La grande farsa dell’Aja
Analisi di David Elber
L'aula della Corte Internazionale di Giustizia
Quella che si è aperta, l’altro ieri all’Aia, presso la Corte Internazionale di Giustizia, è l’ennesima fiction confezionata da un manipolo di odiatori antisemiti che utilizzano istituzioni internazionali per dare un’apparente legittimità alle false accuse di crimini rivolte allo Stato del popolo ebraico. Questa volta non si tratta di un crimine qualsiasi ma del peggior crimine che uno Stato o un popolo può commettere: quello di genocidio. Qui proveremo a tratteggiare le figure degli accusatori e di cos’è, nella realtà, la Corte Internazionale di Giustizia. Iniziamo prima da quest’ultima. La Corte di Giustizia Internazionale nei fatti è un organo politico come lo è ONU e tutte le istituzioni internazionali. Non può essere diversamente: tutte queste organizzazioni sono composte e decise dagli Stati che sono istituzioni politiche. Infatti, Sono gli Stati che decidono i rappresentanti che andranno a formare i comitati, le commissioni e i consigli di tutte le istituzioni internazionali, a questa regola non fa eccezione la Corte Internazionale di Giustizia. Una persona è portata a credere che i giudici della Corte Internazionale di Giustizia siano nominati da una sorta di “Consiglio superiore della magistratura internazionale”, ma invece, sono gli Stati che scelgono il proprio giudice in rappresentanza dello Stato a cui appartengono. Questo è il meccanismo di scelta dei giudici: l'Assemblea generale e il Consiglio di Sicurezza scelgono i giudici presi da una lista di candidati proposti dai gruppi nazionali della Corte permanente d'Arbitrato. In pratica gli Stati decidono chi ha i requisiti per diventare giudice della Corte Internazionale di Giustizia, i quali vengono poi votati, a maggioranza all’Assemblea Generale. Collochiamo questo modo di procedere (politico) al caso di Israele. L’Assemblea Generale è composta nella sua grande maggioranza da paesi che sono ostili ad Israele, molti dei quali non lo riconoscono nemmeno o sono in guerra con esso. Questi paesi non hanno forse un “conflitto d’interesse” nel giudicare Israele? Facciamo degli esempi. Per prima cosa bisogna sottolineare che nessun giudice israeliano è mai stato eletto alla Corte Internazionale di Giustizia perché la maggioranza degli Stati ostili ad Israele non ne ha mai permesso l’elezione, così come nessun rappresentante israeliano è stato eletto in nessun comitato, consiglio o commissione dell’ONU a causa del sistema “segregazionista” vigente nel Palazzo di Vetro (per un maggiore approfondimento rimando a quanto già scritto https://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=8926). Per avvalorare la tesi che l’Assemblea Generale è pre-concettualmente ostile ad Israele basta citare il numero di risoluzioni di condanna di Israele che sono state votate: dal solo 2015 ad oggi sono state approvate 141 risoluzioni di condanna di Israele, che risultano essere maggiori di tutte quelle approvate nei confronti di tutti gli altri Stati del mondo (66) messi assieme. Questo basta per capire come l’organo (l’Assemblea Generale) designato all’elezione dei giudici della Corte Internazionale di Giustizia sia fortemente politicizzato in senso antiisraeliano. Per comprovare la tesi di una indubbia politicizzazione della Corte Internazionale di Giustizia basta citare il caso del parere consultivo che fece nel 2004 in merito alla costruzione della barriera difensiva che Israele iniziò a costruire per proteggere la propria popolazione civile dai sanguinosissimi attentati terroristici palestinesi. Il parere della Corte (anche se non unanime) fu che Israele non aveva diritto di difendersi dagli attentati e la barriera di conseguenza era illegale. Questo pare fu preso dalla maggioranza dei giudici senza che fornissero una sola norma di diritto internazionale ma basandosi unicamente su congetture politiche. A questo si può aggiungere un altro aspetto: la composizione della Corte stessa. Tra i 15 giudici che la compongono, attualmente, ci sono i rappresentanti di Libano, Somalia, Uganda, Cina e Russia (a breve si insedierà il rappresentante del Sud Africa…), cioè di paesi che non riconoscono neanche Israele o hanno pessimi rapporti diplomatici per ragioni di politica internazionale. Si può avere la certezza che questi rappresentanti saranno imparziali? O avranno indicazioni dai rispettivi governi su come orientarsi come è stato il caso del parere consultivo del 2004? In un tribunale dove vige la legge, e non la politica, la difesa avrebbe tutti i diritti per ricusarli, ma all’Aia questo non è possibile. Si ha la netta sensazione che la sentenza sia già scritta, altrimenti, se esso fosse un tribunale credibile, avrebbe già cassato la richiesta del Sud Africa senza neanche aprire il caso. Vediamo ora di descrivere cos’è il Sud Africa che accusa Israele di “genocidio”. Tale paese è tra quelli al mondo con gli indici più alti per omicidi pro-capite, per violenza sulle donne, per corruzione e nepotismo, disoccupazione e con una spesa pubblica insostenibile. In pratica è uno Stato “fallito” economicamente e socialmente come attestata da vari enti internazionali. Nel 2001, a Durban, ha ospitato il più orrendo spettacolo di antisemitismo (travestito da Conferenza mondiale contro il razzismo) dal tempo delle adunate naziste e dai processi farsa di Stalin. Nel 2008 in Sud Africa si sono verificate vere e proprie rivolte xenofobe che hanno portato alla cacciata dalle loro case di oltre 100.000 persone e l’assassinio di numerose altre. L’attuale partito al governo, l’African National Congress, governa ininterrottamente il paese da 25 anni tra nepotismo, corruzione e ricchezze gigantesche dei i suoi alti dirigenti. Le posizioni assunte dal Primo ministro sudafricano e dalla ministra degli esteri subito dopo il 7 ottobre sono state esplicite: Israele non ha nessun diritto a difendersi perché è uno Stato colonialista dal 1948, dove vige l’apartheid. L’eccidio perpetrato dai palestinesi il 7 ottobre, sostengono, rientra “nel diritto dei palestinesi a combattere contro l’occupazione”. In questo, hanno trovato un appoggio nel Segretario dell’ONU Guterres. Questo è in estrema sintesi il curriculum del paese che accusa Israele di “genocidio”. Nella realtà, come spesso accade agli Stati falliti e corrotti, il Sud Africa vuole trovare un capro espiatorio (Israele) per sviare il generale mal contento della sua popolazione poverissima. Entrando in merito alla requisitoria degli “esperti” sudafricani, si scopre che essi non hanno mai accennato all’eccidio perpetrato dai palestinesi il 7 ottobre, agli ostaggi israeliani, non hanno fatto nessun riferimento alle leggi di guerra, non hanno fornito nessun dato oggettivo sui morti civili, ma solo i dati forniti da Hamas senza distinzione tra terroristi e civili e chi ha causato i morti. Non hanno spiegato il contesto del teatro di guerra urbano nel quale Hamas utilizza scientemente solo edifici civili per scopi militari rendendoli, per la legge internazionale, obiettivi militari legittimi. Così come nessun accenno è stato fatto al dovere di uno Stato all’autodifesa che, per loro, per Israele non deve valere. Le loro accuse si basano, unicamente, su affermazioni fatte da politici e alcuni militari israeliani, privi di comando, che inneggiavano a punizioni terribili per vendicare l’eccidio del 7 ottobre. In pratica la guerra in corso è completamente decontestualizzata per criminalizzare Israele e poterlo accusare di “genocidio”. Ma se fosse vera l’intenzione genocida di Israele, come affermano gli “esperti” sudafricani, non sarebbero altrettanto responsabili l’Egitto, la Giordania che si rifiutano di accogliere i profughi come tutti gli altri paesi della comunità internazionale? Perché il Sud Africa non mette nessuno, ad iniziare dall’Egitto, assieme ad Israele sul banco degli imputati come corresponsabili del “genocidio” se questo è in corso? In pratica il vero intento è il processo mediatico che si è già messo in moto, che ha l’intento di criminalizzare Israele con l’aiuto essenziale dei mass media che hanno già colpevolizzato Israele a prescindere dalla sentenza, per il solo fatto di essere stato chiamato in causa a difendersi da queste false accuse. Tale fine è perseguito con l’utilizzo di termini giuridici usati a casaccio come “genocidio”, “occupazione”, “diritto umanitario” tanto cari all’opinione pubblica sempre pronta ad accusare Israele. L’altro fine perseguito dagli “esperti” sudafricani è quello di una richiesta di sospensione dei combattimenti per poter salvare quello che rimane dell’apparato genocida di Hamas. Vedremo come andrà a finire la farsa dell’Aia.