Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/05/2024, a pag. 26, con il titolo "Israele, il sogno della convivenza", il commento di Meir Ouziel.
Meir Ouziel
Questo è un Giorno dell’Indipendenza senza precedenti per Israele. Lo Stato ebraico, che era indipendente fino a quando Tito non conquistò e distrusse Gerusalemme nel 70 d.C., è stato ricostruito 76 anni fa. Agli ebrei che avevano continuato a vivere per generazioni nella terra promessa, come la mia famiglia, si sono aggiunti nei secoli gli ebrei scappati dai Paesi arabi e quelli dell’esilio europeo e, dalla sua fondazione nel 1948, lo Stato ha continuato a progredire, nonostante le difficoltà. Israele ha sempre celebrato il Giorno dell’Indipendenza all’ombra di temibili minacce, ma l’atmosfera di festa quest’anno è senza precedenti. Ci sono persino israeliani che sostengono che quest’anno sia vietato festeggiare.
In diverse città, il sindaco ha condotto un sondaggio per capire come comportarsi. Quasi ovunque la risposta è stata: festeggiamenti modesti, senza cantanti famosi sui palchi e soprattutto senza fuochi d’artificio.
L’anno trascorso dal precedente Giorno dell’Indipendenza si divide per gli israeliani in due periodi: prima e dopo il 7 ottobre. I massacri e i rapimenti di israeliani, neonati, bambini, ragazze, donne, uomini e anziani, insieme alla disfatta militare che ha generato questa tragedia, hanno spezzato la sensazione di sicurezza che avvolgeva il vecchio Israele, dando vita a un nuovo Israele, un Paese ferito, dolente, che sta ancora cercando di adattarsi alla nuova realtà. Israele sa che per riportare la situazione allo stato originale deve per forza combattere. E non è facile. Dal 7 ottobre, da quando Israele è entrato in guerra contro l’organizzazione terroristica Hamas per ottenerne la resa, sono già stati uccisi oltre 250 soldati israeliani. È un prezzo enorme e la guerra non è ancora finita, Hamas non si è ancora arreso nonostante le perdite subite tra le e nonostante la sofferenza indicibile della popolazione nella Striscia di Gaza.
Questo Giorno dell’Indipendenza è diverso anche perché decine di migliaia di israeliani lo celebreranno fuori casa, in un albergo. Non perché sono in vacanza, ma perché il governo li ha evacuati dalle loro case al confine della Striscia di Gaza, e al confine Nord con il Libano, da dove un’altra organizzazione terroristica, Hezbollah, spara missili ininterrottamente da ottobre per cercare di uccidere quanti più israeliani possibile. Un Giorno dell’Indipendenza trascorso in un hotel perché non puoi stare a casa tua non è una cosa normale.
Ed è un giorno triste perché gli israeliani sono sconvolti dalla reazione del mondo occidentale, che dovrebbe essere umano e umanista.
“La Palestina sarà libera!” gridano i manifestanti nel mondo libero, ma sembra non abbiano tempo per gridare, o ascoltare, o capire ciò che segue: quella Palestina sarà allora libera dalla libertà, dai gay, dal femminismo, dal pluralismo, dall’umanesimo, dai diritti umani.
“Dal fiume al mare!” urlano i manifestanti, ma non hanno il tempo di gridare, né di ascoltare, né di dedurre il seguito: dal fiume al mare, la Palestina che sorgerà sarà una terribile dittatura islamica. Dal fiume al mare, la Palestina sarà un inferno per gli esseri umani.
Nel 76° anno dalla sua fondazione, Israele è accusato di genocidio, anche davanti alla Corte dell’Aja, quando la verità è che Israele vuole sin dalla nascita solo maggiore benessere per i palestinesi: dalle fabbriche di proprietà israeliana-palestinese al confine della Striscia di Gaza, alle iniziative di dialogo per la comprensione reciproca, dalle cure mediche alla formazione agricola e altro ancora. I padri fondatori del sionismo volevano che la rinascita nazionale dopo duemila anni di Diaspora avvenisse nel segno della convivenza con i popoli arabi. Mentre, dall’altra parte, in troppi ignorano che il genocidio degli ebrei è un sogno palestinese e arabo, nonché dell’Iran.
Una volontà di distruzione che è stata ben testata meno di un mese fa con il lancio di centinaia di missili e droni in una sola notte dall’Iran verso Israele.
Nella cerimonia in cui ogni anno vengono scelti 12 israeliani eccellenti per accendere una fiaccola in onore dello Stato quest’anno ci sarà anche Yousef Haddad, un giovane ed energico arabo israeliano, 38 anni di Nazareth, attivo sui social media per cercare di spiegare Israele al mondo, in inglese e in arabo, affrontando con coraggio odio e pregiudizi.
Israele ha già attraversato momenti difficili, e in questi momenti cerco sempre di scrivere con un po’ di umorismo ottimista, per guardare al futuro. Di fronte a questa nuova tragedia, guardo ai prossimi 50 anni e mi sento di descrivere un futuro Medio Oriente di pace, in cui la Presidente della Libia con la sua compagna al fianco si congratuleranno con Israele in occasione del Giorno dell’Indipendenza. Dobbiamo credere che un giorno simile arriverà, in cui vivremo in un Medio Oriente di amore e di diritti umani per tutti.
(Traduzione di Sharon Nizza)
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