La vedova Navalny, la Russia e il terrorismo palestinese
Diario di guerra di Deborah Fait
Julia, la vedova di Alexej Navalny, il dissidente ammazzato da Putin, ha confermato al Parlamento europeo l’avvelenamento del marito. Ha detto che lei ne avrebbe preso il posto per continuare la sua lotta per la libertà e perché i russi possano riprendersi il proprio paese. Temo che questa sia una pia illusione, Putin non si fa remore nell’far uccidere le donne, ne abbiano un esempio con Anna Politkovskaja ammazzata con tre colpi di pistola nell'ascensore del suo condominio, a Mosca. Julia Navalnaya ha affermato senza il minimo dubbio “Vladimir Putin ha ucciso mio marito”, dopo averlo sbattuto in un gulag del Circolo Polare Artico dove aveva l’unica ora d’aria della giornata alle 6.30 del mattino nel gelo più completo e terribile. Ma Putin non si ferma agli assassini dei dissidenti più coraggiosi e testardi, non si accontenta dell’l’invasione dell’Ucraina. Nessun male è abbastanza per lo zar che ha appena invitato a Mosca Hamas e altri gruppi terroristici palestinesi.
Lo ha dichiarato il primo ministro dell’Autorità palestinese Mohammad Shtayyeh. Il grande avvenimento tra lo zar assassino e gruppi di assassini palestinesi, che sono un’unica grande famiglia in senso mafioso, potrebbe avvenire intorno al 29 febbraio. Si sa solo ora che in ottobre, prima dei massacri in Israele, una delegazione di Hamas era andata a Mosca per un incontro tra russi, terroristi palestinesi e il viceministro degli esteri iraniano. Cosa si saranno detti? Cosa avranno deciso di fare di male? Non si sa, è noto però che il 7 Ottobre la Russia non ha detto una sola parola di solidarietà a Israele, anzi, sembra abbia molto gradito il pogrom come distrazione dalla guerra in Ucraina. È rimasta fredda e silenziosa per aprir bocca soltanto quando Israele ha attaccato Gaza. Siccome non credo che quei personaggi siano andati fino a Mosca per bere il thè, anche perché certe bevande da quelle parti sono pericolose, posso supporre che si siano incontrati per decidere il giorno e i particolari dell’attacco a Israele. Secondo la Tass, l’agenzia russa d’informazione, Putin ha invitato ora 14 gruppi palestinesi che vanno dall’OLP a Hamas, alla Jihad palestinese e molti altri. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha lasciato intendere che vorrebbero risolvere il conflitto e questo è molto preoccupante se detto da un russo circondato da alleati arabi. Con l’America in quelle condizioni, l’Europa che conta meno di niente e banditi russi e arabi uniti, temo molto per Israele. Il mondo è in mano a incapaci fronteggiati da criminali e Israele è in mezzo che si difende con le unghie e con i denti, deciso a non farsi spazzar via per far posto a un ennesimo paese arabo/terrorista. I media israeliani parlano di due mesi di guerra per conquistare e ripulire Rafah, per trovare gli ostaggi vivi e i corpi di quelli ammazzati. Se il premio per tutto questo sarà uno stato palestinese vorrà dire che Israele avrà ancora tanti anni difficili davanti a sé di cui dovrà ringraziare tutto l’odio che l’Occidente, ormai suddito del mondo arabo, prova per questo piccolo e coraggioso paese. L’animo ebraico però non si lascia andare, non si deprime, non si scoraggia. Ci sono già movimenti di giovani e meno giovani che stanno organizzandosi per ricostruire tutto il sud devastato dai palestinesi, ricreare il paradiso e tornare a viverci. Intanto l’Egitto per ribadire meglio il suo odio per i palestinesi, odio condiviso da tutti i paesi arabi, sta costruendo un secondo muro di cemento dietro a quello già solidissimo esistente finora. Nessuno, proprio nessuno li vuole.
Deborah Fait