Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/03/2024, a pag.1/6, con il titolo "Così Gaza muore di fame. E i miliardi Onu dove sono?" il commento di Pietro Senaldi.
Pietro Senaldi
L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per il sostegno alla popolazione civile palestinese, ricostruisce in chiave totalmente anti-israeliana la dinamica della strage di mercoledì notte a Gaza. L’assalto al camion carico di aiuti umanitari, gli spari, i morti nella ressa: nella versione del commissario generale dell’organizzazione dell’Onu è stato un crimine premeditato.
I filo-Hamas delle Nazioni Unite accusano lo Stato Ebraico di aver determinato una carestia a Gaza, facendo passare nel mese di febbraio solo 96 camion di aiuti. La teoria del complotto aggiunge che Tel Aviv avrebbe teso una trappola alla popolazione civile, facendo spuntare nella notte convogli alimentari, che l’Unrwa definisce di dubbia provenienza, provocando la ressa degli affamati e poi mitragliandoli mentre si avvicinavano spinti dal bisogno.
L’esito di questo capolavoro strategico è che oggi Israele è ancora più isolato nella comunità internazionale e vive tensioni sulla soluzione della crisi sia con gli Stati Uniti sia con l’Unione Europea e l’Italia, le trattative per la liberazione degli ostaggi e l’inizio della tregua hanno subito un altro scossone e l’odio tra i due popoli è sempre più insanabile. Insomma, se la teoria del complotto fosse vera, Israele sarebbe comandata da pazzi sanguinari.
Per questo è lecito dubitare.
Giova ricordare chi punta il dito contro lo Stato Ebraico: i terroristi di Hamas, autori della strage del 7 ottobre, mossi dai Paesi canaglia del Medio Oriente e che hanno come obiettivo dichiarato la cancellazione di Israele dalla mappa geografica; l’Unrwa, l’organismo dell’Onu dove operavano complici del massacro del 7 ottobre attualmente sotto inchiesta; testimonianze raccolte dalla stampa da cittadini palestinesi presenti alla strage la cui opinione è oggettiva quanto quella di un tifoso in merito a un rigore assegnato contro la propria squadra.
COLLABORAZIONISTI
In particolare, dopo la scoperta del collaborazionismo di alcuni membri dell’Onu con terroristi islamici, dieci Stati occidentali hanno sospeso gli aiuti che mandavano all’associazione, che riceve contributi per un miliardo e 200 milioni l’anno. È palese che l’obiettivo dell’Unrwa sia riavere quel denaro e che l’unico modo per raggiungerlo sia dimostrare che Israele massacra dolosamente i civili, il popolo palestinese è una vittima e Hamas ne è l’angelo custode.
Questa narrazione può andare bene per chi studia ancora a scuola o per chi coltiva l’anti-americanismo, soprattutto da sinistra. Non per chi analizza i fatti. L’Autorità Palestinese e il suo braccio armato, Hamas, sono meno lontane di quanto vogliono far sembrare.
Certo, tra corrotti e tagliagole il dialogo è sempre sul filo di lana, ma il disastro di Gaza è per lo più responsabilità loro; e l’Onu, anziché processare Israele per genocidio su richiesta del Sud Africa, un Paese fondato sul razzismo nonché l’ultima nazione al mondo ad abolire l’Apartheid, dovrebbe auto-accusarsi di fare da scudo al terrorismo internazionale. Sarebbe forse altrettanto ingenuo credere alla versione opposta sulla strage, quella di Israele, il quale sostiene che agenti provocatori di Hamas introdotti tra la folla alla vista dei camion di viveri avrebbero cominciato a sparare contro i soldati israeliani spargendo il panico e determinando la calca assassina. È una versione che, a tremila chilometri di distanza, pare più credibile, ma non è al momento dato sapere. La storia recente ci parla di un ospedale a Gaza dove sono morte 150 persone bombardato per errore da Hamas, che però ha cercato di dare la colpa a Tel Aviv, immediatamente creduto senza necessità di verifica dalla gran parte della stampa occidentale. Allora le immagini, le traiettorie dei razzi, i radar avevano consentito di scoprire l’inganno subito. In questo caso è tutto più complesso.
Tuttavia in ogni ragionamento è opportuno tenere presente tre capisaldi.
TRE CAPISALDI
Hamas ha utilizzato nei decenni il fiume di miliardi che l’Occidente, e anche Israele, ha destinato al benessere del popolo palestinese per costruire una città sotterranea dove ripararsi e nascondersi, lasciando in superficie i civile come scudi umani. Quando, il 7 ottobre, Hamas è entrato nei kibbutz per massacrare e rapire le famiglie di coloni ha sfidato lo Stato Ebraico a un duello all’ultimo sangue. Tel Aviv non può accettare la soluzione dei due popoli e due Stati finché i terroristi palestinesi non saranno debellati perché non può permettere che attacchi come quello di cinque mesi fa si ripetano sul suo territorio. Gli Stati Uniti, che contano oltre 300 milioni di abitanti, quando l’11 settembre subirono un attacco sul loro territorio che causò poco più di duemila morti scatenarono una guerra in Medio Oriente e in Asia terminata solo nel 2021, con il ritiro definitivo dall’Afghanistan; e non era in gioco la loro sopravvivenza. Israele conta meno di dieci milioni di abitanti e il 7 ottobre ha avuto più di mille morti: la proporzione tra i due attentati è uno a 150; questo a spiegare lo stato di choc nel quale lo Stato Ebraico vive da quella data e perché la Knesset tutta, e non solo il premier Netanyahu, che in Occidente viene dipinto come il solo che vuol portare avanti la guerra oltre alla destra ultra-ortodossa, abbia votato contro la soluzione dei due Stati.
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