Nelle università dilaga la Tendifada
Cronaca di Massimo Sanvito
Testata: Libero
Data: 15/05/2024
Pagina: 4
Autore: Massimo Sanvito
Titolo: La Tendifada all'università. Il chiostro diventa moschea

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 15/05/2024, a pag. 4, con il titolo "La Tendifada all'università. Il chiostro diventa moschea", la cronaca di Massimo Sanvito

Tende dei pro-Pal all'Università di Milano. Come negli Usa sta diventando una forma di occupazione in tutte le università italiane. Due sono i collanti che tengono compatto il composito magma studentesco: l’amore verso l’islam e l’odio verso le forze dell’ordine.

Un ragazzo corpulento ragazzo, barba folta e capelli raccolti in uno chignon, stende un tappetino in mezzo al prato occupato da ormai quasi una settimana e si piega in preghiera per Allah. Il chiostro principale diventa una moschea a cielo aperto. È un’enclave filo-islamica la Statale di Milano.
Giovani ragazze velate, non tutte studentesse dell’ateneo ma gravitanti nell’orbita dei Giovani Palestinesi (organizzazione presentissima nelle università da nord a sud), sono in prima linea. Nei cortei e nelle assemblee. È la tendifada in salsa meneghina.
E dopo i primi cinque giorni piatti, ora qualcosa bolle in pentola. Il blitz potrebbe essere solo questione di ore. In mezzo all’accampamento, la levata di mani alla proposta di occupare anche le aree interne all’università diventa un plebiscito. I collettivi, Cambiare Rotta e Rebelot in testa, fiancheggiati dai soliti noti della galassia antagonista, vogliono prendersi tutta la Statale. I corridoi, gli atri, le aule.
«Dobbiamo alzare l’asticella», arringa l’assemblea un ragazzo che indossa la maglia dello storico centro sociale Cantiere. «Entrare con le tende va bene ma non basta: dobbiamo organizzare dibattiti e laboratori nelle aule. Perché lo abbiamo visto: abbiamo dato fastidio quando abbiamo occupato l’aula magna».
Prepotenza e sistematico sprezzo delle regole. L’assemblea che chiude l’ennesima giornata di tensioni- con tanto di corteo dentro e fuori l’università al grido di “Palestina libera dal fiume al mare” e “Intifada fino alla vittoria”; la targa apposta in memoria di Refaat Alareer, “accademico, poeta e attivista palestinese” ucciso a dicembre, e i manifesti elettorali delle sigle universitarie rivali strappati (probabilmente brucia ancora ai giovani comunisti di Cambiare Rotta il misero 2 per cento raccolto alle recenti elezioni universitarie); la contestazione, con conseguente cacciata dal Senato Accademico, e i giovani con la kefiah a mo’ di passamontagna che si arrampicano sulle eleganti strutture dei chiostri interni per issare bandiera palestinese - è l’occasione per organizzare la presa della Statale.
«Io non frequento questa università», spiega un ragazzo.
«Ma se vogliamo entrare dobbiamo essere di più: serve gente da fuori. E perché non proviamo a prenderci anche la Cattolica? Non è facile: lì ci sono i badge...». Al momento, sono oltre cento le tende presenti e circa 200 i duri e puri della rivolta.
Il dibattito si accende.
«Dobbiamo studiarla bene, per evitare di essere sgomberati subito. Magari prendiamoci qualche giorno, senza troppa fretta, per essere più efficaci. Io non occuperei stasera...», propone una ragazza dai capelli rossi. «Possiamo passare dall’ingresso della mensa. In ogni caso, vanno monitorati tutti gli accessi», avanza un altro agitatore della tendifada.
Ma c’è spazio anche per le lamentele. «Se siamo sempre gli stessi a fare i turni notturni di controllo finisce che ci stanchiamo e non va bene. Prendiamoci tutti le nostre responsabilità», si sfoga una ragazza.
Due sono i collanti che tengono compatto a prescindere il composito magma studentesco: l’amore verso l’islam e l’odio verso le forze dell’ordine. La digos osserva tutto da lontano. Sono loro, insieme ai celerini, i nemici numero uno dell’intifada studentesca. «Sarà un giorno migliore quando ci saranno più alberi e meno sbirri», dice un ragazzo. Qualcuno indossa pure una maglietta che riporta l’equazione che trasuda disprezzo per le divise.
Non solo.
C’è anche un cartoncino che indica la “Halal zone” con a fianco il muso di un maiale che indossa un cappellino blu in testa con sopra scritto “Police”. La carne halal prediletta dai musulmani in contrapposizione con l’accezione dispregiativa dei suini, trasfigurati nei poliziotti.
Ogni minuto, ora, può essere quello buono per orchestrare il blitz. E chissà che quei volantini apparsi sui muri della Statale - “Cosa aspettate ad occuoare l’università? Con quello che sta accadendo nel mondo. Noi 34 anni fa la occupammo a lungo, per molto meno” non abbiamo dato la spinta decisiva.
Inconfondibile quella pantera nera stilizzata, simbolo dell’omonimo movimento studentesco che fece proseliti tra gli anni ’80 e gli anni ’90 durante le contestazioni alla riforma universitaria dell’allora ministro Antonio Ruberti.
Oggi come allora, per gli agitatori travestiti da studenti, è sempre questione di soldi. Oltre tre decenni fa protestavano contro il via libera ai finanziamenti privati alle università; ora contestano gli accordi di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani.
C’è sempre qualcosa per chiudere i libri e okkupare...

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