Riprendiamo oggi, 15/05/2024, dal CORRIERE della SERA, a pag. 2, con il titolo "Esercitazioni e spese militari L’Estonia pronta ad andare in prima linea", l'analisi di Paolo Salom.
Paolo Salom
«Siamo pronti», dicono in Estonia gli uomini e le donne che indossano una divisa. E non è una questione di numeri. Il più settentrionale tra i Paesi baltici, un milione e trecentomila cittadini, ha un esercito che per i nostri standard è più simile a una gendarmeria: 7.700 soldati dei quali 3.500 sono di leva.
Eppure non c’è esitazione ora che l’Ucraina appare in palese difficoltà di fronte all’avanzata dei nemici russi sul fronte di Kharkiv. Il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente estone Madis Roll ha detto che il governo sta discutendo «seriamente» la possibilità di inviare truppe in Ucraina occidentale.
Secondo il consigliere del presidente, Tallinn sta ora analizzando il potenziale dispiegamento e preferirebbe farlo come parte di una missione Nato «per dimostrare forza e determinazione».
La piccola Estonia in prima linea contro il gigante russo? «Le discussioni sono in corso», ha detto ancora Roll. «Dovremmo valutare tutte le possibilità anche se la nostra idea è di mandare truppe nelle retrovie» per liberare i soldati ucraini e permettere loro di rafforzare il fronte. E ha dichiarato che «non è impensabile» che le nazioni della Nato contrarie a tale mossa cambino idea «col passare del tempo».
Il senso di questa uscita, che ha innescato da una parte allarme (la stessa proposta avanzata dal francese Macron di recente aveva provocato l’immediata presa di distanza di alleati Nato come l’Italia) e dall’altra la solidarietà dei vicini baltici e di Polonia e Finlandia, pronti tutti a inviare truppe «se Kiev ce lo chiede», è con buona probabilità legato al crescente timore che Mosca abbia in serbo altre sorprese contro i diretti vicini occidentali.
Quel che si respira nei Palazzi della capitale estone, spazzata da venti gelidi nonostante la primavera inoltrata, è la «quasi certezza» che il Cremlino guardi ai territori perduti, per la seconda volta nel giro di un secolo, come province da recuperare piuttosto che come Paesi — e popoli — fieri della propria indipendenza. Per questo le spese militari, in Estonia, hanno raggiunto il 3,4% del Pil.
I cittadini affiancano i militari esercitandosi alla possibile guerra indossando la mimetica ogni weekend e custodendo in casa le armi personali: sono 230 mila i riservisti (uomini e donne) dei quali quasi 40 mila possono essere mobilitati in poche ore.
Da Mosca la risposta non si è fatta attendere. Se i Paesi occidentali vogliono risolvere il conflitto ucraino intervenendo sul campo di battaglia, «Mosca è pronta», ha fatto sapere il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, forte della sua riconferma al vertice della diplomazia del Cremlino.
Nel gioco (pericoloso) delle parti si inserisce la Storia con i suoi precedenti. Gli estoni, tra il 1918 e il 1920 hanno combattuto la loro guerra di indipendenza da Mosca, appena conquistata dai bolscevichi, riuscendo a sconfiggere un’Armata Rossa agli esordi e già impegnata essa stessa nella lotta per la sopravvivenza contro i Bianchi coadiuvati dagli occidentali.
Nel 1940, dopo vent’anni di libertà, le forze armate baltiche si arresero alle truppe di Stalin, non avendo alcuna possibilità di contrastarle. Dopo l’arrivo dei nazisti (1941) e il ritorno dei sovietici (1944), sarebbero dovuti passare quasi cinquant’anni prima di ritrovare la libertà. Comprensibile che a Tallinn ci si prepari al peggio.
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