Gli errori politici di Washington giocano a favore del trio Iran-Russia-Cina. 15/02/2024
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno

Gli errori politici di Washington giocano a favore del trio Iran-Russia-Cina
Analisi di Antonio Donno


Russia, Cina e Iran: il nuovo Asse del Male ringrazia Biden

Il comportamento dell’Amministrazione Biden sulla guerra di Gaza dimostra la debolezza, meglio l’ambiguità, di una gestione della politica mediorientale da parte americana priva di una visione chiara e coerente degli eventi di quella regione. Biden ha ribadito che l’eliminazione di Hamas dalla Striscia di Gaza è un’esigenza primaria, ma, nello stesso tempo, critica l’azione massiccia dell’esercito israeliano perché provoca un grande numero di vittime civili. Biden sa bene l’uso orrendo che i terroristi di Hamas fanno della popolazione inerme di Gaza, esposta volutamente alla morte, ma accusa Israele di causare un gran numero di morti a causa dei bombardamenti. In sostanza, invece di prendere una posizione netta a favore dell’azione di Gerusalemme e di denunciare a livello internazionale la strumentalizzazione della morte dei civili di Gaza da parte di Hamas, critica aspramente Israele perché non usa le dovute cautele nell’attacco ai terroristi al fine di non incidere sul numero dei morti tra la popolazione inerme.
     Biden e soci sanno bene come stanno le cose nella Striscia di Gaza. La morte di migliaia di civili è la vera arma in mano ad Hamas, molto più dell’uso dei razzi e di altre armi, il cui peso militare non è comparabile a quello dell’esercito israeliano. Così, gli ostaggi israeliani, da una parte, e le migliaia di morti tra la popolazione di Gaza, dall’altra, sono i veri strumenti che Hamas utilizza a livello politico per uscire da una situazione che si fa sempre più pesante per il gruppo terrorista. Se le accuse di Biden nei confronti di Netanyahu non stanno sortendo alcun effetto, Washington dovrebbe uscire da questa situazione di ambiguità e sostenere chiaramente la fine dell’attacco israeliano a Gaza, ma soltanto con la sconfitta radicale dei terroristi di Hamas. Continuare a giocare su due tavoli giova, per quanto ancora possibile, ad Hamas, e soprattutto a Mosca e Pechino.
     La vicenda di Gaza presenta due gruppi di attori, oltre ad Hamas e Israele. Non sono attori di secondo piano, ma soggetti politici di primaria importanza per il futuro del Medio Oriente. All’interno della regione, i Paesi arabi sunniti, con particolare evidenza l’Arabia Saudita – con la quale Israele ha in corso una trattativa per l’ingresso negli “Accordi di Abramo” – osservano attentamente l’evoluzione della guerra di Gaza, sperando che l’eliminazione dei terroristi di Hamas, sostenuti politicamente e finanziariamente dall’Iran, dia un colpo significativo alle ambizioni di Teheran nel Medio Oriente. D’altro canto, Russia e Cina attendono l’evoluzione degli eventi e i loro esiti. Le due potenze sono oggi il punto di riferimento politico, e non solo, del regime degli ayatollah.
     Tuttavia, i due soggetti politici citati – i Paesi arabi sunniti e il blocco Russia-Cina – appaiono agli antipodi per il futuro del Medio Oriente. Almeno al momento attuale. Infatti, mentre i Paesi arabi sunniti temono fortemente il progetto iraniano di egemonizzare il Medio Oriente e di distruggere Israele, al contrario Russia e Cina sostengono il regime iraniano per ragioni economiche che non possono essere disgiunte da una progettualità politica di egemonia sulla regione. I due blocchi, dunque, sono antitetici e Israele, promotore degli “Accordi di Abramo”, si trova oggi in una posizione difficile di fronte al blocco Iran-Russia-Cina. Proprio per questo motivo, la critica americana nei confronti dell’intensità dell’impegno americano a Gaza, che provoca un gran numero di morti tra i civili, finisce per favorire il disegno di Russia e Cina di svolgere un ruolo primario nel Medio Oriente, un disegno che per ora va avanti con il sostegno fornito a Teheran. La critica aspra che quotidianamente Biden rivolge a Netanyahu per il numero eccessivo di morti tra la popolazione di Gaza è ben accolta da Mosca e Pechino, che vedono in tutto questo un fattore di isolamento di Israele e, nello stesso tempo, di debolezza e di ambiguità della politica americana in una regione sempre più cruciale negli equilibri internazionali.        
     Comunque sia, Netanyahu deve portare a compimento l’azione di ripulitura di Gaza dalla presenza dei terroristi di Hamas. Ogni incertezza andrebbe a discapito del prestigio di Israele, oltre che favorire la persistenza della presenza di Hamas grazie a nuovi interventi di sostegno da parte dell’Iran. Inoltre, conseguenza di eguale gravità, i Paesi arabi sunniti che sostengono politicamente, anche se tacitamente, l’intervento di Israele a Gaza, potrebbero non vedere più nello Stato ebraico un punto di riferimento fondamentale contro le ambizioni egemoniche dell’Iran e del blocco russo-cinese.

 

Antonio Donno
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