L’isolamento di Israele favorisce il duo totalitario 15/03/2024
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno

L’isolamento di Israele favorisce il duo totalitario
Analisi di Antonio Donno

Xi Jinping e Vladimir Putin, brindisi fra i due dittatori. L'isolamento internazionale di Israele favorisce la loro politica mediorientale, a sostegno dell'Iran e dei suoi gruppi terroristici

Se durante il Ramadan i terroristi di Hamas dovessero riaprire le ostilità contro Israele, l’esercito israeliano sarà pronto a attaccare Rafah, completando l’operazione di ripulitura della Striscia di Gaza dalla presenza di Hamas. Sarà sufficiente un incidente di un qualche significato per dare mano libera a Gerusalemme per iniziare l’ultima fase della guerra di Gaza, iniziata come risposta di Israele al massacro del 7 ottobre scorso. Benché gli antisemiti di tutto il mondo, espliciti o mascherati, accusino Israele di “genocidio”, termine falsamente usato per incriminare Israele, l’impegno inderogabile dello Stato ebraico sarà di liquidare Hamas e dare, così, una lezione al terrorismo islamico sostenuto dall’Iran. L’invocazione di Hamas ai fratelli terroristi di Hezbollah e a quelli della West Bank di iniziare l’attacco a Israele dalle rispettive posizione geografiche potrà essere reso inutile soltanto se lo Stato ebraico annullerà la presenza di Hamas dalla Striscia di Gaza.

     La posizione degli Stati Uniti sulla guerra di Gaza è scivolata dall’ambiguità alla critica aperta nei confronti di Israele. Nel dicembre scorso, iniziata la penetrazione dell’Idf nella Striscia, Bidel aveva affermato che i “bombardamenti indiscriminati” di Israele su Gaza – bombardamenti che non erano indiscriminati, perché i terroristi si posizionavano all’interno di edifici pubblici di ogni sorta –, avrebbero fatto perdere allo Stato ebraico il sostegno internazionale. Ma qual era questo sostegno internazionale? Fin dall’inizio della guerra di Gaza Israele ha dovuto sostenere con la massima fermezza la critica internazionale, compresa quella degli Stati Uniti, il cui presidente si è lasciato andare ad affermazioni di una doppiezza incredibile per una nazione, come gli Stati Uniti, che dovrebbero essere il caposaldo della guerra al terrorismo a livello internazionale. Ma la fermezza di Israele ha superato questo ostacolo che nel passato sarebbe stato insormontabile; anzi, la straordinaria coerenza di Gerusalemme ha avuto e ha un impatto politico cruciale nei confronti dei Paesi del Medio Oriente. Innanzitutto, nei confronti dei Paesi arabi sunniti aderenti agli “Accordi di Abramo”, i quali osservano con grande attenzione e preoccupazione ciò che fanno l’Iran e i suoi accoliti sparsi in varie zone del Medio Oriente. In secondo luogo, gli altri Paesi della regione, in primo luogo l’Arabia saudita, allo stesso modo considerano la ripulitura della Striscia di Gaza dai terroristi filo-iraniani come un fattore di sicurezza per l’intero Medio Oriente.

     Questo aspetto dell’attuale questione mediorientale non è valutato dovutamente da Biden e soci, anzi è ignorato. Né, tantomeno, nella sua campagna elettorale Trump ha espresso posizioni chiare sui fatti di Gaza. Il fatto è che anche Trump, allo stesso modo di Biden, deve tener conto della posizione di una parte significativa dell’elettorato americano, che critica l’azione militare di Israele nella Striscia. Insomma, se si escludono i Paesi del Medio Oriente che temono l’Iran e il suo avvicinamento all’acquisizione dell’apparato nucleare, il sistema politico internazionale, compresa  l’Unione Europea, che dimostra sempre più la sua inconsistenza negli affari mondiali, ha sposato obtorto collo l’accusa di “genocidio” rivolta a Gerusalemme.

     L’isolamento dello Stato ebraico è impressionante. Mai, nelle guerre sostenute nei suoi 75 anni di vita, Israele ha subìto un così aperto ostracismo internazionale, un ostracismo ipocrita, perché è ben noto il pericolo nucleare che l’Iran metterà in campo in un vicino futuro. Un altro aspetto della questione di Gaza – un aspetto di grande rilievo internazionale – è rappresentato dalle posizioni di Russia e Cina nella regione mediorientale. L’Iran fornisce droni a Mosca per la sua guerra di invasione dell’Ucraina, ottenendo un sostegno politico che si va evidenziando chiaramente; la Cina ottiene petrolio a buon prezzo da Teheran, contraccambiato con un appoggio politico nelle Organizzazioni Internazionali che votano contro Israele, come nel caso del le Nazioni Unite. Queste posizioni di Russia e Cina a favore dell’Iran si avvalgono – eccome! – delle critiche sempre più acute che gli Stati Uniti rivolgono a Israele. La due potenze asiatiche, perciò, usufruiscono delle posizioni americane sfavorevoli a Israele per rafforzare la propria politica nel Medio Oriente.

     Nelle sue memorie, Dean Rusk, Segretario di Stato americano ai tempi di Kennedy e Johnson, scrisse che le operazioni militari di Washington contro il MiG sovietici e contro gli aeroporti cinesi avrebbe portato Pechino a «[…] stabilire un trattato di mutua difesa con l’Unione Sovietica» contro gli Stati Uniti. Oggi, paradossalmente, l’alleanza cino-sovietica per il controllo del Medio Oriente si sta attuando grazie all’incapacità degli Stati Uniti di essere presenti nella regione. Per di più, le gravi accuse che l’Amministrazione Biden rivolge a Israele consentono al duo totalitario di godere di un margine molto ampio di azione nel Medio Oriente.

Antonio Donno
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