La resa dell’Occidente agli islamisti
Commento di Ayaan Hirsi Ali
Testata: Il Foglio
Data: 06/05/2024
Pagina: 10
Autore: Ayan Hirsi Ali
Titolo: La resa dell’occidente agli islamisti

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/05/2024, a pag. 10, l'analisi di Ayaan Hirsi Ali dal titolo: "La resa dell’occidente agli islamisti".

Perché Ayaan Hirsi Ali è diventata cristiana
Ayaan Hirsi Ali contro la pacificazione delle democrazie noi confronti dellI'Islam, nelle nostre democrazie, si sta inserendo un pericoloso fondamentalismo islamico 

Nei primi cinque mesi dopo la proclamazione della fatwa, Salman Rushdie dovette cambiare casa in Gran Bretagna ben 56 volte, e anche quando si trasferì negli Stati Uniti, ebbe comunque bisogno di una guardia del corpo” scrive Ayaan Hirsi Ali sul Mail on Sunday. “E’ stata un’esperienza estenuante con la quale ho potuto profondamente provare empatia, poiché come critica schietta del fondamentalismo islamico, io stessa ho dovuto trascorrere più di due decenni sotto protezione ufficiale. Come nel caso di Rushdie, le minacce non sono mai diminuite. Ad oggi, ho una sicurezza 24 ore su 24 e il tentato omicidio di Rushdie dimostra quanto ne abbia ancora bisogno. Dopo la notizia dell’incidente del 2022, ero allo stesso tempo inorridita e spaventata. Se gli islamici radicali sono riusciti a colpire Salman sul suolo americano, sarei stata io la prossima? Ma mi sono ispirata anche all’avvertimento di Rushdie di non arrendersi agli estremisti. Dopo l’11 settembre scriveva: ‘Come sconfiggere il terrorismo? Non essere terrorizzato. Non lasciare che la paura governi la tua vita, anche se hai paura’. Egli vive eroicamente secondo queste parole dal 1989. Ma, sfortunatamente, lo stesso non si può dire delle classi politiche in occidente. Ricordate la rabbia che esplose nel mondo musulmano quando ‘I versi satanici’ fu pubblicato per la prima volta – e ai deboli tentativi di difendere la democrazia liberale occidentale di fronte ad essa. Questo avrebbe dovuto essere il momento in cui politici, media e istituzioni pubbliche si unissero nella risoluta difesa della libertà di parola, uno dei pilastri della nostra civiltà. Invece, troppi leader si sono fatti intimoriti davanti ai bruciatori di libri. L’allora arcivescovo di Canterbury George Carey diede il tono con il suo patetico belato sulla ‘profonda offesa’ causata ai musulmani, una linea ripresa anche dall’allora vice leader del partito laburista Roy Hattersley, che chiese il divieto del tascabile. La furia contro Rushdie ha raggiunto anche la capitale keniota Nairobi, dove ero adolescente e vivevo sotto l’influenza dei radicali islamici che controllavano la nostra moschea locale e gestivano la nostra scuola. Il fondamentalismo di questi insegnanti è stato alimentato dalle borse di studio concesse loro dai regimi dell’Arabia Saudita e dell’Iran, che volevano creare un vasto califfato musulmano che si estendesse attraverso il medio oriente, l’Europa e l’Africa. Quindi, nella mia ingenuità giovanile, bruciavo libri insieme ai miei compagni di classe. Beh, in realtà non abbiamo bruciato il libro di Rushdie perché non potevamo permettercelo, quindi abbiamo scritto il titolo e il nome dell’autore su un pezzo di cartone e lo abbiamo bruciato. Ripensandoci, fu un gesto sciocco e infantile, ma all’epoca eravamo mortalmente seri. Ricordo con un brivido che nel mio fanatismo mi vantavo della promessa dell’ayatollah di punire gli infedeli. Tuttavia, subito dopo ho iniziato il mio viaggio lontano dal radicalismo e verso l’abbraccio delle libertà occidentali. Nel 1992, per sfuggire a un matrimonio forzato, ho chiesto asilo nei Paesi Bassi e, dopo aver ottenuto l’approvazione della mia richiesta e dopo aver svolto una serie di lavori umili fino a padroneggiare l’olandese, sono diventata studentessa di Scienze politiche all’Università di Leiden, che mi ha aperto gli occhi sulle idee dell’Illuminismo europeo, del pluralismo e dei diritti umani. Di conseguenza, ho iniziato a mettere in discussione ogni aspetto della mia fede senza compromessi, che vedevo sempre più come intollerante, ignorante, reazionaria e oppressiva. Ciò che mi ha particolarmente colpito nei Paesi Bassi è stato il modo in cui gli imam radicali hanno sfruttato la generosa ospitalità degli olandesi ma non hanno mai mostrato alcuna gratitudine mentre continuavano le loro furiose denunce dell’occidente. In effetti, era una profonda ironia che la tradizione stessa della libera espressione occidentale consentisse a questi chierici di essere molto più espliciti di quanto non lo fossero nelle loro terre natali, dove i governi autocratici avrebbero potuto annientare i presunti piantagrane. E quando le Torri Gemelle crollarono a New York nel 2001, la mia prospettiva cambiò per sempre. Ero esasperata per le giustificazioni date ai terroristi da parte di così tanti commentatori occidentali liberali che hanno attribuito il massacro alla ‘politica estera americana’, o all’’eredità del colonialismo’, o al trattamento dei palestinesi o alla deprivazione economica – una spiegazione palesemente falsa, dato che la mente delle atrocità, Osama bin Laden, era uno degli uomini più ricchi e privilegiati dell’Arabia Saudita. Essendo stata radicalizzata in gioventù, sapevo che l’ideologia religiosa era di gran lunga il fattore più importante. E’ stato un argomento che ho sostenuto sulla stampa, in televisione e, dal 2003, come membro del Parlamento olandese. Ciò ha portato a una maggiore condiscendenza da parte di accademici e politici liberali che amavano dire che la questione islamista era ‘complessa’ o ‘sfumata’ o ‘sottile’. Ma erano loro che si abbandonavano a un pio desiderio. Non c’era niente di ‘sottile’ nell’uccisione del mio amico, il coraggioso artista e regista Theo Van Gogh nel 2004, che aveva denunciato la misoginia dell’Islam. Il suo assassino, Mohammed Bouyeri, non solo tentò di decapitarlo ma gli appuntò anche una lettera sul petto. C’era scritto che sarei stata la prossima. Ho dovuto nascondermi, ma questo non mi ha impedito di viaggiare negli Stati Uniti, dove ho incontrato Salman Rushdie per la prima volta. Era divertente e affascinante ma anche determinato quando parlava di coraggio. Come scrisse una volta Winston Churchill – che ebbe un’acuta comprensione dell’Islam sin dai suoi giorni vittoriani come soldato in India e Sudan – un ‘pacificatore è colui che dà da mangiare a un coccodrillo, sperando che lo mangi per ultimo’. Purtroppo, il valore di Churchill e Rushdie è mancato troppo spesso in occidente. Negazione e illusione sono state le nostre parole d’ordine. La capitolazione è stata mascherata da ‘inclusione sociale’. Il patetico impulso alla pacificazione ha consentito all’estremismo musulmano di prosperare tra noi, riflettendosi nel lungo elenco di incidenti terroristici, nell’ondata di antisemitismo in tutta l’Europa occidentale, nello sviluppo di comunità separate complete di rigidi codici di abbigliamento e tribunali informali della sharia, nel predominio di predicatori intransigenti nelle moschee, le reti di scuole di madrasse che promuovono un’interpretazione quasi medievale dell’Islam, la tacita accettazione da parte della burocrazia dei matrimoni combinati e della poligamia e l’introduzione di fatto di leggi sulla blasfemia in nome della lotta al ‘discorso di incitamento all’odio’. Tutto ciò è stato ulteriormente alimentato dall’immigrazione di massa su una scala senza precedenti, trasformando la demografia delle società europee e accelerando l’islamizzazione della Gran Bretagna e del continente. L’impatto di questa politica di pacificazione può essere visto nel recente sondaggio del think tank anti-estremismo Henry Jackson, che ha scoperto che il 52 per cento dei musulmani britannici vuole che sia un reato mostrare un’immagine del profeta Maometto, mentre un terzo sostiene apertamente l’introduzione della sharia. Sarebbe stato impensabile nella Gran Bretagna di solo pochi anni fa che un insegnante di Batley, nel West Yorkshire, dovesse nascondersi per paura della sua vita perché una folla di fascisti teocratici si opponeva al suo materiale didattico per una lezione di studi religiosi, ma tale settarismo è ormai comune. L’insegnante in questione, uno stimato professionista, aveva discusso con i suoi alunni della spaventosa strage di Charlie Hebdo avvenuta a Parigi nel 2015, quando 12 persone furono uccise dai terroristi dopo che la rivista satirica aveva pubblicato una vignetta di Maometto. La saga di Batley incarna i nostri tempi sottosopra, in cui gli attivisti musulmani si atteggiano contemporaneamente a vittime oppresse e allo stesso tempo alimentano un clima di paura e intimidazione. Mentre centinaia di migliaia di donne coraggiose in Iran protestano contro il copricapo islamico, a Sandwell, nelle Midlands occidentali, gestita dai laburisti, è stata eretta un’enorme scultura di una donna musulmana in abiti tradizionali. ‘La forza dell’hijab’ è il titolo di questo pezzo di propaganda teocratica che non dovrebbe avere posto in Gran Bretagna. Lo stesso Rushdie ha recentemente affermato: ‘Se considero la mia vita passata nei paesi occidentali, credo che la libertà di espressione e di pubblicazione non sia stata mai così minacciata come in questo momento’. Ha ragione. E’ profondamente deprimente pensare che nessun editore tradizionale oggi pubblicherebbe ‘I versi satanici’”. 

(traduzione di Giulio Meotti)

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it