Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 18/03/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Netanyahu duro con Biden A Rafah anche da soli".
Fiamma Nirenstein
Tutti i giorni Israele si trova di fronte di fronte a un bivio fatale: ieri sera in una riunione del Gabinetto di Guerra si è discusso fino a tardi della nuova delegazione diretta in Qatar per una riunione fatale, in cui mentre l’orologio ticchetta sulla vita degli ostaggi, si deve decidere sulle impossibili richieste di Hamas: esse hanno sempre il carattere della quasi impossibilità, un numero altissimo, più di mille, molti terroristi con più ergastoli, contro qualche decina di ostaggi “fragili”, donne e anziani, e dopo alcune settimane di cessate il fuoco, forse 6, il secondo atto in cui Israele si dovrebbe impegnare per uno stop definitivo alla guerra. Su questo, la risposta di Netanyahu alle critiche americane diventate molto dirette e personali, è molto ferma: Netanyahu dice a Biden e Chuck Shumer, che gli ha fatto da rompighiaccio chiedendo con un discorso davvero irrituale a Israele di andare alle elezioni per eliminare Netanyahu, che la sua linea è più ferma che mai. “Noi opereremo a Rafah - ha detto Netanyahu - ci vorrà qualche settimana ma accadrà. È l’unico modo per fermare Hamas in modo definitivo e per liberare i nostri rapiti. È una decisione difficile, ma è indispensabile”.
A lato di questo, intanto, comunque, il governo israeliano prepara una situazione in cui da Rafah sia compiuto lo sgombero che consenta un’operazione il più mirata possibile contro i quattro battaglioni di Hamas ancora in piedi e che sia capace di catturare nelle loro gallerie la leadership e forse Sinwar, cerando gli ostaggi. “Biden ed io abbiamo opinioni diverse su tante cose, ma questo è normale -ha detto Netanyahu- e sulla guerra dobbiamo dire, se dobbiamo andare da soli, non c’è scelta, andremo da soli”. Ma Netanyahu mentre dimostra fermezza nella determinazione di concludere la guerra solo con l’eliminazione di Hamas (e ieri è stata importante la definitiva acquisizione della notizia che Issa, il numero tre, il capo di stato maggiore di Hamas non è più fra i vivi) si vede che usa un tono che non vuole essere di rottura, che cerca, anche nell’intervista di ieri alla CNN di spiegare con garbo che la maggioranza di Israele, di destra e di sinistra, religiosa e laica, è d’accordo e anzi richiede di concludere la guerra in modo che si restituisca sicurezza ai cittadini israeliani. Con questo argomento ha spiegato al leader della maggioranza Chuck Shumer che parlare di elezioni adesso è “improprio” e anche irrealistico, data la guerra in corso: “avremmo sei mesi di paralisi nazionale il che significherebbe perdere la guerra”, e anche perché non si cerca di “sostituire “la maggioranza eletta”.
Netanyahu ha molto spiegato, giustamente, quanto sia moralmente ingiusto dimenticare il 7 di settembre, e quanta chiarezza morale invece occorra per condurre la guerra più giusta contro il terrorismo in tutto il mondo, Naturalmente la leva del disaccordo con gli americani viene impugnato sovente dai suoi nemici interni, che non sono pochi, e che usano anche senza problema il tema molto sensibile del sentimento per cui per liberare gli ostaggi deve esser pagato qualsiasi prezzo, anche quello di fermare la battaglia. Ma su questo Bibi riesce a tenere duro e seguita a mette sempre insieme i due obiettivi, vincere la guerra e riportare a casa i sequestrati. La delegazione che parte per il Qatar ha un duro compito, che somiglia a un’ultima chance prima di Rafah. Si dice sempre che per fare la pace bisogna essere in due: qui invece è chiarissimo che per fare la pace bisogna battere Hamas, altrimenti può esserci solo morte e distruzione.
Netanyahu apre le porte a tutti i modi più spericolati, navi, lanci col paracadute, processioni di camion con cui Biden e le altre nazioni alleate portano aiuto umanitario ai palestinesi, anche se si tratta di modi problematici e poco sicuri, e certo Hamas è capace di approfittarsene. Chissà cosa si può portare e cosa può passare in mano a Hamas su una serie di navi che portano grandi quantitativi di merci a Hamas. Ma questo sembra per ora è il prezzo che Netanyahu paga al rapporto con gli americani; la sua determinazione non gli costa consensi in Israele, al contrario è la parte della sua politica che gli conserva una forte leadership nonostante tanti nemici.
Per inviare la propria opinione al Giornale, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
segreteria@ilgiornale.it