La polizia sgombera l’Ateneo di Parigi: in Italia cosa fa?
Cronaca di Mauro Zanon
Testata: Libero
Data: 04/05/2024
Pagina: 2
Autore: Mauro Zanon
Titolo: La polizia sgombera l’Ateneo di Parigi

Riprendiamo LIBERO di oggi, 04/05/2024, pag. 2, con il titolo "La polizia sgombera l’Ateneo di Parigi", la cronaca di Mauro Zanon

Mauro Zanon
Mauro Zanon

Fermezza. La polizia francese ha sgomberato il picchetto all'università di Scienze Politiche di Parigi. Università d'élite, da sempre considerata la fucina della classe dirigente della Francia, da una settimana era occupata dai collettivi pro-Palestina. Domanda: perché in Italia, il governo Meloni non si comporta come Macron.

«La fermezza è e continuerà a essere totale». Il messaggio del governo francese, ieri mattina, si è concretizzato con lo sgombero degli attivisti pro-palestinesi di Sciences Po Parigi, che da una settimana avevano trasformato la scuola delle élite parigine in un accampamento anti-israeliano, al grido di “Israele assassino” e “Stop al genocidio”. L’espulsione degli irriducibili, una novantina, è iniziata attorno alle 11,30 per mano dei Crs, i poliziotti antisommossa. «Jean Bassères (amministratore ad interim di Sciences Po, ndr) ha chiamato la polizia. E ci ha dato un ultimatum di venti minuti per uscire», in ragione dello «svolgimento degli esami lunedì, che devono essere preparati a partire da domani», ha dichiarato ai giornalisti Hicham, rappresentante del Comité Palestine, ossia del collettivo di facinorosi che perturba il funzionamento dell’istituto di rue Saint-Guillaume. In un comunicato pubblicato ieri pomeriggio, la direzione di Sciences Po Paris ha dichiarato di essere consapevole della «portata di questa decisione», dicendosi profondamente di dispiaciuta «che i molteplici tentativi di dialogo non abbiano consentito di evitarla». «La priorità è che l’anno universitario possa terminare normalmente», si legge nel documento. Giovedì, nel principale anfiteatro di Sciences Po, ribattezzato «aula Gaza» e lì dove alcune settimane fa una studentessa ebrea era stata cacciata al grido di «vattene sionista!», era stato organizzato un confronto tra Jean Bassères e le associazioni studentesche pro-palestinesi.
Queste ultime hanno chiesto all’amministrazione di rompere qualsiasi rapporto tra Sciences Po e le università israeliane, considerate «complici del genocidio di Netanyahu», proponendo un gruppo di lavoro che indaghi sulle relazioni tra l’istituto di studi politici parigino e Israele. Non è prevista «nessuna messa in discussione» dei rapporti con gli atenei israeliani, ha affermato Bassères alla fine del dibattito. Nessun passo avanti, dunque. E nonostante lo sgombero di ieri, non è escluso che l’occupazione possa riprendere. Lunedì scorso, Valérie Pécresse, presidente dell’Île-de-France, ha annunciato la sospensione di «tutti i finanziamenti regionali destinati a Sciences Po Paris fino a quando la serenità e la sicurezza non verranno ripristinate».
Sul suo account X, l’esponente gollista ha invocato un “sussulto d’autorità” dinanzi agli attivisti pro-palestinesi che tengono in ostaggio l’istituto e gli altri studenti: “Una minoranza di radicalizzati che diffonde odio antisemita ed è strumentalizzata dalla France insoumise (il partito della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, ndr) e dai suoi alleati islamo-goscisti non può dettare la propria legge all’intera comunità educativa”.
Sull’Express, 500 studenti ed ex studenti, professori e membri della comunità di Sciences Po, hanno scritto una lettera aperta per denunciare i militanti pro Palestina e i loro metodi, che impediscono il normale svolgimento delle lezioni. La prima risposta è arrivata ieri, ma con tutta probabilità non basterà. A metà settembre, inoltre, ci sarà la nomina del nuovo direttore, che avrà il compito delicatissimo di ricompattare Sciences Po e ripulirne l’immagine, dopo le dimissioni di Mathias Vicherat, l’ex direttore costretto a farsi da parte in ragione delle accuse di violenze domestiche verso la sua compagna.
Tra i papabili, figura l’ex ministra socialista dell’Istruzione Najat Vallaud-Belkacem e l’ex ministro macronista della Sanità Aurélien Rousseau.

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