportati a Gaza da Hamas il 7 ottobre. Lo ha detto martedì un diplomatico dell’Onu citato da Times of Israel.
Gli inviti all’evento, organizzato dalla rappresentanza americana presso le Nazioni Unite, sono stati inviati la settimana scorsa ai membri del Consiglio di Sicurezza. Secondo Times of Israel, che li ha potuti vedere, la sessione è intitolata “Condanna della presa di ostaggi in Israele il 7 ottobre come strumento psicologico del terrorismo”.
Patten, la rappresentante speciale delle Nazioni Unite le cui competenze corrispondono maggiormente al tema trattato, appare nell’invito come il primo dei tre relatori, insieme a un rappresentante della società civile e a un ostaggio israeliano rilasciato o un parente di un ostaggio.
Ma nella versione aggiornata dell’invito – tecnicamente “concept notes” – inviata ai membri del Consiglio di Sicurezza lunedì (anche questa visionata da Times of Israel), il nome di Patten non compare più tra i relatori.
Un diplomatico delle Nazioni Unite ha spiegato, a condizione di restare anonimo, che il ritiro di Patten non è dovuto a problemi di agenda. Il diplomatico ha fatto capire che la decisione è dovuta a ragioni politiche, giacché l’ufficio di Patten ha subito forti pressioni affinché non desse preminenza alla condizione degli ostaggi israeliani rispetto a quella della popolazione palestinese intrappolata nel guerra contro Hamas a Gaza.
Martedì pomeriggio, l’ufficio di Patten ha rilasciato una dichiarazione in cui si conferma che la rappresentante speciale non parteciperà alla sessione di giovedì del Consiglio di Sicurezza, senza peraltro fornire una motivazione.
La nota sottolinea che Patten ha “ripetutamente chiesto il rilascio di tutti gli ostaggi”, e mette in evidenza il rapporto pubblicato da Patten a marzo nel quale si rilevava che vi sono “informazioni chiare e convincenti” che indicano che gli ostaggi tenuti in cattività a Gaza siano sottoposti a “violenza sessuale stupro compreso, torture sessuali, trattamenti crudeli inumani e degradanti”.
L’ufficio di Patten ricorda che il rapporto è stato presentato al Consiglio di Sicurezza in una sessione speciale il mese scorso e che nel frattempo Patten ha continuato a dialogare con le famiglie degli ostaggi. “La rappresentante speciale – si legge nella nota – non ha mai tentennato sulla sua posizione e il suo impegno ad agire tenendo sempre a mente il migliore interesse degli ostaggi e delle loro famiglie e a non agire mai, circa questa questione, basandosi su questioni politiche. Anche se purtroppo non può partecipare all’incontro [di giovedì], la rappresentante speciale sostiene qualsiasi iniziativa che porti al rilascio degli ostaggi”.
Secondo il diplomatico Onu citato da Times of Israel, gli organizzatori si stanno adoperando per garantire la presenza di un altro alto funzionario delle Nazioni Unite che parli ai membri del Consiglio di Sicurezza al posto di Patten.
Le violenze sessuali nella cattura degli ostaggi da parte di Hamas è stato discusso dal Consiglio di Sicurezza il mese scorso, ma la missione statunitense ha organizzato la sessione di giovedì per aumentare la consapevolezza sulla questione. L’ambasciatrice statunitense all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha più volte criticato la comunità internazionale per non aver prestato sufficiente attenzione alla terribile condizione dei restanti 132 ostaggi nelle mani dei terroristi e ai crimini perpetrati da Hamas. L’incontro, si legge nell’invito, “sarà incentrato sulla richiesta che Hamas e gli altri gruppi armati rilascino immediatamente e incondizionatamente tutti gli ostaggi detenuti a Gaza” (cosa che, fra l’altro, porrebbe termine ai combattimenti in corso).
L’incontro “mirerà ad evidenziare l’impatto psicologico e sanitario a lungo termine della cattura di ostaggi non solo sulle persone sequestrate, ma anche su quelle rimaste, e cercherà quindi di individuare le misure che il Consiglio di Sicurezza può intraprendere per contrastare e scoraggiare la cattura di ostaggi e l’utilizzo dell’abuso fisico ed emotivo e dell’angoscia mentale come tattiche terroristiche. I partecipanti discuteranno come promuovere un accesso immediato, per gli attori umanitari o gli intermediari neutrali, in modo che possano assistere le persone detenute da attori non-statali, compresi i gruppi terroristici, e come sostenere gli sforzi per informare le famiglie sulle condizioni di salute e sul luogo in cui si trovano i loro familiari”.
L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Gilad Erdan, ha accolto con favore l’iniziativa della sessione di giovedì, confermando che Gerusalemme si è adoperata dietro le quinte perché si tenesse quella che sarà la prima sessione del Consiglio di Sicurezza focalizzata esclusivamente sugli ostaggi sequestrati e deportati da Hamas (l’incontro del mese scorso riguardava anche i palestinesi arrestati da Israele per terrorismo).
“Il Consiglio sarà finalmente costretto a guardare negli occhi il sequestrato Shoshan Haran e la madre dell’ostaggio defunto Jonathan Samerano – ha affermato Erdan in una nota – e dovrà rendersi conto che Israele non si fermerà finché gli ostaggi non saranno rilasciati, e che il destinatario corretto su cui esercitare pressioni è la mostruosa organizzazione terroristica Hamas”.
La sessione, presieduta dalla rappresentanza degli Stati Uniti, è stata co-sponsorizzata dalle missioni all’Onu di Albania, Austria, Belgio, Canada, Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Ungheria, Israele, Italia, Malta, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Romania, Spagna e Regno Unito.
(Da: Times of Israel, 14.5.24)
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