Riprendiamo da LIBERO di oggi, 13/05/2024, a pag. 10, con il titolo "Anche l'Egitto porta Netanyahu all'Aja. A Rafah comincia la bonifica dei tunnel" l'analisi di Maurizio Stefanini.
Maurizio Stefanini
Hamas ha un nuovo alleato, per quanto riluttante, ma più importante di Iran, Turchia o Russia.
Si tratta dell’Egitto che ieri tramite il suo ministero degli Esteri ha comunicato che sosterrà la causa del Sudafrica davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia. Se Al Sisi, il flagello della Fratellanza Musulmana si spinge a tanto nel sostenere Hamas che di quella Fratellanza è l’espressione palestinese, vuole dire che il Cairo teme l’attacco israeliano a Rafah come una minaccia per la propria stabilità.
L’Egitto ha anche messo in chiaro che la stessa operazione militare (e l’ondata di profghi che comporterebbe) metterebbe in discussione il trattato di pace che risale ai tempi di Sadat.
L’Egitto preme, ma anche Washington preme su Netanyahu. Ieri Blinken risponendo a una domanda in una intervista alla Cbs ha dichiarato che secondo gli Stati Uniti «a Gaza sono stati uccisi più civili che terroristi e c'è un divario fra le intenzioni di Israele e i risultati in termini di protezione dei civili». Ciò dopo aver spiegato che una grande offensiva israeliana a Rafah causerebbe «caos» e «anarchia», senza eliminare l'organizzazione terroristica. Il piano attualmente previsto da Israele a Rafah «rischia di causare danni enormi alla popolazione civile senza risolvere il problema», ha detto alla Cbs. «Ci saranno ancora migliaia di membri armati di Hamas anche con un intervento a Rafah. Abbiamo visto Hamas ritornare nelle zone liberate da Israele nel nord, anche a Khan Younis».
I media palestinesi riferiscono di nuovi combattimenti a Jabaliya, nel Nord di Gaza. Sabato, l’esercito israeliano aveva anticipato che si stava preparando a lanciare una nuova operazione nell’area, perché aveva osservato tentativi da parte di Hamas di riorganizzarsi ed era stato dato un ordine di evacuazione per l’area. Prima dell'azione, raid aerei «hanno colpito circa 30 obiettivi terroristici nell'area eliminando numerosi operativi della fazione armata», secondo un portavoce delle Forze Armate istraeliane.
Lo stesso a Rafah dove è stata localizzata e smantellata «una serie di imbocchi di tunnel». «In uno di questi sono stati uccisi 10 uomini armati di Hamas». Prosegue l'azione anche a Zeitun, sempre nel nord di Gaza. Complessivamente nelle ultime 24 ore sono «stati colpiti e distrutti oltre 150 obiettivi» delle fazioni armate in tutta la Striscia.
Per questo l'Amministrazione Biden minaccia di sospendere la consegna di alcune categorie di armi a Israele, compresi i proiettili di artiglieria, se Israele lanciasse una grande offensiva nella città all'estremo sud della Striscia di Gaza. «Abbiamo parlato con loro di un modo molto migliore per ottenere un risultato duraturo», ha spiegato. Ma sul punto si delinea un dissenso col governo di Londra, col ministro degli Esteri David Cameron secondo cui invece un embargo immediato sulla fornitura di armi a Israele non farebbe altro che «rafforzare» Hamas e non sarebbe una misura «sensata». Un portavoce delle Forze Armate israeliane in un video-messaggio risponde che l'avanza procede «come parte degli sforzi per ottenere una duratura sconfitta dei fondamentalisti e per portare a casa tutti i nostri ostaggi». «La nostra guerra è contro Hamas, non contro la popolazione di Gaza».
Sempre ieri due volontari di un’organizzazione medica privata sono stati arrestati al checkpoint di Ofer, vicino a Gerusalemme dopo aver tentato di infiltrare dei palestinesi in Israele. Lo scrive Ynet News, secondo cui i due, alla guida di un’ambulanza privata «Hadera», hanno tentato di evitare l’ispezione sostenendo che erano diretti verso il luogo di un incidente stradale. Dopo che le guardie di sicurezza al posto di blocco si sono rifiutate di far passare l’ambulanza, uno di loro che ha aperto la porta sul retro dell’ambulanza ha trovato otto palestinesi che non avevano il permesso di entrare in Israele.
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