Riprendiamo da BET Magazine-Mosaico di maggio 2024, a pag. 20, con il titolo "Shammah: Io non mi arrendo. E mi batto con la forza delle parole", l'intervista di Ilaria Myr ad Andrée Ruth Shammah.
«La cultura è sempre stata una dimensione di minoranza, con la funzione di pungolo della società, non rappresenta l’idea della maggioranza. E oggi molti comportamenti e opinioni del mainstream mi convincono ancora di più di quanto sia importante continuare a essere minoranza. Come donna di teatro, io combatto con le parole, in difesa della verità e dei fatti». Parla con la sua nota schiettezza e chiarezza Andrée Ruth Shammah, fondatrice e direttrice artistica del Teatro Franco Parenti, realtà culturale tutta milanese nata 51 anni fa in un ex cinema abbandonato su iniziativa di un gruppo di giovani intellettuali appassionati – oltre alla Shammah, Franco Parenti, Giovanni Testori, Dante Isella, Miro Silvera -, e diventata negli anni un punto di riferimento culturale nel panorama cittadino, nazionale e internazionale. Un compleanno importante quello dei 50 anni, caduto nel gennaio 2023 e festeggiato con eventi, spettacoli e il docu-film Scarrozzanti e spiritelli – 50 anni di vita del Teatro Franco Parenti (sulla storia del Teatro Franco Parenti e dei suoi 50 anni di direzione), che ha celebrato gli importanti traguardi raggiunti e la sua trasformazione negli anni. Oggi quell’ex cinema è infatti una grande struttura con cinque sale – una inaugurata da poco –, a cui si connette la grande area dei Bagni Misteriosi (ex piscina Caimi), con una piscina all’aperto, una palazzina con spazi espositivi e performativi, una terrazza, una galleria – spogliatoi, un ristorante, un campo da tennis, realizzati grazie all’investimento del Gruppo Bolton.
Un polo di riferimento unico. Da anni il Franco Parenti offre spettacoli, dibattiti, presentazioni di libri e film per tutta la cittadinanza, fornendo anche occasioni di riflessione sui temi caldi di attualità con pensatori e opinionisti di fama internazionale: la guerra in Ucraina, la rivoluzione delle donne in Iran, la minaccia del terrorismo per l’Occidente sono solo alcuni degli argomenti affrontati. E dal 7 ottobre 2023 anche i massacri perpetrati dai terroristi di Hamas nel sud di Israele e l’antisemitismo che ne è scaturito in tutto il mondo. Proprio per denunciare il colpevole silenzio delle associazioni in difesa delle donne sul femminicidio di massa compiuto sulle israeliane quel tragico sabato, Andrée Ruth Shammah è stata fra le promotrici di una petizione che ha raccolto più di 20.000 firme. A fine gennaio, poi, il teatro ha organizzato diversi appuntamenti sull’antisemitismo e l’odio per Israele: la presentazione del libro Il nemico ideale di Nathania Zevi, la lettura scenica di Salomon Shylock di Mario Diament, una versione del Mercante di Venezia di Shakespeare ambientata nell’epoca fascista; e poi la presentazione di Setteottobre, l’associazione nata dall’iniziativa di un gruppo di persone del mondo culturale (una delle quali è la stessa Shammah), che hanno sentito l’obbligo morale di agire davanti alla demonizzazione di Israele, all’antisemitismo delle piazze e al negazionismo circolante sui quei tragici fatti.
Fin dall’inizio lei ha espresso indignazione nei confronti di ciò che è successo il 7 ottobre e quello che ne è derivato. Che cosa la spinge a farlo?
Io difendo la verità e i fatti, e quello che è stato il 7 ottobre, un attacco terroristico contro civili innocenti, è incontestabile. E mi batto per fare conoscere questi fatti, con le armi che come donna di teatro mi appartengono, cioè le parole. Certamente c’è chi mi ha criticato per queste posizioni, chi mi scrive “dirò ai miei studenti di non venire a vedere gli spettacoli al suo teatro” e a cui rispondo “peccato per loro, si perdono uno spettacolo interessante”. Ma da anni che c’è chi chiede il boicottaggio del mio teatro tacciandolo di essere “l’avamposto del sionismo” semplicemente perché mettiamo in scena spettacoli di autori israeliani. Ovviamente dopo il 7 ottobre questa tendenza è aumentata, in parallelo con la crescita dell’antisemitismo, e io, che sono dichiaratamente ebrea, sono un bersaglio molto facile.
Donna, ebrea, che prende apertamente posizione per quei valori e idee che considera giusti. Deve essere molto doloroso e faticoso…
Lo è, ma io non mi arrendo, e vado avanti per la mia strada, a testa alta e schiena diritta, nella convinzione che oggi più che mai sia necessario fare capire la verità, e cioè che quella che viene strappata nelle manifestazioni pro-Palestina non è la bandiera di Israele, ma quella della cultura. Che se per attaccare Israele si difende Hamas, si parteggia per chi picchia le donne senza velo in Iran, per chi vuole una guerra Santa. Che si calpestano insomma tutti quei valori occidentali per cui si è tanto combattuto anche in Italia. Quello che è spaventoso è vedere tanti giovani che ripetono slogan di cui non conoscono il significato, che non sanno che dietro Hamas c’è l’Iran, e che in atto è la sfida all’Occidente. Io sono dalla parte dei dissidenti iraniani, cui dedicheremo presto uno spettacolo, sono contro l’invasione russa in Ucraina, e guardo con orrore e preoccupazione chi semplifica la realtà e quello che è successo il 7 ottobre. Io cerco di parlare ai milanesi, a tutta la cittadinanza, anche a chi la pensa diversamente e che sostiene posizioni che mi addolorano, spesso ideologiche. Sono convinta che solo cercando il dialogo e il confronto si possa ragionare insieme e capirsi.
Quanto è difficile per lei fare cultura in un’epoca in cui dominano ignoranza e pressapochismo?
Molto, ed è anche triste. Ma la cultura è sempre stata una minoranza. Del resto, noi ebrei siamo una minoranza, e non dobbiamo preoccuparci di non essere amati da tutti: non lo siamo mai stati! Quindi, per me che sono donna di teatro ed ebrea, certo che è difficilissimo fare cultura, ma non per questo non può essere il senso di una vita. Ho il privilegio di fare quello in cui credo, di fare un lavoro meraviglioso, con un teatro che ho messo in piedi con passione e a cui continuo a dare l’anima, investendo molto anche economicamente in questo progetto. Sono un privato cittadino, senza tessere di partito, che ha deciso di creare una cosa pubblica, di fare un grande regalo alla città di Milano. Sono una cittadina italiana, milanese, e anzi, con quello che ho donato alla mia città mi sento più milanese di tanti altri milanesi!
Che sogni ha per il futuro del suo teatro?
Stiamo finendo gli ultimi lavori, con la realizzazione di una nuova sala, un giardinetto e una piazzetta. Una specie di cittadella della cultura: spero vivamente che nel prossimo triennio possa diventare sostenibile economicamente. Perché deve potere continuare a regalare a tutta la cittadinanza di Milano occasioni di dialogo, riflessione, emozione e cultura.
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