La guerra di Gaza è al suo ultimo atto
Analisi di Antonio Donno
È difficile dire se la minoranza di origine ebraica, che vive da secoli negli Stati Uniti, voterà Biden alle prossime elezioni presidenziali di novembre, secondo la tradizione del voto ebraico che premia il Partito Democratico. Se una parte consistente degli ebrei americani, contraria alla politica di Biden fortemente critica nei confronti dell’iniziativa militare di Gerusalemme nella Striscia di Gaza, dovesse rinunciare a votare per il candidato democratico, si troverebbe di fronte ad una scelta improponibile: votare per il Partito Repubblicano, cioè per Trump. Una situazione, dunque, di estrema difficoltà politica per gli ebrei americani. L’elettorato democratico sosterrà Biden – a meno che una parte di esso non si sposti verso Trump per varie ragioni non inerenti la questione mediorientale, cosa alquanto improbabile –, ma gli ebrei che hanno sempre sostenuto il Partito Democratico potrebbero operare una scelta, se non favorevole a Trump, per un’astensione dal voto, il che egualmente danneggerebbe il Partito Democratico. Insomma, il voto presidenziale è un bel problema per gli ebrei americani.
A tutto ciò si deve aggiungere la posizione degli elettori democratici non-ebrei nei confronti delle posizioni di Biden assai critiche verso Netanyahu e il suo impegno a Rafah, ultimo baluardo dei terroristi di Hamas, che tengono in una condizione di ricatto continuo gli abitanti di Gaza. L’affermazione di Biden, secondo il quale l’appoggio americano a favore di Israele è “solido come una roccia” – affermazione espressa dopo i fatti del 7 ottobre –, si è progressivamente sgonfiata di ogni valore politico e umanitario, trasformandosi in un’espressione ipocrita in virtù delle posizioni successivamente assunte da Biden nei confronti della risposta di Israele all’eccidio del 7 ottobre.
Così, un recente sondaggio del “New York Times” ha rivelato che il 57% degli elettori americani non-ebrei critica il comportamento di Biden sella questione di Gaza. Inoltre – esito molto significativo del sondaggio – il 56% degli elettori bianchi sostengono Israele, mentre il 34% degli afroamericani mostrano simpatia per la causa palestinese. In sostanza, nei prossimi mesi Biden si troverà nella condizione di riportare tutto l’elettorato ebreo-americano sulle tradizionali posizioni filo-democratiche. Sia Biden, sia Blinken, il Segretario di Stato, hanno reiterato il concetto di non infierire sulla popolazione di Gaza da parte israeliana e di trovare una soluzione accettabile per la Striscia, una volta annientata Hamas. Un’affermazione di cocente contraddizione. Hamas considera gli abitanti di Gaza come “carne da cannone”, uno scudo di estrema utilità per costringere gli Stati Uniti e i Paesi europei a insistere con forza su Netanyahu perché non infierisca sulla popolazione. Ma come si fa a ripulire Gaza dai terroristi di Hamas se essi si celano proprio all’interno del centro abitato di Rafah? Biden e Blinken non danno una risposta a questa domanda. Non la danno, perché non sono in grado di darla, a meno che Israele non rinunci a eliminare definitivamente Hamas, il che significherebbe una terribile sconfitta di Israele di fronte ai suoi detrattori e al mondo arabo mediorientale, che ha aderito agli “Accordi di Abramo” e che spera nell’eliminazione totale di Hamas, sostenuta dall’Iran.
Proprio per non danneggiare la popolazione di Gaza, Israele sta procedendo a liberare Rafah e dintorni in modo progressivo e senza dar luogo a distruzioni sistematiche che colpirebbero la gente della città in modo pesante. Per questo motivo, Israele sta lanciando una grande quantità di volantini per incitare la popolazione a lasciare Rafah; in questo modo l’esercito israeliano avrebbe la possibilità di colpire Hamas anche nei suoi tunnel. Inoltre, così facendo, Netanyahu dimostrerebbe a Biden e soci la volontà di Israele di non colpire la gente di Gaza, per quanto sia possibile in una situazione di estrema densità abitativa.
Israele deve – deve – terminare vittoriosamente la guerra di Gaza con la presa di Rafah e l’eliminazione di Hamas. È un dovere verso i suoi figli trucidati il 7 ottobre e verso tutti gli abitanti di Israele, che vivono un momento difficile della storia del proprio Paese.
Antonio Donno