Riprendiamo da LIBERO di oggi, 13/02/2024, pag.6, con il titolo "Il reporter di Al Jazeera è uno dei capi di Hamas", l'analisi di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
Sufian Al Samarrai, direttore del Baghdad Post: "Al Jazeera è la piattaforma di tutti i terroristi che non hanno una piattaforma".
Al Jazeera è da sempre, fin da quando è nata a fine anni ‘90, il megafono di Hamas, l’esegeta delle gesta dei criminali che combattono contro Israele e il principale accusatore dello Stato ebraico. Finora tuttavia non si era mai trovato un collegamento così diretto tra l’emittente e il gruppo terroristico come quello scovato dall’esercito israeliano in un computer portatile requisito in una base di Hamas le scorse settimane, la prova inconfutabile che l’uno è parte integrante dell’altro.
Si è scoperto infatti che tale pc apparteneva a Mohamed Washah, giornalista che negli ultimi mesi è apparso con regolarità nelle trasmissioni sulla guerra israelo-palestinese di Al Jazeera e che nel contempo risulta essere un comandante di spicco delle unità anticarro dell’organizzazione terroristica. Come ha detto il tenente colonnello AvichayAdraee, portavoce in lingua araba dell’Idf, in un post sulla piattaforma di social media X, Washah «al mattino è un giornalista di Al Jazeera e la sera è un terrorista di Hamas!».
DOTTOR JEKYLL
Una specie di dottor Jekyll e mister Hyde inchiodato dal ritrovamento nello stesso laptop di numerose immagini che lo immortalano mentre si addestra nell’uso di armi anticarro e nell’utilizzo dei droni. I documenti del pc provano tra l’altro che Washah ha iniziato a lavorare nel gruppo di ricerca e sviluppo per l’unità aerea di Hamas già nel 2022. «Chissà quanti altri dettagli scopriremo sui terroristi travestiti da giornalisti» ha aggiunto nel suo post il portavoce israeliano.
E c’è da credere che tali dettagli non tarderanno ad arrivare, gli arabi ne sono sicuri.
Le principali accuse contro Al Jazeera infatti arrivano dallo stesso mondo arabo che imputa l’emittente di essere non solo la spalla di Hamas, ma anche e soprattutto, attraverso il Qatar, lo zerbino degli ayatollah iraniani. Qualche settimana fa il direttore del Baghdad Post Sufian Al Samarrai si scagliava contro Al Jazeera definendolo «il canale di Al Qaradawi e di Khamenei, che pretende di essere islamico». E, citando l’episodio del razzo della jihad islamica finito sull’ospedale di Gaza che Al Jazeera ha subito addebitato a Israele, l’accusava di «aver seminato l’inganno nelle strade musulmane con l’obiettivo di gettare le persone nella trappola delle bande terroristiche e reclutare jihadisti criminali». Il 3 novembre scorso lo stesso Al Samarrai, commentando il discorso di Nasrallah trasmesso integralmente dall’emittente, ha scritto che «Al Jazeera è la piattaforma di tutti i terroristi che non hanno una piattaforma». Pubblicando una foto dell’ex direttore di Al Jazeera Yasser Abu Hilala con in mano un fucile mitragliatore, il giornalista saudita Matar Al Ahmadi di Al Arabiya ha invece sottolineato che l’emittente qatariota «non è altro che uno strumento per creare caos e anarchia», come dimostrano «le campagne mediatiche e ideologiche a favore di Hezbollah, Al Qaeda e la Primavera Araba». E quelle a favore degli Houthi, come invece sottolinea il giornalista e attivista politico yemenita Ahmed Al-Emad, un sostegno ai terroristi con base nel suo Paese «che supera di gran lunga quello iraniano agli stessi».
Ma se ci fossero ancora dei dubbi sul tipo di informazione che Al Jazeera sta dando della guerra in corso, basterebbe cercarsi sul web quel video del novembre scorso in cui un paziente di un ospedale di Gaza si lamenta dei combattenti di Hamas che si nascondono tra i malati nel centro medico. Colto alla sprovvista il corrispondente di Al Jazeera gli toglie di bocca il microfono allontanandosi. Che la professione giornalistica poi a Gaza e in Palestina in generale venga affrontata come una sorte di militanza per supportare la lotta terroristica lo dimostra anche e soprattutto la presenza all’attacco del 7 ottobre di diversi reporter locali, collaboratori di varie testate e agenzie anche occidentali. La ong HonestReporting ha documentato che due fotoreporter freelance palestinesi residenti a Gaza che lavoravano per Ap e Reuters si vantarono dei filmati che avevano acquisito mentre accompagnavano «sin dall’inizio» i terroristi di Hamas nell’atroce incursione. Ashraf Amra e il collega fotoreporter Mohammed Fayq Abu Mostafa si sono filmati in un video in cui ridono della scena, da loro girata sul posto, del linciaggio di un soldato israeliano il cui corpo viene buttato giù da un carro armato. Da notare che le foto di Abu Mostafa sono state recentemente selezionate da Reuters e New York Times per essere incluse nelle loro “foto dell’anno 2023”
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