Tregua tramite denaro
Ecco come il premier palestinese conta di garantire la sicurezza dopo il ritiro israeliano
Testata: La Stampa
Data: 29/06/2003
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Dollari per comprare i terroristi
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa domenica 29 giugno 2003.
E’ arrivata Condoleezza Rice; la hudna, la tregua, sta per essere annunciata, l’esercito israeliano dovrebbe ritirarsi da Gaza: mai un momento è stato più denso di speranza e di incertezza nello stesso tempo. Il ministro palestinese Abu Ala, veterano delle trattative di Oslo, è soddisfatto: «Grossi passi sono stati fatti, c’è la hudna, c’è lo sgombero, avanti con forza». Ma nel frattempo altri due terroristi suicidi venivano catturati e si sventava un attentato contro un’auto dell’ambasciata americana. La venuta della Rice è un segnale di quanto forte sia l’impegno americano per il Medio Oriente, ma anche di quanto fragile sia la situazione: questa è la terza visita al massimo livello dell’Amministrazione (Bush e Colin Powell l’hanno preceduta) in meno di quattro settimane. L’accordo di Aqaba sembra aver bisogno di un’autentica sorveglianza speciale, e i grossi calibri americani si danno il cambio per garantirla.
Ma la situazione cambia forma e colore a ogni istante, dai giorni di Aqaba è irriconoscibile. Bush afferma che per garantire il processo di pace non c’è che smantellare Hamas in quanto organizzazione terroristica e affrettarne il disarmo. Non sta accadendo niente di simile: Hamas ha accettato la tregua dopo avere tergiversato a lungo, alla ricerca di una legittimazione che possa in futuro coprirla dalla destrutturazione, comunque vadano le cose. Inoltre, non ha ancora deciso se starci davvero: chiede di chiamare Israele nel documento conclusivo «il nemico sionista», chiede sei mesi di pausa invece di tre (ciò l’aiuterebbe a rimettersi in sesto economicamente e quanto a quadri, decimati dagli attacchi israeliani); chiede, oltre al ritiro dell’esercito, anche la liberazione di tutti i prigionieri, mentre Abu Mazen è disposto a trattare il numero. Ma la tregua alla fine ci sarà, Hamas non è così forte da potersi permettere di dire no ad Abu Mazen e agli americani, e soprattutto ad Arafat, che vuole questo passo.
L’esercito israeliano si avvia dunque ad affidare prima Gaza, poi Betlemme al controllo dell’Autonomia palestinese, mentre Abu Mazen, non ha affatto delegittimato Hamas in quanto organizzazione terrorista, al contrario. Hamas accetta graziosamente la tregua, lo fa senza rinunciare al principio della distruzione dello Stato d’Israele, e lo fa anche dallo scranno politico su cui in questi giorni l’hanno messa le trattative con Abu Mazen e con Arafat, come se fosse uno Stato. Nel negoziato con l’Autorità palestinese è riuscita a diminuire l’importanza politica del premier, ne ha dimostrato la fragilità estrema, ha elevato di nuovo l’importanza di Arafat contraendo un credito, si è vista promettere dividendi nel governo.
Mohammed Dahlan, uomo di Al Fatah, ministro degli Interni, e soprattutto spregiudicato uomo d’armi, a Gaza userà, ha detto, la linea morbida, che pure egli sa impossibile se si vogliono impedire attentati. Da domani, se l’esercito se ne andrà, per lui che ha l’impegno di mantenere la sicurezza sarà dura. Dahlan, che dispone di cinquantamila uomini, non raccoglie il consenso della gente di Gaza, che lo considera un prepotente e un corrotto. D’altra parte non ha voluto consegnare alcun piano di controllo del terrorismo ad Amos Gilad, il suo interlocutore israeliano. Check point, strade punteggiate di insediamenti in continuo stato d’assedio, fabbriche d’armi e di bombe da smantellare, ricercati da Israele che sono considerati vere e proprie «bombe ticchettanti» sulle quali Gerusalemme si riserva il diritto di intervenire in caso non lo facciano i palestinesi, atteggiamenti apertamente aggressivi e di incitamento come quelli che spesso si vedono il venerdì nelle moschee o all’Università islamica, pubblicazioni che violano gli accordi: Dahlan dice di poter affrontare ogni cosa con la convinzione, e non con la forza.
Ma dietro questa dichiarazione c’è una concreta richiesta segreta, di cui teoricamente gli israeliani non sono consapevoli: Dahlan spera soprattutto di tacitare gli estremisti con una buona quantità di danaro che gli americani dovrebbero fornire. «Se un terrorista vuole cessare di esserlo - dice una fonte della polizia di Gaza - cercheremo di convincerlo con metodi pacifici». Questi metodi pacifici dovrebbe fornirli Condoleezza Rice, un contributo extra insieme con un budget di 300mila dollari che l’Autonomia ha richiesto agli Usa per ricostruire le forze di Al Fatah, compresa quella «Brigata dei martiri di Al Aqsa» divenuta un gruppo terrorista di primo piano. Il rischio infatti, dicono gli israeliani, è che tutta questa operazione, sgombero, consegna di Gaza e poi di Betlemme ai palestinesi, soldi per armare la polizia e «comprare» i terroristi, di fatto diventi una bomba a tempo.
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