Quando si combatte l’antisemitismo, non si devono fare distinzioni
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Manifestazione francese contro l'antisemitismo
E’stato uno di quegli incidenti che mai ti aspetteresti possano capitare proprio a te, ma quando succede ti cambia la vita definitivamente. L’8 giugno del 2023, era un giovedì, una donna ebrea ortodossa di 67 anni, il cui nome era stato registrato come “Sarah”, stava guidando verso casa sua a Créteil, un sobborgo nella periferia sud-orientale di Parigi. Mentre guidava, un gruppo di vigili urbani seduti in una vicina stazione di servizio notava che la sua velocità era oltre il limite consentito. L'hanno debitamente fatta accostare. Chiaramente agitata e nervosa mentre se ne stava seduta a parlare con gli agenti di polizia, che l’informavano di guidare in modo pericoloso, Sarah ha accidentalmente allentato il freno della sua auto, indietreggiando contro una motocicletta della polizia parcheggiata dietro di lei. Pensando che stesse cercando di fuggire, gli agenti l'hanno subito arrestata e portata alla stazione di polizia di Créteil. A questo punto, totalmente terrorizzata, Sarah in una successiva intervista ai media ha detto di aver perso conoscenza. Una volta ripresasi, ha scoperto che giaceva prostrata sul pavimento della stazione di polizia, ammanettata a una panca. Quando si rese conto che le era stata tolta la sua parrucca, che secondo l'usanza delle donne ebree ortodosse, indossava da quando si era sposata all'età di 18 anni, fu presa dal panico. Un video amatoriale dell'incidente è stato trasmesso sul sito del quotidiano francese Mediapart , che lo ha pubblicato la settimana scorsa. Mostra il calvario di Sarah in tutta la sua portata straziante. “Sono un’ebrea!” dichiara Sarah con un urlo assordante. “Voglio la mia parrucca! La mia parrucca! La mia parrucca!” continua, contorcendosi impotente sul pavimento mentre un poliziotto si erge imperioso su di lei, con i piedi ai lati delle sue gambe. Il video mostra anche un inquietante livello di disprezzo da parte degli agenti di polizia. Uno di loro descrive Sarah come una feuj , un termine offensivo in gergo francese per “ebrea.” Quando un ufficiale maschio finalmente ritorna con la sua parrucca, si sente la voce esasperata di una poliziotta dire a Sarah: Allez, putain (“Ma vaffa…”). Dalla stazione di polizia, Sarah è stata portata al pronto soccorso di un ospedale locale, dove suo marito è venuto a prenderla. Un medico che l'ha visitata ha notato che aveva riportato sia lividi che traumi psicologici. Eppure, il prossimo 4 marzo, Sarah andrà sotto processo, accusata di “aver messo in pericolo la vita di altri” a causa della sua presunta guida imprudente. Ora Sarah è passata all'offensiva e ha raccontato agli investigatori dell'Ispettorato generale della polizia che la rimozione della sua parrucca rappresentava “l'estrema umiliazione” per una donna ebrea osservante. Ha anche presentato una denuncia contro la polizia, accusandola di violenza “sessista e antisemita” nei suoi confronti. “La polizia di Créteil conosce la città, sa che c'è una consistente comunità ebraica, quindi non possono affermare di non sapere cosa significhi una parrucca”, ha detto ai media il suo avvocato, Arie Alimi. Il caso di Sarah è significativo per due ragioni: una è semplice, l'altra molto più complicata. La ragione semplice è che il comportamento della polizia francese era chiaramente antisemita. Il video suggerisce che gradirono piuttosto ad avere alla loro mercé una donna ebrea vulnerabile, che sostanzialmente disumanizzarono. In una democrazia, la polizia è responsabile delle proprie azioni e, in questo caso, ci si può legittimamente chiedere se gli agenti che si occuparono di Sarah alla stazione di polizia debbano continuare a prestare servizio nelle forze dell’ordine, soprattutto perché sono in contatto regolare con altri membri della comunità ebraica di Créteil. L’altro motivo è complicato perché implica considerazioni esplicitamente politiche. È sorprendente che il caso di Sarah sia stato ripreso da importanti fasce della sinistra francese, una sinistra che normalmente è ai ferri corti con la comunità ebraica a causa della sua costante demonizzazione di Israele. Accuse e controaccuse di antisemitismo sono frequenti e fortemente negate, soprattutto sulla scia del pogrom di Hamas del 7 ottobre in Israele, che ha innescato una feroce ondata di antisemitismo in Francia e in altri Paesi, utilizzando spesso messaggi progressisti e anticoloniali per camuffare ciò che è – ed è sempre stata – una forma di pregiudizio profondamente reazionaria e arretrata. Eppure il caso di Sarah è stato riportato in modo comprensivo e dettagliato in molti organi della sinistra francese, compreso L' Humanité, il quotidiano del Partito comunista francese, che un tempo aveva la poco invidiabile reputazione di essere il più pedissequamente pro-Mosca di tutti i partiti comunisti europei affiliati alla defunta e non rimpianta Unione Sovietica. Sarah ha anche ottenuto il sostegno dei parlamentari del gruppo di estrema sinistra La France Insoumise (o LFI), che occupa 75 dei 577 seggi nell’Assemblea Nazionale Francese. In un post sui social media, Mathilde Panot, a capo del gruppo parlamentare della LFI, ha denunciato “il trattamento sessista e antisemita” riservato a Sarah da agenti di polizia che si sono comportati con “disonore” e che ora dovrebbero essere oggetto di una “rapida indagine e di sanzioni.” Anche se il caso di Sarah contro la polizia merita il pieno appoggio dei suoi compagni ebrei, spetta a noi guardare in modo critico alle altre sue ragioni del sostegno. Quando la Panot e tre dei suoi compagni della LFI si sono presentati alla cerimonia commemorativa della scorsa settimana a Parigi per i 42 cittadini francesi che erano tra le oltre 1.200 persone assassinate dai terroristi di Hamas il 7 ottobre, i manifestanti filo-israeliani in disparte li hanno bloccati, gridando , “LFI, Hamas ti ringrazia.” La spiegazione di Panot per la sua presenza è stata il desiderio di richiamare l'attenzione sulla sofferenza dei palestinesi di Gaza, che la LFI crede erroneamente, come gran parte della sinistra a livello globale, stiano subendo un “genocidio.” A livello umano, è difficile capire come qualcuno possa essere commosso (e comprensibilmente) dalle grida di un’anziana e fragile donna ebrea in custodia della polizia, eppure liquidare gli orrori del 7 ottobre - il massacro, la mutilazione, lo stupro di una imprecisata giovane donna a un festival musicale – come solo una vera e propria “propaganda sionista.” Finché le cose continueranno così, i politici di sinistra che intervengono solo in quegli episodi di antisemitismo non collegati a Israele non riusciranno mai a conquistare la fiducia della comunità ebraica. In parole povere, se intendi combattere l’antisemitismo, non puoi scegliere su quali incidenti concentrarti sulla base delle tue convinzioni ideologiche. E poiché l’estrema sinistra non accetterà, nel prossimo futuro, la tesi secondo cui i suoi attacchi al sionismo e alla legittimità di Israele sono forme di antisemitismo, bisogna sondare il prezzo politico di riconoscere il loro sostegno in casi come quelli di Sarah. Perché se Sarah fosse stata residente in Cisgiordania invece che a Créteil, e se fosse stata fermata dagli agenti dell'Autorità Palestinese e poi detenuta, affrontando un trattamento anche peggiore della sua umiliazione da parte degli agenti di polizia francesi, LFI e coloro che condividono la sua visione del mondo, nella migliore delle ipotesi sarebbero rimasti in silenzio. Tale ipocrisia non sarebbe mai accettabile a sinistra quando si tratta di razzismo contro i membri della comunità nera, dei musulmani o di qualsiasi altra minoranza. Ma gli ebrei, come abbiamo dolorosamente imparato ancora una volta negli ultimi quattro mesi, sono diversi.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo,
scrive sul Jewish News Syndicate