Il mondo volta le spalle agli ostaggi
Analisi di Michelle Mazel
I volti di alcuni degli ostaggi ancora nelle mani degli stupratori di Hamas
Da quanto tempo dura? Un mese ? Due mesi ? Tre ? Quattro ? Chi conta ancora i giorni? Chi si azzarda ad affiggere nuovi poster con la foto e il nome degli ostaggi israeliani? Ma soprattutto, chi cerca di fare qualcosa per fermare la lenta agonia di questi bambini, di queste donne, di questi uomini strappati alle loro case e detenuti in condizioni disumane? Quali pressioni vengono esercitate sulla Croce Rossa affinché essa si decida finalmente a compiere la sua missione? Abbiamo già dimenticato che alcune settimane fa Israele aveva condizionato l'ingresso massiccio di medicinali a Gaza, alla fornitura agli ostaggi dei medicinali di cui avevano tanto bisogno e che erano stati consegnati a tale scopo alla Croce Rossa. Israele aveva ricevuto garanzie in merito. Gli abitanti di Gaza hanno ricevuto le loro medicine. Gli ostaggi stanno ancora aspettando. Dove sono gli editoriali scandalizzati, le condanne? Ci alleggeriamo la coscienza fingendo di credere che i negoziati di Parigi daranno frutti. Vuol dire che conosciamo male la realtà. Il Qatar e l’Egitto sono certamente in grado di esercitare forti pressioni su Hamas, ma bisogna ammettere che questi due Paesi non sembrano prendere sul serio il loro compito e si accontentano di svolgere il ruolo di postino, senza cercare di rendere più realistiche le pretese del movimento terrorista. Quello che ha caratterizzato questi negoziati, consisteva principalmente in una maggiore pressione esercitata dagli USA sullo Stato ebraico, costretto a fare concessioni o addirittura a fermare la guerra. Il Presidente Joe Biden che è in corsa per una rielezione che si configura difficile, sa bene che il suo sostegno a Israele è ben lungi dal ricevere un’approvazione unanime tra le fila del partito democratico e rischia di costargli dei voti se non addirittura la presidenza. Allora la Casa Bianca richiede, per non dire esige, un costante aumento di aiuti umanitari, sapendo bene che la maggior parte verrà sottratta da Hamas che se ne servirà per rafforzare la sua influenza sulla popolazione. E’ tutto il contrario di ciò che sarebbe necessario fare per costringere l’organizzazione ad allentare la sua morsa. E poi poco per volta il ricordo del 7 ottobre si affievolisce. Del resto, secondo i sondaggi, sono in molti a non crederci, in Medio Oriente certamente, ma non solo. In ogni caso, il mondo ne ha abbastanza di questo conflitto le cui ripercussioni sono inquietanti. E’ arrivato il momento di spegnere questo incendio. Si pretende che Israele smetta di combattere o, meglio ancora, che si ritiri dalla Striscia di Gaza. Ciò, si spera, porrebbe fine alla minaccia che grava sul Libano, Paese caro alla Francia, e ridurrebbe i rischi di attentati terroristici ai Giochi Olimpici di Parigi. La fine delle ostilità spingerebbe gli Houthi dello Yemen a non prendere più di mira le navi che navigano nel Mar Rosso. Il traffico marittimo potrebbe quindi riprendere normalmente; l’impatto economico catastrofico dei costi aggiuntivi si attenuerebbe gradualmente. E gli ostaggi? Ah, quello è un problema delle autorità di Gerusalemme.