Mauro Zanon
«La fermezza è e continuerà a essere totale». Il messaggio del governo francese, ieri mattina, si è concretizzato con lo sgombero degli attivisti pro-palestinesi di Sciences Po Parigi, che da una settimana avevano trasformato la scuola delle élite parigine in un accampamento anti-israeliano, al grido di “Israele assassino” e “Stop al genocidio”. L’espulsione degli irriducibili, una novantina, è iniziata attorno alle 11,30 per mano dei Crs, i poliziotti antisommossa. «Jean Bassères (amministratore ad interim di Sciences Po, ndr) ha chiamato la polizia. E ci ha dato un ultimatum di venti minuti per uscire», in ragione dello «svolgimento degli esami lunedì, che devono essere preparati a partire da domani», ha dichiarato ai giornalisti Hicham, rappresentante del Comité Palestine, ossia del collettivo di facinorosi che perturba il funzionamento dell’istituto di rue Saint-Guillaume. In un comunicato pubblicato ieri pomeriggio, la direzione di Sciences Po Paris ha dichiarato di essere consapevole della «portata di questa decisione», dicendosi profondamente di dispiaciuta «che i molteplici tentativi di dialogo non abbiano consentito di evitarla». «La priorità è che l’anno universitario possa terminare normalmente», si legge nel documento. Giovedì, nel principale anfiteatro di Sciences Po, ribattezzato «aula Gaza» e lì dove alcune settimane fa una studentessa ebrea era stata cacciata al grido di «vattene sionista!», era stato organizzato un confronto tra Jean Bassères e le associazioni studentesche pro-palestinesi.
Queste ultime hanno chiesto all’amministrazione di rompere qualsiasi rapporto tra Sciences Po e le università israeliane, considerate «complici del genocidio di Netanyahu», proponendo un gruppo di lavoro che indaghi sulle relazioni tra l’istituto di studi politici parigino e Israele. Non è prevista «nessuna messa in discussione» dei rapporti con gli atenei israeliani, ha affermato Bassères alla fine del dibattito. Nessun passo avanti, dunque. E nonostante lo sgombero di ieri, non è escluso che l’occupazione possa riprendere. Lunedì scorso, Valérie Pécresse, presidente dell’Île-de-France, ha annunciato la sospensione di «tutti i finanziamenti regionali destinati a Sciences Po Paris fino a quando la serenità e la sicurezza non verranno ripristinate».
Sul suo account X, l’esponente gollista ha invocato un “sussulto d’autorità” dinanzi agli attivisti pro-palestinesi che tengono in ostaggio l’istituto e gli altri studenti: “Una minoranza di radicalizzati che diffonde odio antisemita ed è strumentalizzata dalla France insoumise (il partito della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, ndr) e dai suoi alleati islamo-goscisti non può dettare la propria legge all’intera comunità educativa”.
Sull’Express, 500 studenti ed ex studenti, professori e membri della comunità di Sciences Po, hanno scritto una lettera aperta per denunciare i militanti pro Palestina e i loro metodi, che impediscono il normale svolgimento delle lezioni. La prima risposta è arrivata ieri, ma con tutta probabilità non basterà. A metà settembre, inoltre, ci sarà la nomina del nuovo direttore, che avrà il compito delicatissimo di ricompattare Sciences Po e ripulirne l’immagine, dopo le dimissioni di Mathias Vicherat, l’ex direttore costretto a farsi da parte in ragione delle accuse di violenze domestiche verso la sua compagna.
Tra i papabili, figura l’ex ministra socialista dell’Istruzione Najat Vallaud-Belkacem e l’ex ministro macronista della Sanità Aurélien Rousseau.
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