Zan si fa autogol sui diritti arcobaleno
Commento di Salvatore Dama
Testata: Libero
Data: 16/05/2024
Pagina: 6
Autore: Salvatore Dama
Titolo: Zan si fa autogol sui diritti arcobaleno

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/05/2024, a pag. 6, con il titolo "Zan si fa autogol sui diritti arcobaleno" il commento di Salvatore Dama

Salvatore Dama
Alessandro Zan. Secondo il suo commento alla classifica di Rainbow Map 2024, l'Italia, con il governo Meloni "sprofonda", e in fatto di diritti Lgbt siamo quarto mondo. In realtà l'Italia, rispetto al precedente governo (con il PD) ha perso una sola posizione. Insomma, siamo sempre nella parte bassa della classifica. E questo è vero. Ma non c'è una differenza sostanziale con il governo Meloni rispetto al passato. Ricordiamo Zan,quando si è recato a Gaza per portare soldarietà a Hamas, lui omosessuale a Hamas che gli omosessuali li ammazza!

Un paese del quarto mondo. Dove i diritti della comunità arcobaleno vengono calpestati. E i gay inseguiti per strada. Più o meno è il quadro della situazione descritto dalla sinistra italiana. E stavolta l’assist è fornito dalla pubblicazione della Rainbow Map 2024, la classifica dei Paesi europei più attenti ai diritti. Ebbene, con il governo Meloni, è un disastro, dice Alessandro Zan: «Sempre più in fondo. Nella mappa ILGA 2024 l’Italia sprofonda 36esima, sempre più vicina a quei Paesi che fanno delle discriminazioni e delle violenze contro la comunità Lgbtqia+ delle precise politiche. Questo è il risultato della crociata contro i diritti del governo Meloni».
È così? In realtà il deputato dem, paladino dei diritti e firmatario del ddl contro l’omotransfobia, si perde qualche passaggio. Il concetto di «sprofondare» è un filo severo. Perché, quando al governo c’era il Pd, con i governi Conte 2 e Draghi, l’Italia era al 35esimo posto. Appena una posizione sopra. Insomma il Belpaese ha sempre orbitato nella parte bassa della classifica. Addirittura dietro l’Ungheria di Orban, secondo criteri di giudizio un attimo discutibili, ma dopo li vediamo.
Alle critiche di Zan, si aggiungono quelle di Carolina Morace: «Da cittadina italiana mi vergogno che il nostro Paese non riconosca i diritti più elementari ai suoi cittadini a prescindere dal loro orientamento sessuale come, per esempio, il matrimonio egualitario, il riconoscimento legale dei bambini o una legge contro l’omofobia». La candidata del Movimento 5 Stelle non lo sa perché all’epoca non c’era. Ma ai tempi del governo Conte 1, nel 2019, l’Italia era al 37esimo posto della Rainbow Map. Peggio di oggi. Anche perché, nel frattempo, pur avendo un governo “omofobo”, il rating italiano è migliorato. Passando dal 19,4 di cinque anni fa al 25,4 di oggi.
Non sapendo, Morace picchia duro: «Davanti a queste verità scomode l’Unione europea non può girarsi dall’altra parte perché i cittadini italiani sono anche cittadini europei. Se eletta lotterò in Europa per far avanzare la nostra società: non possiamo permetterci cittadini di serie A e cittadini di serie B. Basta discriminazioni».
Poi è vero: finora il governo Meloni non è intervenuto sul tema dei diritti. Né ampliando, né reprimendo.
Esattamente come hanno fatto i suoi predecessori. E le maggioranze che si sono alternate in Parlamento.
Un balzo in avanti, nella classifica, l’Italia l’avrebbe fatto approvando il ddl Zan. Ma i dem, all’epoca, non accettarono di discutere le modifiche proposte dagli altri partiti. Preferendo nessuna legge a un compromesso. Va anche detto che la compilazione della graduatoria si basa più sulle leggende metropolitane che sui fatti. Esempio: una categoria che incide sul giudizio verso l’Italia è il divieto delle terapie di conversione. Cioè quando, per esempio, i genitori considerano l’omosessualità una malattia da curare e si rivolgono a uno specialista, tipo uno psicologo, per “guarire” un figlio.
Qui c’è un malinteso. Perché è vero che in Italia non c’è una legge che regoli la materia, però le cosiddette “terapie riparative” sono vietate dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi e dalla Società italiana di psicologia. Quindi, di fatto, il problema è stato affrontato e risolto. Non con la legge, ma con il codice deontologico della categoria chiamata in causa. Ma quelli che compilano le mappe lo sanno?

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