"Se muoio leggete le mie parole." Elkana Wiesel
Diario di guerra di Deborah Fait
Viene voglia di mettersi a urlare sull’ecatombe della nostra gioventù per colpa dei mostri palestinesi. Ogni mattina accendo la Tv per sentire le notizie e oggi siamo venuti a sapere che ventisette ragazzi, ventisette soldati, ventisette figli, fratelli, padri, sono rimasti uccisi sotto le macerie di un edificio. Stavano andando a controllare la casa, segnalata perché piena di armi ed esplosivo, per accertarsi che non fosse abitata prima di farla esplodere. Hamas non aspettava altro e nel momento in cui parte del battaglione stava entrando, ha lanciato due missili prendendo in pieno l’edificio che è esploso seppellendo i nostri soldati. 27 sono morti, altri sono rimasti feriti. Tutti ragazzi giovanissimi, da venti a trent’anni. Non se ne può più, sulla maledetta terra di Gaza abbiamo giovani che muoiono e nei tunnel, non si sa dove, gli ostaggi che, se ancora vivi, patiscono l’inferno in terra. Aviva Siegel, una donna ex ostaggio rilasciata un mese dopo il 7 Ottobre, ha raccontato davanti alla commissione della Knesset:” Donne e uomini sono stati violentati dai terroristi nei tunnel della striscia. I terroristi portano vestiti da bombola per le ragazze. Le hanno trasformate nelle loro bambole con cui possono fare quello che vogliono. “ Un’altra ex ostaggio ha detto “ Ci sono ragazze senza più mestruazioni da molto tempo. Dovremmo pregare che sia il loro corpo a proteggerle in modo che non rimangano incinte”. Sappiamo però che a qualcuna delle giovani ritornate a casa è accaduto. Dramma nel dramma. Israele è perso nel dolore e nella disperazione, tutto è così triste, angosciante. Poi si leggono le ultime parole che Elkana Wiesel, caduto ieri a Gaza, e, tra le lacrime, torna la speranza perché se il nostro popolo è così pieno di coraggio e di amore non si può essere completamente tristi, dobbiamo continuare a sperare che ce la faremo. Saremo orfani di tanti meravigliosi giovani, i nostri cimiteri saranno visitati da genitori in lacrime, da vedove e orfani che si sdraieranno sul marmo freddo in un abbraccio al loro papà eroe. Nel dolore però resterà l’orgoglio di essere parte di questo paese che non ha conosciuto un giorno di serenità dalla sua fondazione ad oggi. L’unico paese al mondo sempre minacciato di morte e sempre odiato ma proprio per questo, dobbiamo essere orgogliosi perché qualsiasi altro popolo si sarebbe rattristato e incattivito. Noi no. Noi amiamo ancora la vita e riusciremo ancora ad essere felici come è accaduto dopo ogni persecuzione, dopo ogni pogrom, persino dopo la Shoah.
Scrive Elkana: “Se stai leggendo queste parole, mi è successo qualcosa. Se sono stato rapito, chiedo che non vengano avviate trattative per liberare alcun terrorista in cambio della mia liberazione. La nostra vittoria è più importante di ogni altra cosa, quindi per favore continuate ad agire con tutte le vostre forze per la nostra vittoria. Forse sono caduto in battaglia. È triste quando un soldato cade in battaglia, ma vi chiedo comunque di essere felici. Non siate tristi quando vi separerete da me. Tenetevi per mano e fatevi forza a vicenda. Abbiamo così tanto di cui essere orgogliosi e felici. Stiamo scrivendo i momenti più significativi della storia del nostro popolo e del mondo intero. Quindi, per favore, siate felici, siate ottimisti, continuate a scegliere la vita, sempre. Diffondete amore, luce e ottimismo. Guardate negli occhi i vostri cari e ricordate loro che tutto ciò che attraversiamo in questa vita ne vale la pena e che abbiamo una ragione per vivere. Non fermate nemmeno per un momento la vostra voglia di vivere. Durante l'operazione Tsuk Eitan sono già stato ferito, ma non mi pento di essere tornato a combattere. È la migliore decisione che abbia mai preso." Elkana Wiesel, Sergente (Riserva), marito di Galit e padre di 4 bambini.
Deborah Fait