Stati Uniti e Israele, una nuova alleanza? 31/01/2024
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno

Stati Uniti e Israele, una nuova alleanza?
Analisi di Antonio Donno


USA e Israele: una nuova e più forte alleanza è possibile. Anzi, doverosa.

Il distacco della presenza degli Stati Uniti dalla politica mediorientale, voluto da Obama e parzialmente ridotto da Trump, si va ridimensionando, oggi, per gli eventi che nella regione costringono di fatto l’Amministrazione Biden a riprendere posizioni di un certo peso politico nella regione. Ciò non è dovuto ad un programma politico definito agli inizi del mandato di Biden, ma ad una situazione oggettiva che non può più essere trascurata dagli Stati Uniti, se Washington non vuole che il Medio Oriente diventi terreno di conquista politica ed economica da parte della Russia e soprattutto della Cina; e, nel suo interno, dalle aspirazioni egemoniche dell’Iran. Il tutto a svantaggio di Israele.
     I fatti del 7 ottobre e la conseguente invasione dell’esercito di Israele nella Striscia di Gaza per cancellare Hamas hanno travolto gli obiettivi americani nel Medio Oriente. All’inizio del mandato di Biden, il Presidente americano e il suo Segretario di Stato Antony Blinken si erano proposti l’obiettivo di controllare le mire di Teheran nella regione e di consolidare gli “Accordi di Abramo”, voluti da Netanyahu. Nello stesso tempo, Washington iniziava una politica di rafforzamento delle relazioni con l’Arabia Saudita, verso la quale la diplomazia iraniana nutriva obiettivi di collegamento. Il programma dell’Amministrazione Biden, dunque, si proponeva di rilanciare la presenza politica americana nel Medio Oriente, con l’obiettivo di mantenere la regione in uno stato di relativa calma, nonostante il continuo pericolo che le organizzazioni terroristiche (Hezbollah, Jihad islamica, Hamas), poste intorno ai confini di Israele e foraggiate da Teheran, potessero insidiare lo Stato ebraico in ogni momento.
     Purtroppo, gli eventi del 7 ottobre e la successiva entrata in guerra di Israele hanno cambiato le carte in tavola. Tutto ciò che è accaduto dopo quella fatidica data ha costretto Washington a rivedere e adeguare la propria politica mediorientale alla situazione in atto. Israele ha invaso massicciamente la Striscia di Gaza con l’obiettivo di sradicare la presenza di Hamas. La risposta israeliana ha portato a delle conseguenze inaspettate per Gerusalemme. A parte la sollecitazione americana a ridurre i bombardamenti su Gaza per evitare la morte di troppi civili, nessuno a livello internazionale ha condannato apertamente Israele per aver risposto massicciamente alla provocazione di Hamas, che ha prodotto il massacro del 7 ottobre. Da questo punto di vista, il governo di guerra con a capo Netanyahu può continuare senza sosta a ripulire Gaza dalla presenza di Hamas. È un fatto molto positivo per Israele. Il problema vero, squisitamente politico, sarà di dare una nuovo assetto istituzionale alla Striscia, evitando l’infiltrazione di nuovi gruppi terroristici sostenuti da Teheran. Ciò richiederà una solida presenza internazionale in quel territorio fino alla sua risistemazione politica ed economica.
      In conseguenza di questi eventi, ora l’Amministrazione Biden dovrebbe essere spinta a ridisegnare la propria politica mediorientale, superando la fase del puro controllo delle mosse iraniane per porsi finalmente come protagonista di un processo di riequilibrio della regione. Tutti i fattori presenti nello scenario mediorientale favoriscono il rientro politico degli Stati Uniti nel Medio Oriente. La liquidazione di Hamas è un duro colpo per Teheran e il silenzio degli attori arabi nella regione – che deve essere interpretato come un’accettazione dell’operato di Israele nella Striscia – forniscono a Washington la base politica per un nuovo ruolo degli Stati Uniti nella regione. Se ciò dovesse avvenire, Israele tornerebbe ad essere un fattore essenziale per il programma americano di ripresa di una presenza attiva nel Medio Oriente. A ciò si aggiungerebbe la posizione dei Paesi arabi sunniti all’interno degli “Accordi di Abramo”, che – a detta dei soggetti interessati – non è per nulla scalfita dall’azione di eliminazione di Hamas da parte di Israele. Al contrario, la fine di Hamas, sostenuta dall’Iran sciita, rassicurerebbe, seppur parzialmente ma significativamente, il mondo sunnita dai progetti di conquista del Medio Oriente da parte degli ayatollah di Teheran. Nello stesso tempo, Israele riacquisterebbe un ruolo cruciale nell’area mediorientale, un ruolo di difesa dell’equilibrio regionale. Ma tutto ciò potrebbe realizzarsi soltanto se gli Stati Uniti, insieme a Israele, dovessero riproporsi come protagonisti di un politica di protezione di un’area sotto la minaccia costante dei progetti egemonici dell’Iran.

Antonio Donno
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