Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/02/2024, pag.11, con il titolo "La sinistra scorda il Navalny di destra", il commento di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
C’è un video su Youtube, risalente al 2007, in cui un giovane Alexei Navalny dall’aria ariana, all’epoca aveva 31 anni, paragona gli immigrati del Caucaso «dalla pelle scura» a scarafaggi e sostiene che mentre contro gli insetti basta anche una scarpa per ucciderli, per gli immigrati è necessaria una pistola. In un altro, travestito da dentista, paragona gli immigrati alle carie e dice che «tutto ciò che si trova sulla nostra strada deve essere rimosso con attenzione ma decisione attraverso la deportazione». Per il paragone agli scarafaggi Navalny chiese timidamente scusa, ma mai ha abiurato le sue posizioni ultranazionaliste e la sua xenofobia per le quali in quegli anni era più o meno conosciuto.
Eppure a leggere i giornali in questi giorni, specie quelli di sinistra, sembra che il defunto dissidente russo fosse un paladino della democrazia, uno specchiato difensore dei diritti umani e di ogni virtù contrapponibile a quello che, a ragione o torto, è già stato additato come il suo assassino, cioè Putin.
Una gentilezza che certo non verrebbe accordata a Marine Le Pen, personaggio politico al quale Navalny all’epoca fu accostato.
FRA LE PEN E TRUMP
In un’intervista rilasciata al settimanale tedesco di sinistra Der Spiegel gli si fece presente di aver fondato il Movimento di Liberazione Nazionale Russo che tra le altre cose chiedeva di «buttare fuori tutti coloro che entrano nella nostra casa ma rifiutano di aderire alle nostre leggi», proprio come la Le Pen, «leader del Fronte Nazionale di estrema destra francese». Navalny rispose di non vedere alcuna contraddizione con i valori tradizionali europei, «e non avrei alcuna obiezione a una festa in stile Le Pen in Russia» aggiunse, «sono per l’economia di mercato, ma anche per la legge e l'ordine». Alla domanda diretta se si ritenesse un nazionalista, lui risposte di ritenersi in realtà «un realista» e «dato che la Russia ha il maggior numero di immigrati clandestini, seconda solo agli Stati Uniti, e gli immigrati dall'Asia centrale portano droga, chiedo l’obbligo del visto per tutte quelle meravigliose persone provenienti dal Tagikistan e dall'Uzbekistan».
Più che l’ultimo baluardo della civiltà democratica in Russia sembra di sentir parlare Donald Trump, e Navalny precorre i tempi dell’ex presidente americano, che sarebbe arrivato alla Casa Bianca solo quattro anni dopo, chiedendo a sua volta se per caso Obama debba essere considerato nazionalista «perché non ha invertito la costruzione della barriera al confine con il Messico».
L’anno prima Navalny aveva partecipato in prima fila al raduno annuale dei nazionalisti radicali a Mosca in cui la folla scandiva slogan razzisti. Dal palco aveva tenuto un celebre e applauditissimo discorso in cui aveva definito il partito di governo Russia Unita, quello di Putin, «il partito dei truffatori e dei ladri». «Questo è il nostro Paese e dobbiamo sradicare i criminali che ci succhiano il sangue e mangiano il nostro fegato», aveva urlato Navalny alla folla esultante. E a chi lo accusava di aver partecipato a un evento di filonazisti, Navalny aveva risposto che la marcia era stata l'occasione per «discutere di problemi che esistono realmente nella società, ma che sono tabù e non vengono mai discussi in parlamento, in televisione o altrove». «La xenofobia è abbastanza diffusa in Russia», disse in proposito allo Spiegel un anno più tardi, e piuttosto che «costringere gli estremisti alla clandestinità è meglio integrare quelli più moderati».
Ovviamente tutti possono cambiare idea, per quelle clip di cui sopra Amnesty International privò Navalny dello status di «prigioniero di coscienza», salvo poi restituirglielo nel 2021 sostenendo che «le opinioni e il comportamento di un individuo possono evolversi nel tempo». In realtà Navalny non cambiò mai opinione, non abiurò nulla e in Georgia, da dove provengono gli immigrati dalla pelle un po’ più scura, lo odiano ancora. Evitò più che altro di parlarne e concentrò la sua lotta nella critica alla corruzione del regime totalitario del Cremlino, che era ciò che più premeva all’Occidente. Navalny era ed è rimasto fino alla fine un nazionalista ed è anche e soprattutto per questo che Putin lo temeva, in quanto lo riteneva in grado di rappresentare un’alternativa a se stesso. Ed era anche per questo che in Russia in realtà non era visto di buon occhio nemmeno dal partito liberale d’opposizione Yabloko del quale Navalny faceva parte ed era poi polemicamente uscito.
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