Spiegatemi perchè è Hamas a mettere le condizioni.
Diario di guerra di Deborah Fait
Due giorni fa tutto il centro di Israele, fino a Tel Aviv, è stato colpito da una grandine di missili, le sirene suonavano di città in città come in una tragica catena di avvertimento alla popolazione. Tornata la calma, in serata abbiamo visto i filmati trasmessi alla Tv israeliana da Gaza, abbiamo visto la popolazione, quella che tutti dicono “non essere come Hamas”, gridare di gioia, urlare Allahu Akhbar. Ragazzini, donne e anziani saltavano e urlavano felici nel vedere la scia dei missili che stavano volando verso Israele per ammazzare, nella loro mente e nei loro desideri di sempre, gli odiatissimi ebrei. Lunedì sera ho sentito il ministro Crosetto, ospite a Quarta Repubblica di Nicola Porro, ribadire che i palestinesi non sono la stessa cosa dei terroristi. Questa è la solita triste e noiosa cantilena che segue quella ormai famosa “due popoli due stati”. Dal 7 Ottobre non si sentono altro che questi slogan privi di senso e soprattutto privi di verità. In queste ore si sta parlando di una tregua di almeno 6 settimane per riavere a casa gli ostaggi, o quelli ancora vivi tra essi, in cambio dei soliti terroristi liberati dalle carceri israeliane. Mi auguro che non accada. Naturalmente tutti noi vogliamo riaverli per poterli riportare alla vita, curarli, far loro sentire il calore di tutto un popolo che da quasi quattro mesi piange per loro. Andare a Kikar HaChatufim, la piazza degli ostaggi di Tel Aviv, è uno strazio. Giorno e notte, con qualsiasi tempo, si trovano là i parenti, gli amici, la gente comune che passa per dare un abbraccio, per dire una parola che non può consolare né dare alcuna speranza. D’altro canto cedere alle pretese di Hamas vorrebbe dire mettere in pericolo ogni israeliano e ogni ebreo del mondo. Il gioco cinico e disumano dei terroristi è proprio questo, approfittare del rispetto per la vita di Israele, del suo desiderio di riportare sempre a casa ogni ebreo caduto in mano al nemico. Nella tragica storia di Israele abbiamo dovuto affrontare varie volte questa scelta drammatica, liberare terroristi o lasciare che qualche nostro fratello perda la vita in prigionia. Per Gilad Shalit, prigioniero per 5 anni a Gaza, rinchiuso in una specie di buco in cui poteva muoversi a fatica, Israele ha liberato 1027 terroristi. Fra questi c’era Yayah Sinwar, il demonio che il 7 Ottobre ha organizzato il pogrom in Israele. I palestinesi sanno che fare prigionieri è la loro carta vincente per ricattare Israele, per questo cedere alle loro richieste significherebbe fare il loro sporco gioco. Hanno promesso altri 7 Ottobre e li faranno, nessuno di noi sarà sicuro, non in Israele e non nel resto del mondo. La cosa più drammatica di questa triste e pericolosa situazione è che Europa, America e Onu pretendono da Israele ogni tipo di sacrificio, compreso quello di obbedire ai terroristi. Nessuno, mai, che si rivolga a Hamas. Se, dall’inizio della guerra, qualcuno fosse stato dalla nostra parte anzichè legarci le mani dietro la schiena e urlarci contro ad ogni bombardamento, ad ogni mossa, ad ogni decisione. Se i ciarlatani dell’ONU, anziché accusare sempre Israele, avessero ordinato a Hamas, attraverso la mediazione del Qatar, di liberare immediatamente gli ostaggi, forse non saremmo in questa situazione, forse la guerra sarebbe già finita. Hamas sarebbe stato messo in condizioni di non fare più del male perché Israele, senza la paura di colpire gli israeliani, prigionieri chissà dove, avrebbe potuto dedicarsi solo all’annientamento dei terroristi. Invece la musica è stata solo “Israele attento, Israele fermati, Israele devi, Israele, Israele, Israele”. Avremmo bisogno invece del sostegno di tutto il mondo civile. A questa solitudine aggiungiamo l’ondata di odio antisemita, a tutti i livelli, che ci ha letteralmente travolti. Non è incoraggiante sapere che, oltre all’orrore vissuto il 7 Ottobre, con tante vittime torturate e uccise, nelle piazze di ogni città europea e americana, folle di fanatici antisemiti urlano che devono ammazzarci ancora e ancora fino all’ultimo ebreo. Israele è solo, come sempre, noi ebrei e chi è, coraggiosamente, nostro amico e ci sostiene, siamo soli di fronte a un mondo ostile. Ma nelle nostre piazze e ad ogni angolo di strada vediamo scritto “Insieme vinceremo”. E allora il cuore si apre, la disperazione per qualche minuto passa. Se vogliamo continuare ad esistere, dobbiamo vincere. Non c’è altra soluzione.
Deborah Fait