Le oscillazioni di Washington sulla guerra di Gaza 10/01/2024
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno

Le oscillazioni di Washington sulla guerra di Gaza
Analisi di Antonio Donno


Blinken e Netanyahu, una alleanza salda ma difficile

Antony Blinken, Segretario di Stato americano, sta compiendo il suo quarto tour nel Medio Oriente nel tentativo di ottenere un ammorbidimento della reazione militare di Israele nella Striscia di Gaza e l’avvio di un processo di attenuazione della crisi regionale. Poiché tutto ormai dipende dalle decisioni di Israele, che intende ripulire Gaza dalla presenza di Hamas, il tour di Blinken si presenta fallimentare, non solo per le posizioni ferme di Gerusalemme, ma anche per un fatto che pochi tendono a mettere in risalto: l’atteggiamento dei Paesi degli “Accordi di Abramo” e della stessa Arabia saudita. Questi Paesi, che hanno sottoscritto fondamentali accordi con Israele, sono dell’avviso, anche se non lo evidenziano esplicitamente, che Hamas debba essere cancellato dalla carta geografica del Medio Oriente, perché rappresenta un pericolo non solo per lo Stato ebraico, ma anche per i Paesi arabi sunniti che temono l’avanzata dell’Iran nella regione attraverso i suoi accoliti, Hamas, Hezbollah e Fatah. Per questo insieme di motivi, Netanyahu non può e non deve rinunciare al suo programma di eliminazione totale di Hamas. Tirarsi indietro sarebbe una dimostrazione di debolezza che aizzerebbe i nemici di Israele ad aumentare la pressione politica e militare su Gerusalemme. Benché, dopo il 7 ottobre, Biden abbia sostenuto senza indugi la reazione di Israele, con il passare delle settimane l’atteggiamento di Washington sembra inclinarsi verso la richiesta a Gerusalemme di sostituire ai bombardamenti israeliani su Gaza l’attuazione di raid mirati per colpire le postazioni dei terroristi. È una richiesta che non risponde alla situazione attuale di Gaza e alle posizioni dei terroristi di Hamas. I raid mirati comporterebbero tempi più lunghi per l’individuazione del posizionamento dei gruppi di terroristi, che tra l’altro hanno ancora capacità di spostamento veloce. Inoltre, come è noto, i terroristi e i loro armamenti sono posizionati in abitazioni di civili di Gaza, per la qual cosa è spesso impossibile distinguere l’obiettivo militare da quello civile. Dunque, ciò che Biden chiede a Netanyahu è irrealizzabile dal punto di vista militare. Si tratta di una richiesta che risponde essenzialmente alla necessità dell’Amministrazione Biden di porsi sulle stesse posizioni dei Paesi occidentali e di una buona fetta dell’elettorato democratico e di quello repubblicano, in quest’ultimo caso per ragioni squisitamente elettorali. In sostanza, Biden, che intende ricandidarsi alla Presidenza degli Stati Uniti, non può rimanere insensibile al suo elettorato, e soprattutto alla parte giovanile dello stesso, quella presente nelle più importanti Università americane e che esprime una posizione di condanna, al limite dell’antisemitismo, verso la reazione di Israele dopo la strage del 7 ottobre. In caso contrario, l’astensione dal voto colpirebbe gravemente il Partito Democratico a tutto vantaggio di Trump, quasi sicuro candidato del Partito Repubblicano. Biden, perciò, è in una posizione elettorale delicata. Eppure, il Presidente e la sua Amministrazione hanno avuto un ruolo fondamentale nelle due guerre che sono scoppiate durante la sua permanenza alla Casa Bianca e che continuano tuttora. Il sostegno politico e militare che Washington ha dato e dà all’Ucraina ha un’importanza decisiva per il ruolo centrale che gli Stati Uniti intendono riacquistare nello scenario internazionale, impedendo a Putin di vincere la guerra in Ucraina e, nello stesso tempo, per mettere sull’avviso la Cina. Viceversa, il fondamentale sostegno iniziale dato dagli Stati Uniti alla guerra di Israele contro Hamas, con il trascorrere delle settimane si è affievolito allo scopo dichiarato di evitare una più generale crisi del Medio Oriente, di cui usufruirebbe l’Iran, insieme con la Russia e la Cina. Questo atteggiamento da parte americana, però, finirebbe per far retrocedere Washington dalle sue intenzioni volte a riacquistare una posizione significativa nell’arena mediorientale. In definitiva, le oscillazioni politiche dell’Amministrazione Biden, di cui Blinken è espressione nei suoi tour mediorientali, pongono problemi importanti a Israele.

Antonio Donno
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