Riprendiamo da LIBERO di oggi 11/05/2024, a pag. 1/4, con il titolo "Gli studenti pro-Gaza? Non li vota nessuno", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Ore e ore di televisione. Capi-capetti-capesse perennemente collegati con talk-show e approfondimenti vari, con tanto di faccine ingrugnate e comizietti petulanti. Conduttori e conduttrici di sinistra in estasi che, vedendoli inquadrati, avrebbero interrotto pure l’ospite più autorevole: “Un momento, sentiamo i ragazzi in collegamento...”. In un paio d’anni, pure nei telegiornali, saranno andati in onda centinaia di servizi sulle loro proteste, su ogni loro singola chiassata, sui loro slogan ripetitivi quanto scontati. Almeno dall’autunno del 2022, hanno letteralmente imperversato: caos e aggressioni alla Sapienza, solidarietà all’ineffabile Cospito, piazzate assortite alla Statale di Milano, manifestazioni delle “tendine”, fino all’interminabile sequenza - dal 7 ottobre scorso fino a oggi - delle convocazioni pro Palestina (più spesso, direttamente anti Israele).
L’ULTRASINISTRA
Di chi stiamo parlando? Dei collettivi universitari di ultrasinistra “Cambiare Rotta”, denominazione ormai entrata nelle nostre teste, diventata perfino familiare per quante volte ce la siamo sentita ripetere. Come se si fosse trattato di un’organizzazione significativa, autenticamente rappresentativa, effettivamente radicata tra gli studenti.
Dopo di che arriva il momento magico della verità, e cioè il giorno delle elezioni universitarie e - puff! - il palloncino si sgonfia clamorosamente. Si è infatti votato alla Statale di Milano e, nel quadro di un’affluenza di per sé bassissima (13%, 7519 votanti su 58442 aventi diritto al voto), “Cambiare Rotta” ha rimediato una figuraccia memorabile: a quanto pare, appena 180 voti, una miseria, rimanendo così fuori dagli organi accademici, non riuscendo cioè a esprimere alcun rappresentante.
Morale: vincono sigle mai ospitate in tv, mentre i fenomeni mediatici inventati e pompati a supporto della sinistra vengono letteralmente asfaltati. Senza quorum, oltre che senza quid.
Questa istruttiva (e diciamolo: divertentissima) vicenda dovrebbe segnalarci almeno tre cose. La prima: sarebbe il caso, anche come cittadini, che ci occupassimo meno di queste minoranze inconsistenti e rumorose, e dedicassimo più attenzione all’immensa maggioranza degli studenti italiani che desiderano solo studiare, frequentare le lezioni, dare esami, crescere e cercare il proprio posto nel mondo. Non fanno casino, non strillano, non insultano: e però, tranne casi eccezionali, sono sistematicamente dimenticati da tutti.
La seconda: è insensato che i rettori e le autorità accademiche continuino a farsi dettare l’agenda o comunque a subire la pressione esercitata da gruppi - a questo punto è chiaro - che rappresentano a mala pena se stessi. E’ sufficiente consultare le agenzie di stampa dell’ultimo mese per ritrovare lanci nei quali si dà conto degli incontri accordati dai vertici accademici a queste sigle, o delle partecipazioni delle stesse massime autorità universitarie a eventi coordinati da studenti di questa fazione.
La terza: sarebbe bene che anche e soprattutto il sistema mediatico facesse una profonda riflessione autocritica. A che titolo è stata regalata a un pugno di arroganti senza seguito una immensa tribuna, una sconfinata possibilità di dettare l’agenda al Parlamento, al Governo, alle istituzioni?
ESPOSIZIONE MEDIATICA
Intendiamoci bene: non sto collegando la “notiziabilità” di persone o movimenti alla loro consistenza numerica. Può benissimo darsi che ci siano minoranze feconde (la storia ne è piena), o iniziative convocate da piccoli gruppi e tuttavia capaci di rappresentare sensibilità più ampie. Ma non è questo il caso: qui siamoed è patologia - dentro una specie di “dittatura mediatica delle minoranze”, con microgruppi che esistono solo in funzione della loro proiezione sui media. Anzi, al contrario, è solo l’iper-esposizione sui media a proiettarli, di riflesso, sulla realtà imponendo loro un minimo di presenza fisica: totalmente insufficiente, però, come la prova elettorale di questa settimana ha dimostrato in modo spettacolare. Il palloncino si è sgonfiato. Diciamolo meglio: è sempre stato sgonfio, nonostante il doping mediatico.
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