Il problema delle università
Commento di David Elber
Collettivi studenteschi pro-Palestina nell'Università della Pennsylvania, una delle prestigiose accademie americane lautamente finanziate da paesi arabi. I finanziamenti hanno condizionato i corsi di studi in tutte le maggiori università americane, contribuendo all'ondata di anti-sionismo. Lo stesso sta accadendo in Europa.
Uno degli aspetti più gravi che la guerra di Gaza ha prodotto è, senza dubbio, l’esplosione dell’antisemitismo universitario. Ma come si è potuto giungere a questo? Le radici di questo pericoloso fenomeno sono molto profonde. La guerra, che Israele sta combattendo in risposta all’eccidio compiuto dai palestinesi il 7 ottobre, è solo il pretesto per dar sfogo ad un antisemitismo feroce che covava da anni e che ormai è diventato “accettabile” anche tra le “élite culturali”.
Delle molteplici cause di questo temibile fenomeno, qui ne vedremo una in particolare: l’enorme flusso di denaro che dai paesi arabi sono giunti nelle università di entrambe le sponde dell’oceano Atlantico, in particolar modo negli USA e in Gran Bretagna. Questo è un problema che è stato – ed è – sottostimato e praticamente sconosciuto all’opinione pubblica.
Il finanziamento delle università (per prime quelle americane) da parte dei paesi arabi esportatori di petrolio, è iniziato a partire dalla metà degli anni ’70 quando, il vertiginoso aumento del costo del petrolio, ha dotato i paesi arabi di immense risorse economiche da investire nei paesi Occidentali. Un po' alla volta le università sono diventate un prestigioso target di investimento con un preciso fine: plasmare poco alla volta i centri di formazione dei futuri quadri dirigenti pubblici e privati. Con questo preciso obiettivo sono stati “inventati” corsi di storia del Medio Oriente o interi dipartimenti di studi mediorientali che, nel corso degli anni, hanno completamente alterato gli avvenimenti storici del vicino oriente fino a creare un’autentica realtà storica parallela. Il primo esempio, che ha fatto scuola, di questo nuovo corso di “studi” è ben rappresentato da Edward Said e dal suo “orientalismo” che ha plasmato e alterato completamente gli avvenimenti storici mediorientali con il preciso intento di criminalizzare Israele in un modo accettabile in Occidente: accusandolo di colonialismo e di razzismo. L’enorme successo da lui ottenuto, ha portato nuovi e giganteschi investimenti per aumentare la propaganda antiebraica, nelle università, trasformandola in plausibili “corsi di studi”. In questo modo si è potuto mutare, a livello accademico, il non più accettabile antisemitismo stereotipato in antisionismo, per poterlo così riaccogliere a braccia aperte. In Europa il processo è stato simile, silente e altrettanto pericoloso. Qui, una figura di rilievo è stata, per almeno due decenni, Tarek Ramadan (nipote di Hasan al-Banna fondatore della fratellanza musulmana) giunto ad un livello di popolarità che lo ha portato ad essere il consulente personale di Tony Blair quando era primo ministro e di svariate commissioni del parlamento europeo. È utile ricordare che i suoi corsi di studi islamici sono finanziati dal Qatar e da altre monarchie del Golfo.
La costante, pervasiva e capillare alterazione dei fatti storici relativi ad Israele e al popolo ebraico operata da tanti cattivi maestri camuffati da docenti, si è ulteriormente stratificata con il pretesto della “questione palestinese”. Anche in questo caso, operando una scientifica alterazione dei fatti si è confezionato un prodotto intellettualmente “seduttivo”: l’eterno vittimismo di un popolo, quello palestinese, che, nella realtà, non ha mai voluto trovare un compromesso con il popolo ebraico ma nel tempo è assurto a vittima di ogni sopruso che il genere umano possa concepire. In questo modo ad ogni guerra o scontro che vedeva Israele aggredito dagli attacchi arabi, la propaganda dei docenti e del sempre maggior numero di studenti, trasformava l’aggredito in aggressore in tutte le manifestazioni studentesche. Questa deriva ha assunto nel corso degli anni, nei campus universitari, dimensioni e articolazioni sempre più profonde ad ogni successivo scontro militare. Oltre a ciò, da più di vent’anni in molte università americane (e non solo), si assiste, ogni anno, alla “apartheid week” contro Israele e alla sua inesistente discriminazione degli arabi. Ormai anche l’accusa di apartheid è diventata, in moltissime università, una certezza fattuale e chi la contrasta viene accusato di razzismo ed è persino aggredito fisicamente.
La somma dei corsi di storia alterata, dei deliri accusatori di razzismo e apartheid, di vittimismo palestinese, ha portato ad un’ondata di violenza fisica e verbale nei confronti degli studenti ebrei e al boicottaggio delle università israeliane (cosa mai proposta neanche per quelle russe, iraniane, cinesi o saudite). Il culmine – per adesso – è stato raggiunto durante un’audizione del Congresso americano nel quale tre rettrici di prestigiosissime università americane (Harvard, MIT e Pennsylvania U.) a precisa domanda sull’ondata di antisemitismo nelle loro università hanno risposto che “l’antisemitismo è lecito in base al conteso”. Questa ignobile risposta mette in luce che, come negli anni ’30, l’antisemitismo è ridiventato parte integrale della cultura universitaria e “civile” e perciò non desta più scandalo, anzi è ridiventato lecito.
A tutto questo si è associato, nel corso degli anni, una drastica riduzione o perifno alla cancellazione, in numerose università, dei corsi relativi alla Shoah o sull’antisemitismo, per non “infastidire” i numerosi alunni musulmani.
Tutto questo è potuto accadere grazie, soprattutto, ai numerosi finanziamenti arabi. Ma quando si parla di finanziamenti del Qatar, di Arabia Saudita e di altre monarchie del golfo, di che cifre si parla? Inoltre, questi finanziamenti sono sempre tracciati e visibili nei bilanci universitari? Non sempre è facile trovare dati certi forniti dalle università, soprattutto tra quelle europee. In ogni caso un lavoro di ricerca meticoloso, tra i dati forniti dal Dipartimento dell’educazione americano, è stato compiuto dall’analista e scrittore Mitchell Bard,. Le sue ricerche hanno evidenziato che i paesi arabi, nel periodo dal 1986 al 2022, hanno finanziato le università americane per oltre 10 miliardi di dollari. Di questi oltre la metà provenienti dal solo Qatar. Inoltre, Bard ha scoperto che per le donazioni sotto i 250.000 dollari non vi è l’obbligo di registrazione del donatore. Quindi certamente i finanziamenti complessivi sono stati, di molto superiori, perché di donazioni sotto quella cifra ne risultano parecchie migliaia di cui non si sa l’esatta provenienza. Anche la disastrata (finanziariamente) Autorità Palestinese risulta una donatrice: sono oltre i 10 milioni di dollari donati alle università USA (quelli tracciati). Va sottolineato che i dati del Dipartimento dell’educazione sono parziali e incompleti perché facendo una analisi dei bilanci di diverse università USA, Mitchell Bard, ha scoperto che molti soldi registrati come “regali”, ad esempio una donazione privata del principe saudita Talal di ben 20 milioni di dollari per Harvard e Georgetown University, non compaiono tra le donazioni registrate dal Dipartimento USA. Così come tanti altri “regali” di altri regnanti. Per l’Europa un lavoro analitico così capillare non è mai stato compiuto, ma si stima che soprattutto in Gran Bretagna e in Francia siano giunti finanziamenti miliardari nel corso degli ultimi trent’anni. Di questi finanziamenti e dei loro effetti sui corsi di studi nelle università britanniche ne parla il ricercatore Robin Simcox nel libro A Degree of Influence: The funding of strategically important subjects in UK universities. In esso si mette bene in luce come l’influenza dei donatori abbia portato ad un sostanziale cambiamento nei corsi universitari negli atenei che sono stati finanziati dai paesi arabi, oltre che il condizionamento apportato nei campus universitari.
La situazione in Italia, in moltissime università, è sostanzialmente la medesima: clima intimidatorio per docenti e studenti “non allineati”, occupazioni pretestuose e boicottaggi sempre più diffusi e incontrastati, tutto questo nell’indifferenza generale ad iniziare dalla ministra Bernini. Se non si porrà un termine a questo trend, le università diverranno un mero strumento di propaganda.
David Elber